Benvenuti al Nord

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Un film di Luca Miniero. Con Claudio Bisio, Alessandro Siani, Angela Finocchiaro, Valentina Lodovini, Nando Paone.
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Commedia, durata 110 min. - Italia 2012. - Medusa uscita mercoledì 18 gennaio 2012. MYMONETRO Benvenuti al Nord * 1/2 - - - valutazione media: 1,83 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Il Sud ride sempre, pure al Nord ma è il oslito luogo comune

di Paolo D'Agostini La Repubblica

Ci si chiede in tutta franchezza che cosa direbbero del loro operato gli artefici di questo film se per un momento si trovassero, per così dire, da quest’altra parte della barricata. A doversi recensire. Persone intelligenti e di gusto, donne e uomini di mondo rispettosi del pubblico, da Claudio Bisio a Angela Finocchiaro passando per il regista Luca Miniero, il bravo sceneggiatore Fabio Bonifacci e la guest star Paolo Rossi, noto più di tutti per essere molto esigente. E il produttore Cattleya, quello che persegue la linea editoriale del compromesso alto, dello standard “autoriale di massa”. Anche se si capisce che il produttore fa il produttore, come Taodue con il fenomeno dei Soliti idioti. Sul quale, per quel che vale, abbiamo fatto il voto di tacere. Il prototipo Benvenuti al Sud non era un prototipo ma l’adattamento italiano di un successone francese, e comunque conteneva spunti originali, era vivace e simpatico, leggero e superficiale come dev’essere un intrattenimento “per tutti” ma non vuoto e non stupido. Tutta la complicata messinscena dei nuovi impetuosi e accoglienti amici che il direttore di filiale postale Bisio si è creato nel delizioso paese del sud dove è stato trasferito come punizione all’essersi finto invalido per dare retta alle smanie della petulante moglie accanitamente nordista Finocchiaro, aveva una sua forza autentica. E la costruzione di un nuovo sentimento che rompeva pregiudizi e barriere era plausibile e dotata di una certa grazia soprattutto in virtù dei contributi di maggior spessore come quello di Finocchiaro (Bisio è sempre gradevole ancorché immobile, Alessandro Siani pure lui, perdonandogli il fare sfacciatamente il verso a Troisi, Valentina Lodovini non concede un attimo di credibilità nella sua napoletanità popolana posticcia ma insomma ci stava pure lei). Ora Benvenuti al Nord, che rappresenta il viaggio inverso del nuovo amico Siani che affronta il sacrificio del trasferimento a Milano per dimostrare alla moglie Lodovini di non essere un lavativo mammone irresponsabile ma un uomo vero che vuole fare carriera e farsi carico delle nuove responsabilità familiari, non ne azzecca neanche una. Non c’è un attimo di tregua e di pietà nello sciorinare luoghi comuni. Compreso l’arrivo della banda del sud a Milano, mamma e colleghi di Mattia (Siani), modellato sull’archetipo di Totò e Peppino. Con Paolo Rossi che incarna il supermanager travestito da Marchionne e incarica proprio Alberto (Bisio) di comandare la squadra incaricata di mettere in moto un esperimento pilota di esasperata velocizzazione della produttività e ottimizzazione dell’efficienza, di spietato abbattimento dei tempi. Coinvolto suo malgrado, il sudista appena atterrato al nord è allibito nel vedere l’amico succube di questo meccanismo che, fatte salve al minimo le forme di un’ipocrita cordialità («In che cosa posso servirla?»), non lascia più spazio all’umanità del dialogo tra i due versanti dello sportello. Naturalmente Mattia contagerà i nuovi colleghi, dimostrerà che è tutta una bufala e che la vera e duratura produttività si salva proprio nell’integrarla in modalità umane e cortesi, e insomma la morale finale è a stessa dell’altro film: che si vive meglio al sud. Peccato che il sottotesto sia come minimo folcloristico e come massimo razzista, perché il sud è sempre quello della mozzarella, del prendersela comoda e dell’eterno sorriso anche se non c’è niente da ridere. Il film non ha niente da dire e lo dice male. È vero che tra i cinquanta e i sessant’anni fa un fortissimo impulso all’industria del cinema italiano lo dettero film come Pane, amore e fantasia e Poveri ma belli, film di scarse pretese e di grande ingenuità. Ma in quel contesto ebbero un ruolo, esercitarono una funzione. Erano fenomeni vivi. Adesso si può pretendere di fare la stessa cosa? La dilagante suggestione di volgere lo sguardo nostalgicamente all’indietro giustifica la riproposta della parodia alla Totò peraltro senza Totò?
Da La Repubblica, 18 gennaio 2012


di Paolo D'Agostini, 18 gennaio 2012

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