Il gatto con gli stivali

Luca Raffaelli

Un'industria seria, come spesso è quella dell'entertainment statunitense, deve stare attenta ad ogni sussulto del pubblico, a ogni sua improvvisa simpatia. Così, quando il Gatto con gli Stivali ha fatto la sua prima apparizione nel secondo Shrek del 2004 (doppiato ottimamente in italiano da Massimo Rossi) gli occhi dei produttori devono aver cominciato a brillare, sognando la gallina dalle uova d'oro. In pochi secondi quel gatto sprizzava simpatia da tutti i peli. Cominciava tagliando la strada a Shrek e Ciuchino da buon criminale, graffiava l'Orco infilandosi sotto i suoi vestiti, faceva numeri da acrobata alla Matrix, interrompeva tutte le sue manfrine per rigurgitare una palla di pelo e infine si faceva amare allargando a dismisura i suoi occhioni verdi in un primo piano memorabile. Un personaggio perfetto. Che piace ai bambini perché come loro conosce il bisogno di affetto e gli espedienti per riuscire ad ottenerlo. In più è un adulto che non può nascondere il suo lato infantile, e questo è sempre divertentissimo. Insomma, verificati i flop del terzo e quarto Shrek quelli della Dreamworks (produttori di altre due serie cinematografiche di successo: Madagascar e Kung Fu Panda) hanno subito pensato allo spin-off. Cioè: hanno preso il Gatto vincente e lo hanno innalzato al ruolo di protagonista (quando si parla di flop si intenda che non tutto è andato bene come si immaginava, perché gli incassi sono comunque impressionanti). Prima si pensava di produrre un film per l'home video, poi il programma è stato rinviato e rivisto. E così eccolo ora sul grande schermo il Gatto con gli Stivali, la cui voce spettacolare anche in Italia (come nei territori di lingua inglese e spagnola) è quella di Antonio Banderas. Il regista del film è Chris Miller, che ha scritto i primi tre Shrek e i primi tre Madagascar, che ha co-diretto il terzo Shrek e (per la Sony) il divertentissimo "Piovono polpette". Affiancano il Gatto in questa avventura (che si svolge prima del suo incontro con Shrek) due altri fuorilegge con cui costituirà una banda destinata a rubare la (vera) gallina dalle uova d'oro: Kitty, una gattina perfino più furba di lui (con cui si esibirà in esilaranti scene di danza) e Humpty Alexander Dumpty, il celebre uovo umanizzato nato nell'Ottocento in una filastrocca inglese, preso in prestito anche da Lewis Carroll nelle avventure di Alice attraverso lo specchio. Humpty era stato compagno del Gatto nell'infanzia trascorsa in un orfanotrofio (umano). Ma se i due gatti sono una coppia perfetta, il personaggio uovo non è un granché. È lui l'ingranaggio debole in un meccanismo che cerca il divertimento attraverso la simpatia e la strizzata d'occhio, il ritmo e lo spettacolo, e che utilizza lo stesso stile grafico di Shrek con il solito montaggio di canzoni di successo (in stile messicano, con la partecipazione del duo chitarristico Rodrigo y Gabriela). Puro intrattenimento, dunque: nessun volo poetico, nessuna ricerca del nuovo in stile Pixar. E se le scene di azione sono divertenti tra idee vecchie e nuove, le situazioni che più rimangono alla mente sono legate alla personalità dei personaggi felini, al Gatto cucciolo che miagola perché finge di non saper parlare, oppure alla sua fulminante entrata in scena a inizio film, quando in un bar pieno di brutti ceffi cerca di fare il duro leccando il latte come fanno i gattini veri. Notazione finale: per la prima volta, nei titoli di coda di un film Dreamworks, appaiono molti animatori indiani. Sono di uno Studio di Bangalore, dove la tecnologia è avanzata e il costo della mano d'opera molto vantaggioso.
Da La Repubblica, 16 dicembre 2011


di Luca Raffaelli, 16 dicembre 2011