Sette opere di misericordia è un film indimenticabile.
Composto da immagini bellissime, propone, riuscendoci, una nuova estetica cinematografica, ben lontana dal cliché del cinema italiano contemporaneo.
Un esordio che si impone per una regia meticolosa, un'estetica mai scissa da una nuova etica dello sguardo, una sfida narrativa rigenerante per gli spettatori.
Ha rappresentato l'Italia e vinto premi in numerosi festival, ma il premio più grande è per lo spettatore. Un dono che necessità però un nuovo tipo di visione, "creativa", attiva.
Interpretato da un immenso Roberto Helrtizka e da una soprendente esordiente, Olimpia Melinte, bellissima e conturbante nel ruolo di una giovane moldava clandestina.
Sette opere di misericordia pone senza sconti e senza compromessi di comodo, un tema inusuale e complesso come quello del "prendersi cura del corpo dell'altro", immergendolo in riferimenti iconografici e artistici (primo fra tutti Caravaggio). Una storia che parte come una specie di thriller, e via via si svuota dei luoghi comuni del genere per entrare nel mistero dell'animo umano, dell'invisibile. Nella luce. Materia prima del cinema.
Opera d'arte. Da vedere e da esperire.
Il cinema italiano ha due autori che sono appena al principio di un percorso speriamo lungo e ricco di film.
Beppe
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paogab
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giovedì 19 luglio 2012
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troppo....
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Nel desolato (e desolante) panorama cinematografico italiano è bello che ci sia spazio per due registi come i fratelli De Serio e per una storia che, sorprendentemente, non ha bisogno di molte parole, vivendo di corpi, sguardi, luce, movimenti di macchina e interpretazioni (magnifica Olimpia Melinte). Tuttavia l'autocompiacimento estetico del duo alla regia è palese ed a tratti eccessivo, gli sguardi in macchina (cristiana assunzione su di sè dei peccati del mondo...) appesantiscono e diluiscono oltremodo il ritmo. Maggiore efficacia narrativa si sarebbe raggiunta con una sana sforbiciata di un quarto d'ora e, soprattutto, rinunciando in parte ad assunti estetizzanti che possono disturbare perchè rendono troppo esplicito il lavoro "a tesi".
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Nel desolato (e desolante) panorama cinematografico italiano è bello che ci sia spazio per due registi come i fratelli De Serio e per una storia che, sorprendentemente, non ha bisogno di molte parole, vivendo di corpi, sguardi, luce, movimenti di macchina e interpretazioni (magnifica Olimpia Melinte). Tuttavia l'autocompiacimento estetico del duo alla regia è palese ed a tratti eccessivo, gli sguardi in macchina (cristiana assunzione su di sè dei peccati del mondo...) appesantiscono e diluiscono oltremodo il ritmo. Maggiore efficacia narrativa si sarebbe raggiunta con una sana sforbiciata di un quarto d'ora e, soprattutto, rinunciando in parte ad assunti estetizzanti che possono disturbare perchè rendono troppo esplicito il lavoro "a tesi". Resta comunque un bell'esordio ed incuriosisce da subito la prova dell'opera "seconda": capiremo meglio in quell'occasione se sono veramente nate due stelle...
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