Quella casa nel bosco

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Un film di Drew Goddard. Con Kristen Connolly, Chris Hemsworth, Anna Hutchison, Fran Kranz, Jesse Williams.
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Titolo originale The Cabin in the Woods. Horror, durata 95 min. - USA 2011. - M2 Pictures uscita venerdì 18 maggio 2012. - VM 14 - MYMONETRO Quella casa nel bosco * * 1/2 - - valutazione media: 2,78 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Al peggio non c'è fine! Valutazione 1 stelle su cinque

di maxtamarro


Feedback: 100
mercoledì 1 aprile 2015

Devo iniziare a non fidarmi più delle recensioni “specializzate”. Si, la devo piantare, questo è fuori discussione.
Ormai l’horror si è ridotto ad una bieca carrellata di “bu-bu” ed esercizi di computer grafica.
Si, i “Bu-bu”, sapete che sono?
Ovvio che no, ma ve lo spiego subito, “Bu-bu” è la parolina magica che dice il cattivone di turno armato di motosega/coltello/affine che spunta dal nulla per fare la festa alla bionda siliconata. Tale “Bu-bu” nella modernità horror, per essere d’effetto, ha necessità d’essere assolutamente enfatizzato da un poderoso uso delle frequenza basse, con subwoofer e l’ausilio di iper acuti, meglio se simili a rumori di vetri sbriciolati, poi un po’ si sangue, meglio se tantissimo e qualche mostro… et voià!
Ad oggi l’horror si è ridotto più o meno a questo: fare bu-bù per spaventare con l’ausilio dei watt e dei decibel, meglio se inaspettati. Ma c’è una bella differenza tra fare paura e far trasalire a colpi di amplificazione. La prima è una questione di testa, di idee, di pathos, mentre la seconda… beh, sono capaci tutti!
Ed ogni qualvolta una pellicola si eleva al di sopra da tale spazzatura viene immediatamente urlato al miracolo. No, diavolaccio, non funziona così! Anzi non c’è nulla di più lontano dall’esserlo.
Tanto per iniziare in questo film non c’è una, e dico una sola idea originale, tranne forse quella peggiore che ci si poteva tranquillamente risparmiare (cioè quella del bunker sotterraneo, di cui dopo entrerò nel merito). Se i “Gran Maestri” di cinema che hanno commentato questa pellicola come “… originale e capace di aprire un nuovo filone nell’horror…” avessero letto un tantino di E.A. Poe o ancor meglio (e soprattutto) il buon vecchio H.P. Lovecraft, saprebbero che è stato preso tutto da li. E non parlo di qualche idea ma di intere sezioni dei suoi racconti, senza prendersi nemmeno la briga di cambiare i nomi ai soggetti.
Per non parlare di quelle che vengono chiamate dagli esperti “citazioni”… mi viene da pensare alla casa (nel bosco) in cui si svolge la parte centrale della storia, che altro non è che “La Casa” di Sam Raimi (Evil Dead – 1982), tant’è che sulle prime, vedendo somiglianze estreme anche nella sceneggiatura (attraversamento di un tunnel che al momento giusto verrà disintegrato per evitare la fuga delle vittime, e nel caso di Evil Dead veniva usato un ponte sospeso), ho pensato che si trattasse di una rivisitazione della geniale pellicola di Raimi in chiave moderna. La scopiazzatura non si ferma qui, ovviamente. C’è anche la botola che si apre da sola per richiamare l’attenzione delle potenziali vittime verso il sotterraneo e fargli innescare il meccanismo magico che riporterà in vita qualche creatura maligna, per il loro sommo piacere. C’è anche una scelta identica o ormai stereotipata della schiera di vittime, ovviamente quasi “copia/incolla” dal lavoro di Raimi, che fu il primo, ribadiamolo.
La bionda sexy con fidanzato figo, la verginella, l’intellettuale e lo sballone/cannabinoide.
Ma sotto la casa in oggetto, dove i malaugurati capitano, c’è un laboratorio/bunker segreto che, con una serie di congegni altamente tecnologici è collegato alla superficie, cioè alla casa, per monitorarne continuamente gli accadimenti e modificarli iniettando nell’ambiente droghe di vario genere per indurre i personaggi a fare questo o quello.
Ma perché?
Semplice, se avete letto Lovecraft. Nelle viscere della terra ci sono degli dei, gli Antichi, che vogliono sacrifici umani per rimanere bravi, con una certa frequenza e ritualità, pena la distruzione del mondo. Insomma, gli Antichi di Lovecraft ne avrebbero molto a male per essere stati fatti passare come degli idioti che si fanno incatenare sotto terra e tenuti buoni con un po’ di stupido sangue, con la minaccia di distruggere il mondo se ciò non accadesse. Insomma, pensateci, che senso ha? Da quando per scrivere una sceneggiatura horror si manda a farsi fottere la logica? Che cosa ne guadagna un dio a stare sotto terra in cambio di un po’ di sangue? Ma soprattutto cosa ne guadagna a distruggere il mondo (e la riserva eventuale di sangue) in caso non vi sia puntualità nella consegna dello stesso?
Boh!
I cinque baldi giovani, ovviamente, scendono la scaletta della cantina per vedere che c’è di sotto e trovano una moltitudine di oggetti “maledetti”.
Ognuno di questi apre una botola hi-tech dal bunker verso la superficie contenente il loro carnefice.
Mentre nel bunker si accalcano le scommesse (si, il personale di sotto scommette cinicamente) su quale sarà la “squadra della morte”, qualcuno dei ragazzi sblocca una famiglia zombie, e sarà questa colei che darà la caccia ai cinque.
Le scommesse si chiudono ed inizia la banal-carneficina, su cui è inutile scendere nei dettagli, e vi assicuro che non ci sarà un solo omicidio che non avrete previsto, e non parlo solo del momento, ma anche del modus operandi, dando un nuovo senso figurato al concetto di “banalità” e oltrepassando limiti della stessa che non credevate esistessero.
Nelle regole prefissate per il sacrificio vige quella ferrea che la verginella deve essere ammazzata per ultima, o forse no ma questa dev’essere certamente l’ultima a rimanere in piedi, altrimenti succede un casino. Non ce n’è motivo ovviamente, ma è così.
Ovviamente non accade e all’ultimo dal bunker si accorgono che il tossichello non è passato a miglior vita, ma accorre in aiuto della gnoccolona-verginella.
La cosa peggiore è che arrivano a comprendere di essere le vittime di una specie di Big Brother sadico, trovando il modo addirittura per arrivare al sotterraneo da dove vengono scatenati gli zombie.
Usando infatti lo stesso ascensore hi-tech da cui la simpatica famiglia decomposta ha raggiunto la superficie, i due tornano sotto terra. La pareti di vetro dello stesso ascensore danno modo ai due di vederne tanti altri uguali intorno a loro, con all’interno ogni genere di mostro generato dalla fantasia horror, ed ovviamente intrappolato all’interno e vincolato solo ad un unico oggetto presente nel sotterraneo della simpatica casetta di cui sopra. Mentre davanti ai miei occhi passava in tv questa scena demenziale mi chiedevo che diavolo di vetri avessero usato per contenere i fantasmi ad esempio, o i supplizianti di Hellraiser… magie!
Ma ad un certo punto, dalla sala di controllo del bunker, si rendono conto che i due sono arrivati sin all’interno di esso e mandano i soldati ad ammazzarli, lasciando alla coppia come unica arma di difesa quella di premere sul pannello di controllo della centrale sotterranea in cui si sono infiltrati il tasto “unlock” per tutte le celle degli straordinari detenuti, che ovviamente non perdono la ghiotta occasione di darsi da fare… Ne consegue una carneficina biblica che si conclude con le dovute spiegazioni da parte della direttrice, a pochi minuti dallo scadere dei tempi per la distruzione del mondo (in caso non si compia il rituale). Lui deve sicuramente morire e lei magari pure (è una cosa a piacimento nel regolamento a quanto pare, ed io personalmente l’avrei risparmiata, trattandosi di una gnocca di assoluto rilievo) ma lui deve crepare, ed in fretta pure. Ovviamente accade il colpo di scena (che non rivelerò per vedere se anche voi riuscirete a prevederlo al millimetro come ho fatto io – e io non sono uno particolarmente bravo in queste cose…) ma il destino del mondo è comunque segnato.
Ciao ciao terra.
Titoli di coda.

Nel finale si tenta pure di dare una morale, un qualcosa del tipo “la razza umana è indegna” o qualcosa del genere, che sembra anche i due protagonisti condividano mentre si rassegnano al loro destino ed una mano gigante esce da sotto la terra demolendo la “dolce” casa e metà bosco. Un film horror/gore con una morale? Beh, una degna ciliegina su tale accozzaglia… non fa una piega.

Ovvio che la visione è sconsigliata, non è il peggior horror che io abbia mai visto ma è decisamente una porcata degna di nota, che in alcuni tratti addirittura si avvita su sé stessa per l’assoluta mancanza di un filo logico. Come, ad esempio, quando i due tecnici responsabili del bunker sentono al telefono il tizio che, all’ingresso della zona di morte, cerca di far spaventare il gruppo per non farlo entrare, e lo sfottono a morte. Il tizio in oggetto è un benzinaio da cui i cinque fanno rifornimento, una figura immensamente inquietante che quasi spiega alla perfezione quello che gli sarebbe accaduto se avessero continuato sulla loro strada. Lui è il tipico orso solitario che vive in un benzinaio lurido, emarginato dal mondo, con un’avversità all’igiene, un violento irascibile che colleziona ogni genere di parte anatomica sotto spirito.
La reazione dei ragazzi verso questo incontro è già surreale, con un susseguirsi di improbabili macho-discorsi ecc… ma la parte pazzesca è ancora nella sceneggiatura a dir poco vaneggiante. Il benzinaio sente al telefono i responsabili della zona del massacro e parla degli Antichi, ma (stranamente) viene trattato come un idiota dedito alla superstizione. Ovvio che a quel punto del film lo spettatore non può sapere che il benzinaio ha ragione, come non può sapere che i responsabili del bunker ne sanno quanto lui in merito agli Antichi. Ma che senso ha allora sfotterlo, quando lui sta dicendo quello che dentro al bunker si sa alla perfezione e che di fatto è il motivo della sua esistenza?
Non cercate la risposta, di senso non ne ha. Punto. E’ solo l’ennesima lacuna della sceneggiatura, fatta per mettere un’aura di mistero e/o maledizione alla storia.
E poi, in definitiva, a che diavolo servivano tutti quei mostri la sotto, quando sarebbe bastato acciuffare i cinque sacrifici umani e farli secchi con un colpo in testa. Gli Antichi non c’entrano nulla con i mostri nelle gabbie hi-tech, quindi perché scomodarli? Perché?

Scrivere una storia di fantasia non esclude in nessuno modo l’uso della logica, per quanto fantastica possa essere. Anzi, è proprio la logica che, se unita ad una sapiente scrittura con delle buone idee, spaventa per davvero.
Non era forse logico il comportamento del demone che possedeva la piccola Regan ne “L’esorcista”? Diavolo se lo era!
Non lo era forse il buon Freddy Krueger con i suoi guanti artigliati mentre cercava la sua vendetta dentro i peggiori incubi dei suoi aguzzini? Non lo erano Michael Myers, Jason, Pin-Head e i supplizianti?
Tutti lo sono, anche nelle favole dei bambini.

E personalmente digerirei di tutto, anche l’assenza di logica. Ma non mi va giù il fatto che avendo letto tutti (e dico tutti) i titoli di coda, motivato dalla ricerca di un ringraziamento a Lovecraft o a Raimi o a Poe, non abbia trovato praticamente nulla.
E ne deduco che il plagio delle loro idee geniali, sfociato nell’accozzaglia partorita è stata un’arma efficacissima per smascherare tutti quei buffoni che si fanno chiamare “critici”. Ce ne fosse stato uno che abbia nominato Lovecraft.
Lo farò io allora, sperando che gli Antichi, adirati per come sia stato bistrattato il loro portavoce, non si sveglino davvero per cercare coloro che hanno avuto la nefasta idea di dargli un’immagine così stupida.

Dio li protegga.
E Dio protegga tutti noi.

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