Shame |
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Un film di Steve McQueen (II).
Con Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale, Nicole Beharie, Hannah Ware.
continua»
Drammatico,
durata 99 min.
- Gran Bretagna 2011.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 13 gennaio 2012.
- VM 14 -
MYMONETRO
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Schiavitù dell'uomo contemporaneo
di James OogwayFeedback: 987 | altri commenti e recensioni di James Oogway |
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domenica 1 luglio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il secondo film della coppia McQueen-Fassbender supera con coraggio ciò che di buono era già stato mostrato con Hunger. Persiste sempre la volontà di costringere lo spettatore ad osservare, e non solo guardare, tutta l’immagine a disposizione; tuttavia la forse eccessiva lentezza e mancanza di trattazione del primo lavoro vengono superate da pochi e taglienti dialoghi che mai permettono allo spettatore di assumere un atteggiamento di sufficienza. Come sempre con McQueen, la visione non è semplice e si richiede allo spettatore (ed alla spettatrice forse di più) un atto di elaborazione alla Strehler cui non siamo più abituati e che, grazie ad una sempre obiettività ragionata del regista irlandese, riesce a non scadere nel banale/volgare nonostante il tema trattato. L’eros tormenta Fassbender che, grazie all’interpretazione estremamente verosimile ci costringe a immaginare se egli stesso in realtà fosse il soggetto primordiale della sceneggiatura, vive il proprio essere erotomane non più come metafora del reale ma come la realtà stessa. Siamo infatti di fronte al realismo più attuale, prosecuzione in chiave anglofona di un neorealismo che con il passare del tempo si era perso nelle distinzioni di classe la dimensione umana della trattazione cinematografica. La pellicola infatti ci mostra, forse per la prima volta, la vulnerabilità dell’uomo moderno nei confronti di una mercificazione del corpo e che, svuotato di ogni valore, non riesce a trovare un significato alla sua assenza. Intrecciato su due filoni principali, sesso e fraternità, la sceneggiatura si dipana in maniera parallela e priva di quei trucchi da blockbuster statunitense ai quali troppo siamo abituati grazie anche ad una Carey Mulligan che aggiunge quel tocco di femminile violenza tale da rendere il tutto equilibrato nel suo squilibrio. In una New York cupa e desolata, dove il contatto umano metropolitano è solo violento e cinico, dove la cupezza del cielo riflette la mancanza di prospettive dei personaggi, è difficile ravvisare il tentativo, additato da alcuni critici, di individuare… Una menzione particolare ricevono infine gli unici momenti musicali che proprio per il fatto di essere tanto rari sottolineano la gravità della situazione colpendo lo spettatore come un pugno ma dandogli l’impressione di una dolce carezza, fine ultimo della pellicola.
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