starfish11
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sabato 9 marzo 2013
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peccato...non ne vivi il dramma
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Apre con un quadro come quinta teatrale, poi il treno e c'immette nell'atmosfera circense del luogo di lavoro del fratello di Anna a Mosca. Ritmo incessante, esercizi di virtuosismo,balletti con sincronismi, lo stesso Vronskji sembra una caricatura in divisa da domatore più che un damerino . Il plot scorre e avanza come da un caricatore di diapositive e il set è sempre un teatro :Tableaux Vivants si susseguono freneticamente dal palcoscenico al backstage,al Golfo mistico che si apre in sala da ballo poi si richiude sulla scaletta che riporta al palco dove si aprono portoni di palazzi principeschi con i palchi e le quinte che diventano stanze, saloni, momenti intimi tra Dolly e Anna, Kosta e Kitty, i languori col conte Vronskji, l'abbraccio al figlio che dorme, gli attimi nel dolore tra i coniugi Karenin.
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Apre con un quadro come quinta teatrale, poi il treno e c'immette nell'atmosfera circense del luogo di lavoro del fratello di Anna a Mosca. Ritmo incessante, esercizi di virtuosismo,balletti con sincronismi, lo stesso Vronskji sembra una caricatura in divisa da domatore più che un damerino . Il plot scorre e avanza come da un caricatore di diapositive e il set è sempre un teatro :Tableaux Vivants si susseguono freneticamente dal palcoscenico al backstage,al Golfo mistico che si apre in sala da ballo poi si richiude sulla scaletta che riporta al palco dove si aprono portoni di palazzi principeschi con i palchi e le quinte che diventano stanze, saloni, momenti intimi tra Dolly e Anna, Kosta e Kitty, i languori col conte Vronskji, l'abbraccio al figlio che dorme, gli attimi nel dolore tra i coniugi Karenin. Dominano i simboli della Russia zarista delle famiglie titolate, del contrasto col popolo contadino asservito umilmente a quel padrone che si ritrovano accanto a falciare l'erba in una delle poche scene esterne del fim. Costumi principeschi per le varie contesse e blasonate che circondano Anna e il suo destino, i loro colori delineano momenti e personalità :Dolly e Kitty,anime pure, sempre in bianco o colori chiari, Anna dal nero,al bianco,e in porpora verso la scena finale. Meravigliosi oltre ai vestiti tutti gli outfits, i cappellini con veletta sono di una raffinatezza esemplare e assai eloquenti, dal pizzo più coprente all'inizio ,sul treno, quando la signora Karenina inizia ad affacciarsi al suo destino, a quello più trasparente alla fine. Ho sempre amato questo libro, aspettavo questo film da tempo, che delusione...! La gran sceneggiatura di Stoppard ha tolto il pathos del libro lasciando che il plot danzasse con ritmo incessante senza farci coinvolgere e arrivare alla scena finale senza aver il tempo e il modo di immedesimarci in Anna, capirla, seguirne i suoi primi fremiti, comprenderne la scelta, aver pena per lei, arrabbiarci con lei per la devastante gelosia che la degrada...M'inchino a Stoppard grandissimo maestro di teatro,al regista,ad una produzione singolare, condivido critiche positive sulle tecniche che veicolano Amore e Morte, ma la Karenina che volevo vivere da spettatrice e da lettrice non è questa.
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(di stefania muzio (fefy))
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(di narcissus)
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ashtray_bliss
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martedì 5 febbraio 2013
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romantica decadenza di anna karenina.
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Anna Karenina di Joe Wright non e' un classico dramma storico fedele al capolavoro letterario del russo Tolstoj. E' una versione nuova, orignale e fresca che porta con se una molteplicita' di elementi innovativi, tra tutti le recitazioni volutamente teatrali dei protagonisti. L'intero film ha una precisa impostazione registica: richiamando una piece teatrale ininterotta. Motivo per cui sono ben evidenti palcoscenici sui quali si consuma gran parte della recitazione, sipari che cambiano, e quinte. Lo spettatore ha una immagine precisa di quello che sta seguendo: un film originale e particolare che non ha alcuna intenzione di mettersi in coda ai precedenti film su Anna Karenina.
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Anna Karenina di Joe Wright non e' un classico dramma storico fedele al capolavoro letterario del russo Tolstoj. E' una versione nuova, orignale e fresca che porta con se una molteplicita' di elementi innovativi, tra tutti le recitazioni volutamente teatrali dei protagonisti. L'intero film ha una precisa impostazione registica: richiamando una piece teatrale ininterotta. Motivo per cui sono ben evidenti palcoscenici sui quali si consuma gran parte della recitazione, sipari che cambiano, e quinte. Lo spettatore ha una immagine precisa di quello che sta seguendo: un film originale e particolare che non ha alcuna intenzione di mettersi in coda ai precedenti film su Anna Karenina.
Pieno di fantastiche coreografie e scenografie spettacolari e colorate, supportato da una collona sonora magistrale, il film offre una visione alternativa, del classico dramma, che proprio per questo elemento-chiave: la sua originalita' e innovazione, potrebbe piacere o meno allo spettatore.
La storia, classica, rivisita la storia di amore romantico, ma anche impossibile vissuto dalla Karenina, moglie di Karenin. Anna si innamorera' del conte Aleksej Vronsky per il quale sacrifichera' tutto e andra contro ogni imposizione sociale. Si allontanera' dalla famiglia (marito e figlio), sopportera' le malignita' di sguardi e commenti della aristocrazia russa che la circondano, ed infine andra' a vivere lontano dalla capitale, in campagna dove vira' la sua storia d'amore contestata con il giovane Aleksej Vronky fino alla tragica fine.
Ma Anna Karenina di Wright e' anche o sopratutto una storia di romantica decadenza, raccontata tra sfarzose e imponenti scene di balli, tra giochi di luci e ombre di bellissimi palazzi (seppur inventati sul palcoscenico) ma specialmente raccontata dai movimenti e sguardi dei protagonisti. Dietro lo splendore che accompagna scene e coreografie dei personaggi ci celano sentimenti umani veri e potenti come l'amore, la felicita', la rabbia e il dolore (per il tradimento) ed infene la solitudine e disperazione, che porteranno Anna al suicidio.
Cosi l'immagine dominante che viene data allo spettatore e' ,in fin dei conti, quella di una Karenina non icona tragica, ma anzi, di una donna forte e determinata pronta ad andare contro le convenzioni di una societa' chiusa (e religiosa), una donna pronta a sacrificare ogni agio e privilegio per poter inseguire la sua scelta di vivere la storia d'amore con Vronsky, ma anche sfacciata a tal punto da chiedere perdono al marito (prima di abbandonarlo di nuovo), non rancoroso ma fedele e pronto ad accettarla di nuovo a casa, al quale affidera' succesivamente la figlia Anya avuta dal conte. Anna Karenina dunque e' un personaggio rivisitato e sicuramente modernizzato, quello proposto da Wright, ma comunque fedele all'originale che segue tutti i passi nel percorso di decandenza psicologica che portera' Anna alla fatidica scelta di suicidarsi.
Un film che celebra il romanticismo classico e autodistruttivo, rivisitato in una prospettiva completamente nuova ed originale (appunto quella teatrale). Coreografie, abiti, scenografie e fotografie grandiose e magnifiche che catturano e incantano lo spettatore in una opera visiva monumentale che non verra' affatto dimenticata dal pubblico.
Ottima, come sempre, Keira Nightley e molto bravi anche gli interpreti secondari, spicca sicuramente Johnson. Musiche grandiose echeggianti la grandiosita' (esterna) dell'epoca barocca della Russia degli zar.
Un capolavoro cinematografico indiscusso.
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(di alfenio)
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mario.scazzosi
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domenica 24 febbraio 2013
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sceneggiatura non all'altezza del libro
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Buona la regia, l'ambientazione, la musica e, soprattutto luci e ripresa. La sceneggiatura, invece, mi appare inadeguata alla profondità dei personaggi del libro. Sono resi come macchiette, semplificate e stereotipate, leggere. E poi che delusione la Knightley! Non regge alla complessità di Anna, proprio non ce la fa! Il film si vede volentieri, emoziona il giusto alla fine, ma, come ho letto in un'altra critica, solo se non hai letto il libro ...
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donni romani
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martedì 22 gennaio 2013
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una magica coreografia per la karenina di wright
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Immaginate un palcoscenico magico, dove le scene si alternano con la leggerezza di una piuma, immaginate una coreografia che coinvolge protagonisti e comparse in una danza invisibile ad occhio nudo ma percepibile nell'armonia dei gesti e dei movimenti, aggiungete una fotografia che insegue luci ed ombre con fascino antico, dei costumi sontuosi e coloratissimi musiche struggenti ed evocatrici di epoche lontane (ed infatti scenografie, costumi, luci e musiche sono in nomination agli Oscar) ed avrete l'originalissima messa in scena di una "Anna Karenina" moderna e allo stesso tempo eterna, avviluppata in un walzer di passione e perdizione come in altre precedenti celeberrime versioni (quelle con la Garbo in primis) ma anche ammantata di un nuovo carisma, ipnotico ed elegante, che la reinventa e la rivitalizza.
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Immaginate un palcoscenico magico, dove le scene si alternano con la leggerezza di una piuma, immaginate una coreografia che coinvolge protagonisti e comparse in una danza invisibile ad occhio nudo ma percepibile nell'armonia dei gesti e dei movimenti, aggiungete una fotografia che insegue luci ed ombre con fascino antico, dei costumi sontuosi e coloratissimi musiche struggenti ed evocatrici di epoche lontane (ed infatti scenografie, costumi, luci e musiche sono in nomination agli Oscar) ed avrete l'originalissima messa in scena di una "Anna Karenina" moderna e allo stesso tempo eterna, avviluppata in un walzer di passione e perdizione come in altre precedenti celeberrime versioni (quelle con la Garbo in primis) ma anche ammantata di un nuovo carisma, ipnotico ed elegante, che la reinventa e la rivitalizza. Del resto che Joe Wright fosse a suo agio con le trasposizioni cinematografiche di grandi libri lo aveva già dimostrato con "Espiazione" di Mc Ewan, ma qui va oltre immaginando un palcoscenico, sociale ed emotivo, in cui far muovere i suoi personaggi, così noti da poter intimidire anche i più grandi registi. La storia d'amore che nasce improvvisa e incontrollabile fra Anna, moglie del ministro Karenin - un controllatissimo e toccante Jude Law - e il conte Vronsky, è di quelle che sconvolgono non solo i cuori dei protagonisti ma anche le famiglie - Vronsky dovrebbe sposare la giovane Kitty, sorella della cognata di Anna - e la società, che non perdonerà ad Anna di aver scelto di andare a vivere con l'amante e di aver avuto una figlia da lui. Wright accompagna il crescendo di dolore ed isolamento di Anna con scene potenti magistralmente interpretate da una Keira Knightley semplicemente perfetta nei panni di Anna, ma quello che più colpisce è la capacità del regista di costruire le scene come fossero quadri in movimento, capaci di vivere di luce propria, come alcune scene di ballo in cui i passi di danza di Anna e Aleksei al loro passaggio nella sala danno vita alle altre coppie, o la scena della corsa dei cavalli, allestita in un teatro raccolto, come se fosse una recita nella recita, con il rumore del ventaglio di Anna che diventa lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli, o come la scena finale, girata in uno sterminato campo d'erba che si scopre essere il fojer di un teatro. Finzione nella finzione quindi, ma anche passione e tensione, con le lunghe parti del romanzo di Tolstoj dedicate alle riflessioni di Levin sulle società rurale ridotte a pochi quadri d'insieme che bastano però a dare una precisa immagine della Russia al tempo degli Zar. Sceneggiata dallo stesso Wright con Tom Stoppard - e si sente la sua mano "shakespeariana" - "Anna Karenina" riesce nella titanica impresa di raccontare un'epoca, una passione e una società senza mai indulgere in intellettuali psicologismi - l'approfondimento emotivo dei personaggi è affidato ad una frase, ad un gesto, ad uno sguardo - e senza ricorrere a scene madri ricattatorie - la morte di Anna avviene quasi fuori campo - lasciando che sia l'eleganza, la grazia e la simmetria di gesti, sguardi e silenzi a costruire un autentico capolavoro cinematografico.
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(di patty morelli)
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(di sorella luna)
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bartleby corinzio
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venerdì 15 marzo 2013
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un film in costume... da bagno
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Un film insopportabile. L'accattivante idea di mettere in scena la messa in scena può sembrare funzionale nonché originale ma io l'ho trovata oltremodo manieristica con svariati elementi ridicoli. Il brio della prima parte (ove il virtuosismo abbonda) ricorda un altro per me must insopportabile, il pop di Baz Luhrmann. Altre cose insopportabili sono l'accento di Keira Knightley annesso ad alcune sue espressioni facciali (fortunatamente non ai livelli di A Dangerous Method) e i capelli biondo pulcino di Aaron Taylor-Johnson (Kick-Ass). Decisamente più interessanti i personaggi speculari ad Anna e Vronskij, ossia Kitty e Levin.
Joe Wright, che ha il gran merito di aver trasportato molto bene al cinema un romanzo strutturalmente ostico come Espiazione di McEwan, qui forse si prende invece fin troppe libertà stilistiche tramutando Tolstoj in Tolstojland.
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Un film insopportabile. L'accattivante idea di mettere in scena la messa in scena può sembrare funzionale nonché originale ma io l'ho trovata oltremodo manieristica con svariati elementi ridicoli. Il brio della prima parte (ove il virtuosismo abbonda) ricorda un altro per me must insopportabile, il pop di Baz Luhrmann. Altre cose insopportabili sono l'accento di Keira Knightley annesso ad alcune sue espressioni facciali (fortunatamente non ai livelli di A Dangerous Method) e i capelli biondo pulcino di Aaron Taylor-Johnson (Kick-Ass). Decisamente più interessanti i personaggi speculari ad Anna e Vronskij, ossia Kitty e Levin.
Joe Wright, che ha il gran merito di aver trasportato molto bene al cinema un romanzo strutturalmente ostico come Espiazione di McEwan, qui forse si prende invece fin troppe libertà stilistiche tramutando Tolstoj in Tolstojland. Un baraccone pieno di simpatiche ed inutili giostre. In certi momenti ti aspetti che qualcuno inizi pure a cantare. "Svignarsela! Bisogna Svignarsela!", furono le ultime parole di Tolstoj, nel film, nelle scene ove la Knightley accelera il passo, più che svignarsela gira uno spot. L'occhio "introspettivo" e funambolico di Joe Wright e il volto di Keira Knightley trasformano la fuga in una pubblicità di Chanel, Coco Mademoiselle. Ma questo è il tentativo di attualizzare di Wright, coreografia immobiliare e spot patinato.
Un film in costume... da bagno. Il lustro che zampetta per sottrazione vuol certo essere un aggiornare una storia datata 1877, aggiornare il soggetto conservandolo ma defenestrando il realismo modellando come pongo il palco, il che è quantomeno paradossale e ardito visto il tema del romanzo. Il realismo irreale. Una "stravaganza" che non paga e che rende il film emotivamente poco consistente. Ma anche io lo sono e quindi tutto è bene quel che finisce male.
E, a proposito di cose scombinate, al pur insopportabile Baz Luhrmann l'operazione era riuscita decisamente meglio con il suo Romeo + Giuletta (vabbe', Shakespeare è decisamente più malleabile).
E, a proposito di altre cose scombinate, l'operazione di sottrazione era riuscita enormemente meglio al von Trier di Dogville.
Che dire, non tutte le ciambelle escono col buco, specialmente quando non sono ciambelle (dovevo per forza chiudere con qualche frase buttata lì, come questa o forse come tutto il resto).
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marinabelinda
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venerdì 22 febbraio 2013
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amore e morte nel teatro della vita
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Viene da dire 'etico' o 'didascalico'. Ma questo film e' molto di piu'.
Un po' Moulin Rouge, un po' Romeo + Juliet. Sprazzi di Kenneth Branagh, di Cabaret e dell'Opera da tre soldi. E' un'esperienza visiva forte e intelligente, dove compaiono immagini come i quadri degli impressionisti o di Klimt.
Quello che pero' colpisce maggiormente e' la scelta di raccontare la storia, con sostanziale fedeltà, nel contesto del metateatro: i protagonisti non si muovono nella città, ma dietro le quinte di un teatro e la vita diventa uno spettacolo, diretto come un balletto. Tutti recitiamo una parte e, tutto quello che facciamo, e' sotto gli occhi di tutti.
Già questo spiazza per intuizione e genialità.
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Viene da dire 'etico' o 'didascalico'. Ma questo film e' molto di piu'.
Un po' Moulin Rouge, un po' Romeo + Juliet. Sprazzi di Kenneth Branagh, di Cabaret e dell'Opera da tre soldi. E' un'esperienza visiva forte e intelligente, dove compaiono immagini come i quadri degli impressionisti o di Klimt.
Quello che pero' colpisce maggiormente e' la scelta di raccontare la storia, con sostanziale fedeltà, nel contesto del metateatro: i protagonisti non si muovono nella città, ma dietro le quinte di un teatro e la vita diventa uno spettacolo, diretto come un balletto. Tutti recitiamo una parte e, tutto quello che facciamo, e' sotto gli occhi di tutti.
Già questo spiazza per intuizione e genialità. Anna vestita di nero e Kitty vastita di bianco, Anna spesso vestita di rosso accesso e passionale. Anche queste scelte cromatiche sono di un impatto notevole.
Ma in questo teatro che e' la vita, invero un po' logoro agli stipiti, scrostato e polveroso, la scelta di Anna diventa un paradigma. Lo scandalo ricercato ed esibito da certa nobilita' non e' lo scopo del tradimento di Anna, donna virtuosa che ha avuto la disgrazia di innamorarsi pur essendo madre e moglie. Disgrazia. L'amore come colpa? Agli occhi degli spettatori del teatro si'. Anzi il tradimento e' prima indotto, suggerito, favorito. Poi, messo all'indice e condannato. Ma per Anna l'amore e' soprattutto sofferenza. Vronskj e' l'assassino della felicita': l'amore e' diventato un peso, ha fatto cadere Anna nella ricerca dello stordimento (alcol e morfina) e nel sospetto sulla effettiva fedeltà del suo amante. Ne valeva la pena? La fine del percorso e' come l'inizio (si puo' svelare: la storia e' nota) e la morte -come scelta consapevole- sembra essere l'unica scelta possibile per trovare la pace. Nessuno dei soggetti coinvolti nel tradimento si salva, solo i bambini, nella bellissima sequenza finale, in cui la vita (il prato), prevale sulla rappresentazione teatrale.
Comunque sia, Anna, archetipo della donna, e' sempre mortificata, sia che tradisca, sia che sia tradita o esibita come una bambola dal marito.
I semplici si salvano: quelli che lavorano e che hanno la capacita' di lasciare da parte i pregiudizi. E solo i semplici possono arrivare al vero amore (per il marito, per la moglie, per la famiglia), lontani dal teatro della vita mascherata e regolata da schemi rigidi quanto inutili. Di qui l'etica di una donna come Anna che non ha scelto la passione come schema di vita ed ha creduto nell'amore, magari estemporaneo, ma vissuto fino alla morte. E, non meno importante e' l'etica del contraltare di Anna, Kitty, che ha veramente sfidato le convenzioni per vivere alla luce del sole il proprio amore, maturato con fatica, ma che non e' stato un ripiego.
Non bastano queste poche righe per dire quanto questo film mi abbia colpita e mi abbia fatto ragionare su quanto sia faticoso essere noi stessi di fronte
al mondo che ci guarda, ci tenta, ci giudica e alla fine (in un modo o nell'altro) ci archivia.
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[+] la legge e le regole
(di sorella luna)
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bmauro
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domenica 24 febbraio 2013
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l'eros e thanatos di anna karenina
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Non perde il suo magnetismo la tragedia tolstojana di Anna Karenina, il dramma travolgente del romanziere russo, ritorna sul grande schermo, riplasmato in chiave postmoderna dall’abile artificio teatrale di Joe Wright, non nuovo con la macchina da presa ad animare costumi d’epoca, ma l’ultimo lavoro supera magistralmente i tentativi sperimentati con “Orgoglio e pregiudizio” e “Espiazione”. Al centro della scena una Knightley, abile a danzare vorticosamente tra nobili sentimenti verso i figli e le passioni più adultere, che fanno da contraltare a una aristocrazia ostentatrice di perbenismo e sani principi morali nella Russia zarista di fine ottocento. Non tramonta l’attrazione smodata e peccaminosa del tradimento, dello sfrenato desiderio di uscire dai binari di una quotidianità stantia, ma che, come nella più lontana tradizione letteraria, dal microcosmo medievale del Paolo e Francesca dantesco alla struggente Madame Bovary flaubertiana, la risposta alle passioni extraconiugali viene sempre rappresentata dalla tragedia della morte.
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Non perde il suo magnetismo la tragedia tolstojana di Anna Karenina, il dramma travolgente del romanziere russo, ritorna sul grande schermo, riplasmato in chiave postmoderna dall’abile artificio teatrale di Joe Wright, non nuovo con la macchina da presa ad animare costumi d’epoca, ma l’ultimo lavoro supera magistralmente i tentativi sperimentati con “Orgoglio e pregiudizio” e “Espiazione”. Al centro della scena una Knightley, abile a danzare vorticosamente tra nobili sentimenti verso i figli e le passioni più adultere, che fanno da contraltare a una aristocrazia ostentatrice di perbenismo e sani principi morali nella Russia zarista di fine ottocento. Non tramonta l’attrazione smodata e peccaminosa del tradimento, dello sfrenato desiderio di uscire dai binari di una quotidianità stantia, ma che, come nella più lontana tradizione letteraria, dal microcosmo medievale del Paolo e Francesca dantesco alla struggente Madame Bovary flaubertiana, la risposta alle passioni extraconiugali viene sempre rappresentata dalla tragedia della morte. Anna mette in scena la nobildonna di vaga bellezza, che perde la testa infatuandosi del giovane Aleksej magistralmente interpretato dal biondissimo Aaron Taylor-Johnson. Il giovane adone travolge Anna in un valzer di sentimenti come una bufera che spazza via il matrimonio con Karenin (Jude Law), alto funzionario di stato dello zar e frantuma i rapporti più profondi con il figlio. La parabola dei sentimenti di Anna scivola verso il baratro, l’impossibilità di porre un freno allo scorrere inesorabile degli eventi, nella presa di coscienza e di un’impalpabile vanità dell’amore-passione, che si consuma, come nelle più classiche delle tragedie, con il suicidio. La ricostruzione di Wright del romanzo di Tolstoj viene nobilitata da un cinema che si rifà al teatro, in uno stereotipo di rappresentazione ottocentesca tra mimesi e danza, che ammalia lo spettatore nel travolgente divenire dell’azione. Wright è sostenuto dall’abilità scenografica di Tom Stoppard, acuto osservatore dei costumi ottocenteschi, rappresentandoli attraverso una patina di contemporaneità, che riattualizzano il dramma tolstojano.
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catcarlo
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martedì 26 febbraio 2013
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anna karenina
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Per mettere in scena l’ennesima versione del romanzo forse più conosciuto di Tolstoj, Joe Wright e il suo sceneggiatore Tom Stoppard seguono una via che, pur non originalissima in sé, si dimostra assai efficace nell’evitare il pericolo della banale rilettura. Tutto il film è idealmente ambientato in un piccolo teatro di provincia, in cui va in scena la rappresentazione di una società ottocentesca basata sull’apparenza e sull’ipocrisia, tanto che solo a Levin (un bravo Domhnall Gleeson), l’unico che rifiuta la parte già scritta per lui dall’ambiente in cui vive, è concesso di uscirne. Per farlo, utilizza la grande porta che si apre, con bella intuizione, sul fondale del teatro, mentre gli ingressi laterali consentono agli altri personaggi di accedere agli ambienti privati; la platea, invece, è di volta in volta stazione ferroviaria, sala da ballo oppure ippodromo (e i treni in viaggio sono dei modellini come quelli con cui gioca il figlio di Anna, Serhoza).
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Per mettere in scena l’ennesima versione del romanzo forse più conosciuto di Tolstoj, Joe Wright e il suo sceneggiatore Tom Stoppard seguono una via che, pur non originalissima in sé, si dimostra assai efficace nell’evitare il pericolo della banale rilettura. Tutto il film è idealmente ambientato in un piccolo teatro di provincia, in cui va in scena la rappresentazione di una società ottocentesca basata sull’apparenza e sull’ipocrisia, tanto che solo a Levin (un bravo Domhnall Gleeson), l’unico che rifiuta la parte già scritta per lui dall’ambiente in cui vive, è concesso di uscirne. Per farlo, utilizza la grande porta che si apre, con bella intuizione, sul fondale del teatro, mentre gli ingressi laterali consentono agli altri personaggi di accedere agli ambienti privati; la platea, invece, è di volta in volta stazione ferroviaria, sala da ballo oppure ippodromo (e i treni in viaggio sono dei modellini come quelli con cui gioca il figlio di Anna, Serhoza). Malgrado qualche sbandamento (e mugugno) tra il pubblico, il marchingegno funziona, in special modo nela prima parte in cui l’unità di luogo è mantenuta con più rigore: vi contribuiscono il ritmo regalato dal bel montaggio (Melanie Oliver) e ravvivato da un’attenta cura del colore e delle musiche (dell’italiano Dario Marianelli, candidato all’Oscar ma battuto da Mychael Danna per ‘Vita di Pi’). Un’operetta – come dice con chiarezza Vronskij – in cui spicca il vitalissimo ma amorale Oblonskij di Macfayden, infedele in amore e dispotico sul lavoro; quando esplode la passione tra Anna e Vronskij, la storia accentua invece il lato drammatico dirigendosi verso la fine che tutti ben conosciamo – almeno quanto l’incipit che, però, non viene citato – ma senza riuscire a sfuggire al minuetto sociale dominante. Anche qui prosegue il lavoro sul colore, che dai toni chiari dei primi, entusiasti amplessi si va sempre più scurendo con l’incupirsi della situazione: la crisi fra i due amanti culmina fra tappezzerie in blu elettrico e un’incapacità di fissarsi dritti in volto che lascia spazio solo a sguardi lanciati attraverso gli specchi. Una considerazione sulla coppia protagonista, quest’ultima, che ci porta alle dolenti note. Se appare inevitabile, e non particolarmente fastidioso, che molti aspetti del romanzo vengano semplificati – capita quando si cerca di infilare un librone in poco più di centoventi minuti di film – ciò che davvero funziona assai poco è la chimica fra i due personaggi principali, che proprio non riesce a scattare: un passaggio a vuoto che danneggia una tematica importante come quella della passione nonostante le regole e la cui responsabilità ricade su di un’interpretazione che delude per più di un motivo: Nella sua divisa bianca, Aaron Taylor-Johnson è un Vronskij più che altro decorativo in cui non si sa se siano più incongrui i capelli biondi o i baffetti posticci mentre Keira Knightley tende, come altre volte, ad andare sopra le righe in un ruolo già di suo abbastanza sovraccarico quando basterebbe lavorare sulla sua bellezza irregolare (dev’essere l’unica attrice di primo piano senza il sorriso ortodontico standard). Per fortuna che, accanto a loro, il resto del cast funzioni senza sbavature a partire dalla brillante prova di Jude Law che, dietro a barba e stempiatura, regala una bella intensità all’amarezza e ai dubbi di Karenin.
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thinker
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domenica 3 marzo 2013
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una romantica karenina inglese
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Anna Karenina
Anna Karenina di Joe Wright mi è sembrata un’operazione di appropriazione tutta inglese di uno dei capolavori assoluti della letteratura russa. Sin dalla prima scena, un po’ buffonesca, in cui un Barbiere che potrebbe essere di Siviglia si accinge a mo’ di torero a radere il mento del principe Oblonskij, il riferimento all’Opera italiana e al Teatro vittoriano è evidente e quasi irriverente. Le scene si susseguono con atmosfere, colori e personaggi che rimandano più all’immaginario industriale dell’800 britannico dei film anglosassoni che al fervore prerivoluzionario della Russia zarista.
La trama si dipana fedele al romanzo tolstoijano: un’avvenente Keyra Knightley, convincente e appassionata, è letteralmente travolta da un irresistibile Aaron Johnson, conte Vronskij inizialmente lezioso, poi sempre più profondo e imperdibile.
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Anna Karenina
Anna Karenina di Joe Wright mi è sembrata un’operazione di appropriazione tutta inglese di uno dei capolavori assoluti della letteratura russa. Sin dalla prima scena, un po’ buffonesca, in cui un Barbiere che potrebbe essere di Siviglia si accinge a mo’ di torero a radere il mento del principe Oblonskij, il riferimento all’Opera italiana e al Teatro vittoriano è evidente e quasi irriverente. Le scene si susseguono con atmosfere, colori e personaggi che rimandano più all’immaginario industriale dell’800 britannico dei film anglosassoni che al fervore prerivoluzionario della Russia zarista.
La trama si dipana fedele al romanzo tolstoijano: un’avvenente Keyra Knightley, convincente e appassionata, è letteralmente travolta da un irresistibile Aaron Johnson, conte Vronskij inizialmente lezioso, poi sempre più profondo e imperdibile. Sullo sfondo i vari personaggi pian piano si delineano , ruotano intorno ai due amanti e sono travolti anch’essi da questo amore imprudente e sfrontato. Quel che manca è ancora una volta la Russia, intuibile solo dalla neve che cade copiosa e dalle slitte che compaiono a tratti.
Un’Anna Karenina dickensiana, insomma, in un’ambientazione più vicina a David Copperfield che alla fragile e grandiosa atmosfera di Pietroburgo e di Mosca di fine 800. C’è da chiedersi se tale risultato sia intenzionale, quasi una voglia di fare di Anna l’eroina passionale che manca alla letteratura inglese, piena di fanciulle in cerca di marito, che mai e poi mai si sarebbero esposte allo scandalo e alle sue tragiche conseguenze, preferendo una vita tranquilla e malinconicamente rispettabile. In quest’ottica il film riacquista il senso di un omaggio all’Amore, che è al di sopra dei personaggi, come una forza che li lega e dà loro un senso sociale, ma solo a patto di stare alle regole. “Avrei potuto perdonarla se avesse infranto la legge; lei invece ha infranto le regole” dice un personaggio femminile nel finale, rifiutandosi di andare a far visita ad Anna, ormai esclusa dalla società perché fedigrafa.
Un film da vedere, perché non te lo aspetti. I costumi sono sontuosi e magnifici, la sceneggiatura ardita, certamente frutto di una grande riflessione sul romanzo, ma soprattutto sulle emozioni. Avrebbe dovuto durare un po’ di più, il tempo per dare più spessore e rendere giustizia alla disperazione finale di Anna, che appare invece quasi il capriccio di una donna immatura.
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martedì 12 marzo 2013
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una visione moderna per un grande classico
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Non avrebbe senso riproporre un classico immortale come Anna Karenina realizzando un film che filologicamente segua il libro e ne conservi integralmente i contenuti. Invece, Joe Wright e Tom Stoppard confezionano un meccanismo quasi perfetto che, rifacendosi un pò al Moulin Rouge di Baz Luhrmann, riempie lo schermo e gli occhi di colori, toni, coreografie, musiche, costumi, movimenti scenici puramente teatrali ed atmosfere assolutamente coinvolgenti. Accompagnato da un ottimo cast che con bravura e abilità riesce a calarsi nella innovativa rappresentazione, il regista di Orgoglio e pregiudizio ed Espiazione, confeziona un altro prodotto di assoluto valore che calibra un perfetto meccanismo scenico ambientandolo in una sorta di teatro/circo con repentini cambi scenici e sorprendenti passaggi di ambienti.
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Non avrebbe senso riproporre un classico immortale come Anna Karenina realizzando un film che filologicamente segua il libro e ne conservi integralmente i contenuti. Invece, Joe Wright e Tom Stoppard confezionano un meccanismo quasi perfetto che, rifacendosi un pò al Moulin Rouge di Baz Luhrmann, riempie lo schermo e gli occhi di colori, toni, coreografie, musiche, costumi, movimenti scenici puramente teatrali ed atmosfere assolutamente coinvolgenti. Accompagnato da un ottimo cast che con bravura e abilità riesce a calarsi nella innovativa rappresentazione, il regista di Orgoglio e pregiudizio ed Espiazione, confeziona un altro prodotto di assoluto valore che calibra un perfetto meccanismo scenico ambientandolo in una sorta di teatro/circo con repentini cambi scenici e sorprendenti passaggi di ambienti. Notevole il lavoro concettuale della scenografia ottimamente coadiuvato dalla fotografia che concede alcune situazioni davvero suggestive, come i cambi di luce che accompagnano i tormenti interiori della protagonista. Il pregio del film sta anche nella recitazione in chiave moderna che si allinea benissimo con il taglio che Wright ha voluto dare alla realizzazione; molto brava la Knightley in questo senso che riesce a rendere credibile ed attuale la sofferenza e la gioia che il vero amore può dare. Una menzione particolare anche per Matthew MacFadyen, un Oblonskij davvero molto spiritoso. I costumi sono sgargianti, meravigliosamente paradigmatici della Russia zarista. Da non perdere la sequenza del ballo; un lunga coreografia recitata ovvero una recitazione danzata con un crescendo di pathos incredibile dove i due protagonisti, isolandosi dal mondo circostante, si concedono senza freni iniziando, così, la loro storia d'amore meravigliosamente tragica nel suo finale. Il primo tempo scorre via fluidissimo con un ritmo danzante, in un susseguirsi di sorprese sceniche; peccato che questo ritmo non prosegua costante fino alla fine, rallentando sensibilmente e pregiudicando, per me, la quinta stella di gradimento. Un film, in ogni caso, da vedere lasciandosi andare al ritmo ed ai colori.
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