This Must Be the Place |
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Un film di Paolo Sorrentino.
Con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten.
continua»
Drammatico,
durata 118 min.
- Italia, Francia, Irlanda 2011.
- Medusa
uscita venerdì 14 ottobre 2011.
MYMONETRO
This Must Be the Place
valutazione media:
3,62
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Falso d'autoredi Peer GyntFeedback: 23230 | altri commenti e recensioni di Peer Gynt |
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mercoledì 7 ottobre 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Paolo Sorrentino è sicuramente un regista abile e molto capace. Sa creare cinema, scene accattivanti, accostamenti suono-immagini che funzionano. Ma qualcosa non va. Ci si sente uno strano ruffianesimo di fondo, che scorre per tutto il film. Sorrentino è bravo, infatti ha preso un ottimo attore (Penn), un ottimo musicista (Byrne), un ottimo direttore della fotografia (Bigazzi). Ma il film sa di falso dalla prima scena all'ultima. Lo stile è di quelli che non si devono dimenticare: Sorrentino indulge continuamente sui lenti carrelli che fanno pensare, sugli ampi dolly che sottolineano il valore simbolico della scena che abbiamo appena visto. Ma i personaggi dove sono? Cheyenne, lungi dall'essere un personaggio, è una maschera a metà strada fra il grottesco e la caricatura. Tutti gli altri personaggi (Mary, Jeffery, Jane la moglie di Cheyenne, l'uomo d'affari Ernie Ray, Steven il leader della band dal nome escrementizio, Desmond l'imbranato spasimante di Mary) tali non sono, sono solo macchiette, comparse da sfondo, che ben servono a porgere le battute della sceneggiatura di Sorrentino, uno script aforismatico, pieno di frasi ad effetto, forzatamente poetiche, ostentatamente liriche, fascinosamente ossimoriche. La comparsa di animali singolari in contesti stranianti (si pensi ad Emily, l'oca della professoressa, o al bufalo di qualche scena dopo) e lo sfilare continuo di comparse anch'esse stranianti (l'uomo tatuato del bar, l'uomo vestito da Batman, la bella donna con la gamba ingessata, l'indiano in giacca e cravatta che chiede un passaggio) sono espressione di quel fellinismo di maniera di cui Sorrentino soffre e che avrà la sua apoteosi nel successivo "La grande bellezza".
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