Margaret

Il personaggio di Margaret incarna quel difficile passaggio dalla fase adolescenziale a quella di donna più nella condivisione con altri di un dolore scaturito dalla disgrazia, l'incidente fulcro di partenza della storia, piuttosto che nelle sue acerbe e deludenti prime esperienze sessuali ed affettive, cercate anche come fuga di coscienza. La casualità della disgrazia non è vissuta dalla protagonista come tale bensì col senso di colpa di esserne stata una corresponsabile assieme all'autista del bus, se pure involontariamente. Ma da qui inizia un percorso ineludibile per la ragazza che la condurrà verso una responsabilità sempre più adulta e soprattutto la restituirà a se stessa sana e coerente nel superamento della chiusura provocatale da quel dolore. Questo dolore nello stesso tempo la renderà partecipe sempre più di quello altrui, degli altrui problemi malgrado situazioni a volte conflittuali. Come in Babel e altri film di Iñárritu, anhe in questo ottimo film di Lonergan(se pur tormentato da vicissitudini produttive), la casualità degli eventi s'intreccia con le storie personali dei protagonisti che, persa la propria identità per via d'improvvise o più datate sofferenze, la ritrovano poi in un abbraccio liberatorio col famigliare a loro più vicino, attraverso una accresciuta partecipazione e consapevolezza di sé e dell'altro. Il superamento della propria individualità e della propria solitudine nell'accettazione della propria e altrui umanità, nelle sue elementari o sofisticate espressioni, conduce la protagonista pure ad una visione sempre più consapevole dei meandri psicologici, culturali ed affettivi della società di cui fa parte, nella crescita di un'autostima e di un'autodeterminazione sempre più cosciente e coerente. Emblematico il cameo della disputa shakespiriana tra l'arguto alunno che esprime con splendida lucidità una sua anticonformistica interpretazione totalmente opposta a quella dottrinale del professore, che non capisce o si rifiuta di capire ciò che lo porrebbe in contraddizione con se stesso e la sua superata cultura retrograda, mentre Margaret assiste compiaciuta. Così nell'abbraccio finale tra Margaret e sua madre, come in Babel nell'abbraccio finale della figlia giapponese sordomuta col padre, c'è il ritrovamento dell'amore e dell'affetto profondo, di quel mutuo scambio di partecipazione e conforto contro le miserie e le vicissitudini che fanno parte della nostra pur bellissima vita.