Quando la notte |
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Un film di Cristina Comencini.
Con Claudia Pandolfi, Filippo Timi, Thomas Trabacchi, Denis Fasolo, Michela Cescon.
continua»
Drammatico,
durata 114 min.
- Italia 2011.
- 01 Distribution
uscita venerdì 28 ottobre 2011.
MYMONETRO
Quando la notte
valutazione media:
2,21
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Sommessamente sopra le righedi cavaglliereFeedback: 8 |
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martedì 1 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La narrazione segue un filo logico, d'altro canto il più era stato fatto scrivendo il libro. La colonna sonora enfatizza il ritmo emozionale delle immagini, che creano comunque una forte partecipazione dello spettatore alla vicenda umana dei personaggi. Sin qui tutto bene, il film si lascia apprezzare come prodotto in sé destinato a commuovere, un melodramma moderno, dai toni elegantemente più moderati rispetto all'archetipo classico del genere. Ma lo slancio verso l'alto, nonostante la montagna imperversi simbolicamente per tutto il film, non arriva mai, anzi alcune forzature qua e là fanno addirittura sorridere, quando invece dovremmo restare con il fiato sospeso oppure asciugare gli occhi costretti all'empatia con i protagonisti. Alcuni sguardi tra il lui e la lei sembrano veramente da pessimo film muto, il giochino della vista sfocata del protagonista maschile da saggio finale di un corso di regia per principianti, la metafora della seggiovia scontata come un inseguimento in un film americano. Anziché ascendere, la regia spesso trascende, e con lei l'interpretazione degli attori, tutti comunque bravi, con Filippo Timi una spanna sopra gli altri. Quanto al contenuto, un film disperato che segna un'epoca, certifica quella sensazione di disagio delle donne nell'epoca del post-fennimismo o della pre-emancipazione tout court in una società ancora in bilico tra vecchi e nuovi modelli. L'assenza costante del marito di Marina, la mamma protagonista, in combinato disposto con la devozione di Albert per la moglie Bianca (la scena della suzione sembra fatta apposta per portare all'orgasmo emozionale l'accondiscendente pubblico femminile) banalizzano, esemplificano l'idea portante del film, una presa di distacco dalla maternità della donna del nuovo millennio, stretta tra antiche e nuovissime responsabilità e per ciò stesso disperata. In questo la Comencini non ha certo responsabilità, anzi coglie nel segno, intercettando, da donna, un disagio reale, epocale, che travolge, e sorprende, anche noi uomini. Se le femministe rivendicavano una maternità consapevole e "autonoma" nelle scelte e nella vita di tutti i giorni, un passo avanti al maschio troppo a lungo "dominante", le donne dell'oggi indietreggiano smarrite, travolte forse dal nuovo ruolo che impone loro una società più "moderna" e emancipata, e si voltano di lato per cercare una nuova condivisione, un nuovo sostegno nella maternità, comunque irrinunciabile, da chi si rivendicava un tempo indipendenza. La sovrapposizione dei personaggi e delle storie nel film afferma, in maniera non certamente ellittica o allusiva, che per essere una buona madre occorre necessariamente un padre devoto, attento, vigile, come Albert appunto, perché con un padre assente (totalmente, anche nella narrazione visiva), che si limita solo a una telefonata di rito ogni tanto, si corre il rischio di diventare cattive e addirittura rivolgere la frustrazione contro il proprio stesso figlio. Una banalizzazione che sconcerta ma che lascia anche pensare: il cammino verso una nuova società, di nuove donne e di nuovi uomini, è ancora molto lungo, addirittura più del sentiero che porta Marina al sicuro rifugio di montagna, dove riabbraccerà il figlio Marco e scoprirà la sua maternità, grazie all'amore per un principe azzurro dei nostri tempi e non per il marito, che non c'è e non sa niente di niente. Basterebbe, forse, tornare a pensare le cose per quello che sono? Semplici, come crescere un figlio...
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