Anno | 2012 |
Genere | Documentario |
Produzione | Francia |
Durata | 95 minuti |
Regia di | Stephanie Argerich |
Attori | Stephen Kovacevich, Martha Argerich . |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 19 novembre 2012
La regista Stéphanie Kovacevich firma un documentario che esplora il mondo dei suoi genitori, Martha Argerich e Stephen Kovacevich, grandi esponenti della musica classica internazionale.
CONSIGLIATO SÌ
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Due celebri pianisti, Martha Argerich e Stephen Kovacevich, marito e moglie, visti attraverso l’occhio cinematografico della figlia Stéphanie. Un’immersione intima nel passato e presente della famiglia Argerich dove Martha diventa fulcro di tutta la narrazione.
Alla sua prima opera cinematografica Stéphanie Argerich (ha preso il cognome da sua madre e questo già informa del modello di ‘famiglia matriarcale’ che fa perno su Martha) batte la via del documentario intimo alla ricerca di una connessione conciliante con un mondo famigliare ancora non del tutto metabolizzato: una madre famosa, vissuta come quasi irraggiungibile, con tre figlie avute da uomini diversi; un padre che dopo trentaquattro anni, per svogliatezza, non l’ha ancora riconosciuta legalmente; viaggi e spostamenti continui; ritmi quotidiani sfasati e un’infanzia vissuta assieme alle sorelle in una sorta di ‘comune’ dove fanno visita artisti e giovani musicisti. Il ‘documentario autobiografico’ ci ha regalato negli anni numerose indagini incentrate su figure materne da cui partire per esplorare, scandagliare, dare risposte, riempire quegli interstizi dell’animo rimasti irrisolti per riuscire a dare un assetto lineare e maggiormente coerente alle parti più intime della propria personalità. Ne sono degli esempi il folgorante Tarnation di Jonathan Caouette, il nostro sorprendente Un'ora sola ti vorrei di Alina Marazzi e il più recente Stories We Tell di Sarah Polley, tutti utilizzatori di filmati di repertorio privati impiegati come se fossero materiali in grado di fornire nel presente rivelazioni e bagliori di verità: fotogrammi del passato interrogati (quasi disperatamente) in grado di rimandare, per loro stessa natura, a un’inevitabile molteplicità di rivelazioni. Nel suo già citato Stories we tell, Sarah Polley ci ricordava che una storia non è tale mentre la vivi, ma lo diventa a tutti gli effetti nel momento in cui la racconti. La Polley, proprio come la Marazzi e Caouette, parte da se stessa, da eventi della propria autobiografia, per poi distaccarsene e approdare a una riflessione meno intimista nel momento in cui individua inattese epifanie che, consciamente o no, cercava nella messa in analisi del proprio privato sotto l’occhio cinematografico che scompone e riassembla.
Pur se a disposizione di un universo pregno e multiforme (o forse proprio per questo), Stéphanie Argerich con Bloody Daughter non restituisce illuminanti cortocircuiti allo spettatore, restando in bilico su un privato che non protende oltre lo schermo. Nelle parole della stessa Stéphanie, quando la madre le chiede cosa stia mostrando con la sua telecamera: “Guardo solo, non mostro nulla”.
BLOODY DAUGHTER disponibile in DVD o BluRay |
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