Quando la Disney decide di mettere in scena la sua commediona dei buoni sentimenti, la prima cosa da fare per godersi le magie che propone è quella di mettere in atto la sospensione d'incredulità. Questa volta, però, Hedges lancia una sfida molto grintosa allo spettatore.
La storia narra di come una coppia impossibilitata a generare figli, si ritrovi, dopo un temporale, con un figlio nato letteralmente in giardino. Ne seguono complicazioni che, sorprendentemente, non derivano dalla popolazione della loro rurale cittadina, che sembra non interessarsi più di tanto al fatto che i due si ritrovino con un decenne improvvisamente in casa, quanto nell'imparare a diventare bravi genitori, tra un errore e l'altro.
Il fatto che questo lavoro sia marchiato D non può far passare qualsiasi cosa come accettabile. E non tanto per gli eventi in se, quanto per il target a cui questo film pare rivolto. Al di la del fuorviante titolo, infatti, a me non pare che il protagonista della vicenda sia il giovane Tim. Piuttosto, direi che la trama è incentrata sui due neo genitori e su cosa significhi tirare su una creatura ai tempi di oggi, tra crisi, figure paterne assenti e desiderio di vedere i propri sogni realizzati attraverso i propri figli.
Sono temi spessi, a ben pensarci, che un bambino abituato a seguire Nemo magari non afferra in tutta la loro complessità. Le avventure del piccolo Poison Eve in pantaloncini corti fanno da alleggerimento alla struttura principale, riempiendola di gags (queste si decisamente infantili) e di un amorino pre adolescenziale che il nostro eroe vivrà con una ragazzina molto più anziana di lui.
Essendo made in D, non mancano poi tonnellate di buoni sentimenti, cattivi stereotipati ma alleggeriti e finale lacrimoso.
Il punto però rimane. A chi vorrebbe essere destinato questo film? Girare una pellicola con temi adulti come fosse una commedia per ragazzi consente certi vantaggi, come il tratto leggero dei personaggi interpretati, è il caso di Gradner ma non solo, caricando la recitazione all'eccesso. Però pone anche lo svantaggio di depotenziare molto il messaggio che si vuole passare.
In definitiva questo lavoro si piazza nel mezzo, che è il posto più sbagliato dove stare, tra una storia profonda e una commedia leggera, senza lasciare nessuna impronta del suo passaggio.
Ma forse sono io che analizzo troppo e non sto al gioco di Hedges. Ci sta anche questo.
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