This Must Be the Place |
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Un film di Paolo Sorrentino.
Con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten.
continua»
Drammatico,
durata 118 min.
- Italia, Francia, Irlanda 2011.
- Medusa
uscita venerdì 14 ottobre 2011.
MYMONETRO
This Must Be the Place
valutazione media:
3,62
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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un viaggio eccentrico e formativodi teo '93Feedback: 2578 | altri commenti e recensioni di teo '93 |
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domenica 23 settembre 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il lavoro di Paolo Sorrentino, un’incantevole combinazione di inventiva e qualità visiva, colpisce per la sua spericolata portata di poesia ed eccentricità, dolcezza e disincanto, armonia e anarchica grazia. Sean Penn giganteggia nel ruolo del protagonista Cheyenne, rockstar di musica goth ritiratasi dalle scene dopo una tragica e inaspettata esperienza, e ne descrive con introspezione la natura triste e malinconica, costruendogli un portamento distante, uno sguardo perduto e trasognato, l’animo di un bambino intrappolato sotto il grigio cielo dublinese e tra le pareti di una casa di ovattata compostezza. Il trucco pesante, la grottesca capigliatura, gli occhi vaghi e spenti ne fanno una figura tenera e triste, un personaggio in cui convivono l’entusiasmo dell’infante e la disillusa saggezza degli adulti. Il viaggio di quest’uomo inizia dalla lettura del diario del padre appena scomparso, un uomo che in vita ha instancabilmente tentato di rintracciare il suo persecutore nazista ad Auschwitz. Il viaggio di Cheyenne diviene così ricerca, lento cammino tra le polverose sterpaglie e le sconfinate frontiere americane, luoghi di passaggio, non destinazioni, terre calde e aride che è necessario attraversare e respirare se si vuole scorgere la meta. Il percorso di Cheyenne è denso di incontri, avventure, imprevisti. Egli capirà presto che vivere significa credere nella possibilità di un riscatto, di una salvezza. E infine, in una dimenticata baracca nel deserto, la ricerca s’arresta e diventa fioca, decisiva consapevolezza: Cheyenne ritrova il padre nel racconto spiazzante del suo eterno nemico, il bambino impaurito di un tempo può finalmente sentire di avere un posto nel mondo, un saldo legame con un passato al quale ritorna ad appartenere e dal quale ritorna da uomo vivo, consapevole. E allora cade il suo trucco, la maschera cede. Il ritorno a casa di Cheyenne è il suo risveglio, la compiuta elaborazione di una mancanza, l’ascesa di uno spettro alla flebile luce dei vivi. Intenso e spiazzante, il film conferma il rigore e la sensibilità di un regista che non ha mai rinunciato a raccontare i profili enigmatici dell’animo umano, i confronti generazionali, le difficoltà comunicative. Un autore dallo sguardo maturo ed emozionale che ha sempre prediletto la suggestione al racconto, la fascinazione visiva alla lucidità rappresentativa, l’elegante graffio dell’autore all’invadenza di uno sguardo onnisciente. Il film vive attraverso sequenze di evocativa grazia, rivela lentamente il suo nucleo emotivo, spiazza con arguzia e intelligenza, satura le sequenze di una luce ora gelida, ora abbagliante, ora calda. Sorrentino muove la cinepresa con la padronanza di un coreografo di anime in pena, con la sensibilità di un cantastorie di vite erranti, alla perenne ricerca di sé tra i cocenti deserti dei rimpianti e dei sensi di colpa. Il regista partenopeo rinuncia a ogni usualità, di scrittura e di regia. Non perde mai il punto di vista di chi racconta pur non rinunciando a stravolgere spesso ogni logica con interventi stravaganti, passaggi di stramba delizia, battute impeccabili e di un umorismo nero e irriverente. Affida alla musica eclettica e suggestiva di David Byrne il compito di cadenzare il percorso del protagonista lungo il suo impervio cammino, grazie a un ritmo disteso, talvolta onirico, e a una sonorità aderente alla natura volubile e innocente di Cheyenne. Una lezione di gusto e vivacità.
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