Il documentario affronta di petto la spinosa questione della lotta alla diffusione delle droghe avvalendosi di vari personaggi più o meno famosi.
Partiamo intanto dallo stile e da una grafica accattivante. Il documentario infatti è impostato in stile videogame dove si passa da un livello all'altro passando da semplice spacciatore di strada fino al capo di un cartello. In mezzo tutta una serie di riflessioni su quanto è stato fatto nella lotta al traffico di droga specialmente negli USA che, anche correndo dietro a convenienze politiche, hanno deciso di adottare una tattica repressiva. Per ottenere? In realtà parrebbe non molto seguendo l'analisi offerta dall'autore Cooke.
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Il documentario affronta di petto la spinosa questione della lotta alla diffusione delle droghe avvalendosi di vari personaggi più o meno famosi.
Partiamo intanto dallo stile e da una grafica accattivante. Il documentario infatti è impostato in stile videogame dove si passa da un livello all'altro passando da semplice spacciatore di strada fino al capo di un cartello. In mezzo tutta una serie di riflessioni su quanto è stato fatto nella lotta al traffico di droga specialmente negli USA che, anche correndo dietro a convenienze politiche, hanno deciso di adottare una tattica repressiva. Per ottenere? In realtà parrebbe non molto seguendo l'analisi offerta dall'autore Cooke. Si è aumentata la popolazione carceraria e gli USA sono costantemente a costruire nuove prigioni. Inoltre sono state adottate pene assolutamente sproporzionate e metodi di intervento discutibili da parte di forze speciali (mobilitate anche per blitz contro piccoli spacciatori) e forze dell'ordine spesso pizzicate a condurre indagini e arresti in modo poco ortodosso. Nel frattempo il traffico, il commercio e la vendita delle sostanze stupefacenti sono costantemente in aumento. Questo è dovuto in parte alle condizioni di estrema povertà in cui larghe fette della popolazione americana sono costrette a vivere specialmente se appartenenti alle varie minoranze etniche. L'esempio portato di Detroit è fortissimo e già Moore nei suoi documentari l'aveva usato come esempio. Sarebbe quindi meglio intervenire lì e finanziare programmi di recupero e disintossicazione. Nel documentario oltre ad ex esponenti della "strada" fanno la loro comparsa anche 50 Cent, Eminem, Susan Sarandon e Woody Harrelson tutti impegnati a promuovere un nuovo approccio alla lotta alla droga. Pare davvero questa la strada giusta da seguire; urge un ripensamento.
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