Bella addormentata

Nessuna volontà di redenzione,nessuna mania di provocazione.Né grida radicali,né tumulti plebei(le voci più urlate del film sono,non a caso,quelle degli Ave Maria cantilenanti sollecitati dalla Divina Isabelle Huppert).Sembra non avere grandi pretese Marco Bellocchio,meno regista e più esperto psicanalista qual è.Sembra.Per quanto possa apparire,per quanto ci si possa illudere che si sia voluto barricare dietro una prudente opera cerchiobottista,Bellocchio nasconde,sfacciato,il suo pensiero e le sue idee.Guarda curioso a ciò che ha sempre criticato,a quelle ipocrisie catto-borghesi che hanno tessuto i suoi film precedenti.Una rabbia velata pare avergli guidato la mano mentre con difficoltà,umana prima e burocratica poi,rifletteva su un tema che, a suo dire,lo scosse allora.Tre anni fa,un dramma di estrema intimità nutriva le televisioni italiane,donando prepotenti alternanze di telegiornali,talk shaw,e tribune politiche.Quest’ultime,mai come allora,in una chiassosa e bisbetica corsa contro il tempo,hanno fornito scene e sipari di circense ironia.Ed è proprio la politica,o perlomeno la politica invasata all’italiana,l’unica vittima colpevole di Bella Addormentata.Non i cattolici, non i cronisti, non le suore della misericordia, né Beppino Englaro né i sopiti spettatori;Ma i senatori che tra un voto di vita o di morte e una speranzosa apparizione televisiva,se ne sta a mollo,annebbiato dai vapori,in un visionario bagno turco nei sotterranei di palazzo Madama.Non c’è ricatto morale,non c’è obbligo di posizione imposta allo spettatore,ma semplicemente il desiderio di far riflettere e di restare in silenzio,sebbene con un ritardo di tre anni,ma restare in silenzio.Una scacchiera di punti di vista in cui ogni spettatore può trovare appoggio alle convinzione che soltanto la libertà del proprio,intimo e libero,vissuto gli ha dato.Quattro storie che ruotano,a distanze geografiche ed empatiche differenti,attorno alla storia di Eluana(compare sempre e solo il nome nel film,quasi a suggerire la triste impossibilità d’equivoco)usate come sapiente escamotage soggettistico per dare vita a personaggi strumentali a Bellocchio per dare voce a ciò che pensa,anche quando a parlare in battuta sono quelli più lontani dal suo credo.In questo modo il regista evita la contraddizione sentenziosa(come si potrebbe chiedere libertà di scelta e il rispetto di questa, se poi si impone il proprio punto di vista,cinematografico o etico,a chi cerca di osteggiare tale scelta solo perché la scelta sarebbe differente?).Non c’è,dunque,la potenza cinematografica di certe immagini visionarie che lo hanno contraddistinto in passato,con personaggi implosi,furenti prigionieri delle regole e del redo,blasfemi a scena aperta e matti da slegare.Ma qui è la storia,più reale e vivida che mai,a non volerle,anzi,quasi a chiedere che non vi siano,per restituire,finalmente silenzio,verbale. Si: Isabelle Huppert No: Isabelle Huppert in tutte le scene in cui recita in italiano(sforzo apprezzabile e di certo meglio di molti attori italiani che bazzicano straniero oltralpe, ma era come se dovendo pensare alla pronuncia abbia sottratto alla resa delle parole);i nomi dei personaggi(ironici a detta del regista, ma altri meno didascalici mi avrebbero impedito di perdere qualche passaggio offuscato dall’iniziale risata);Brenno Placido(si potrebbe anche non dire,ma vederlo vis-à-vis con la Huppert era come vedere la Arcuri fronteggiata a Meryl Streep mentre quest’ultima si sforza di non ridere).