Dopo l’incredibile (e meritato) successo per “The avengers”, non ancora definito in termini di profitto in quanto ancora presente nelle sale cinematografiche, torna a farci compagnia l’americano Joss Whedon.
Stavolta non è solo, e sceglie (in quanto anche produttore) come co-autore e regista Drew Goddard, lo stesso che nel 2008 scrisse la storia del monster movie “Cloverfield”.
Passiamo a noi. Whedon rimane ancorato all’ humor ( a volte quasi infantile ed irritante) che aveva caratterizzato il suo “The avengers”.
Più che legittimo in quel caso mixare a combattimenti sopranaturali ed esplosioni, battute e dialoghi memorabili, già quasi cult, tali da rendere il suo film un vero e proprio capolavoro del genere, per gli amanti e non.
Ma in “Quella casa nel bosco” è tutto diverso, c’è in ballo la vita, la morte, il destino dell’umanità derivante dal sacrificio o meno di cinque comuni essere umani. Sembra che ogni scena sia buona per ridere, per scherzare e per sdrammatizzare una situazione a dir poco preoccupante ed irrimediabile.
Nella sala dei tecnici scommesse, festeggiamenti e chi più ne ha più ne metta, il tutto come se in quella casa non ci fosse in ballo la vita di comuni essere umani, come lo sono gli scienziati.
E’ vero, gli scienziati c’erano abituati all’annuale sacrificio umano e magari ci avevano fatto il “callo”, ma il cinismo attraverso il quale il macabro meccanismo viene azionato e portato avanti è qualcosa di troppo sproporzionato rispetto a qualsiasi valore etico e morale.
Desidero andare avanti nella recensione citando il seguente celebre aforisma “Colpirne uno per educarne cento”. Se me lo permettete, per renderlo quasi perfettamente calzante col tema di fondo del film, lo modificherei con qualcosa del tipo: “sacrificarne 5 per salvarne 6 miliardi”.
Ma con quale diritto l’uomo può decretare la morte di 5 giovani, pur di salvarne 6 miliardi? Che cosa hanno in più quelli destinati a sopravvivere, rispetto ai cinque che invece si dovrebbero sacrificare per loro?
Whedon e Goddard rispondono a tali cruciali domande, divertendosi come pazzi, scrivendo una tale sceneggiatura e proponendola sullo schermo, tra impassibilità e indifferenza, volti quasi esclusivamente alla reale soddisfazione degli specifici bisogni del caso (sarcasmo, sofferenza, dolore…).
Il finale inoltre va solo a declassare ulteriormente il giudizio: la più classica delle “trashate” americane con una mano rossa, seppur simbolica, che distrugge il mondo, quasi da volta stomaco.
Ma veniamo agli aspetti da considerare positivi. Non è mica tutto da cestinare, anzi.
Goddard dimostra di avere buona tecnica e di avere buone capacità di rendere alcune riprese un più che apprezzabile spettacolo ai nostri occhi. Per testimoniare ciò basti vedere, ad esempio, la scena in cui Jules va verso il lupo per compiere il suo “obbligo”, con la camera da presa che partendo dai piedi della ragazza si sposta verso l’alto.
Anche il titolo del film che compare all’inizio,in versione extralarge e a tinte rosse, non può far altro che impreziosire il tutto.
Buona tutto sommato anche l’interpretazione del cast, impreziosito dalla presenza di Sigourney Weaver, forse da sfruttare meglio. Ottimo Frank Kranz.
La trama rappresenta un esercizio di astuzia non da poco, un tentativo di totale innovazione del genere e di rivisitazione degli standard, un esperimento caratterizzato dal viaggio dello spettatore verso realtà sconosciute ed indesiderabili.
Già, un tentativo…
Peccato che questo non basti per compensare i difetti e le pecche sopra citate.
Seppur le intenzioni e le buone idee non mancano, quello che manca sta nella loro esecuzione. Il film appare come una casa con solide fondamenta ma con troppi aspetti mancanti (finestre, porte, corridoi), senza gli opportuni collegamenti tali da rendere l’intreccio narrativo stupefacente, memorabile, da otto o più in pagella.
Ma un “bravini” ai due co-autori è d’obbligo, almeno ci hanno provato, solo il tentativo è da elogiare.
Resta il fatto, per concludere, che secondo me questo film non può far altro che rappresentare ulteriormente, seppur in modo anomalo e originale,la quasi definitiva sepoltura del genere horror. Comunque tutto fuorché una nuova rinascita, come ho sentito da alcuni.
Una piccola gemma che prova a sbocciare su un albero troppo invecchiato e tortuoso, che tempestivamente viene soppressa dalla neve.
Voto: 5/10
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