Gli equilibristi |
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Un film di Ivano De Matteo.
Con Valerio Mastandrea, Barbora Bobulova, Rosabell Laurenti Sellers, Grazia Schiavo.
continua»
Drammatico,
durata 100 min.
- Italia 2012.
- Medusa
uscita venerdì 14 settembre 2012.
MYMONETRO
Gli equilibristi
valutazione media:
2,67
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Triste nemesi di un fedifragodi gianleo67Feedback: 61482 | altri commenti e recensioni di gianleo67 |
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sabato 9 febbraio 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Giulio impiegato comunale e con due figli adolescenti, tradisce la bella moglie Elena con una sua collega. Dopo un periodo di amarezze e recriminazioni è costretto alla separazione ed a lasciare casa per trovarsi un nuovo alloggio. Inizia per lui un lento ed inesorabile declino economico e affettivo che lo fa scivolare verso una condizione irreversibile di solitudine e disperazione. Il principale merito del film di De Matteo è senz'altro quello di far emergere un problema sociale importante quanto misconosciuto come quello della condizione morale e materiale dei padri separati, soggetti giuridici cui la legge attribuisce molti obblighi e pochi diritti in una paradossale sperequazione economica e legale in grado di precipitare in un breve lasso di tempo modesti lavoratori della middle cass in veri e propri reietti della società, alle prese con immense difficoltà di sostentamento economico personale e una lenta deriva di autodistruzione psicologica e affettiva. Lo fa certo ricorrendo ai canoni risaputi del dramma di fiction in cui abbondano gli stereotipi sociali (il marito fedifrago, la moglie tradita, i figli inconsapevoli,gli amici impotenti) e le consuete dinamiche relazionali di un microcosmo 'in vitro' indagato dal grado di analisi sociologica di cui è capace un linguaggio cinematografico asettico e superficiale che abbozza la carta dell'intimismo e delega ai suoi protagonisti (un credibile e onesto Valerio Mastandrea ed una smarrita e inespressiva Barbora Bobulova) l'onere di trasformare le buone intenzioni dello script in una credibile rappresentazione di un cogente spaccato sociale. L'autore dimostra buoni fondamentali nella tecnica registica (gli scorci inusuali di una Roma periferica e marginale dove la freddezza della fotografia restituisce il senso di smarrimento e disperazione dei reietti che la abitano) ma eccede talvolta nella supponenza di passaggi descrittivi in cui l'incomunicabilità tra i personaggi evita il confronto diretto ed esplicito del dialogo per limitarsi ad un irritante esercizio di stile (un tema musicale ghe domina sullo scorrere di immagini che riproducono la routine di una vita domestica silente e ordinaria), mancando così il bersaglio di un cinema in cui il senso del tragico si dà, per necessità di cose, dalle ineluttabili conseguenze di un procedimento dialettico. Il registro prevalentemente drammatico viene di quando in quando alleggerito dalle note di colore di una commedia di costume in cui riverbera una tradizione nostrana e provinciale di figure improbabili (l'addetto alle informazioni balbuziente, il filippino inflessibile e tirannizzato, la locandiera cinica e dispotica) senza nulla togliere alla seriosità narrativa di un soggetto a tema che intende far riflettere su un tema importante piuttosto che elaborarne gli aspetti grotteschi e di beffarda teatralità. Il difetto principale rimane tuttavia quello di non esasperare le conseguenze umane ed esistenziali della ineluttabile 'discesa agli inferi' del protagonista, scimmiottando in modo più o meno rimarchevole le asprezze realistiche del cinema francese (eccetto per la cruenta e disumana scena di violenza dei clohard sotto il ponte) e scivolando verso un finale buonista e consolatorio. Presentato alla 69° edizione della Mostra del cinema di Venezia è una co-produzione italo-francese. Scialba imitazione del cinema d'Oltralpe.
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