Inizialmente un’atmosfera concitata,rapida: una Maserati lanciata a folle velocità su una strada semi-deserta in piena notte con a bordo “una strana coppia”. Un signore di mezza età,emaciato,apparentemente in crisi di astinenza,è seduto a lato del conducente, un esagitato afroamericano, nervoso,teso e incurante del pericolo. Vengono fermati dalla polizia ma lasciati andare poco dopo per le evidenti condizioni di salute dell’uomo di cui, scopriamo istantaneamente, la sua natura diversamente abile e la necessità di assistenza fornitagli dal badante senegalese. Pochi fotogrammi dopo, ci accorgiamo che è tutto un bluff: Philippe, questo il nome del miliardario paralizzato sta benone e ben diversa è la meta “tacitamente concordata”.
Il prologo non convince, sembra quasi irriverente e fuori luogo eppure è anticipatore del leit-motiv della pellicola, campione di incassi e rivelazione francese dell’ultimo anno. Quasi amici, questo il titolo, è incentrato sulla forza indissolubile dell’amicizia tra due categorie dalle antitetiche personalità e caratteristiche psico-fisiche: miliardario tetraplegico bianco l’uno, disoccupato stravagante e traffichino l’altro. Quasi amici non è pero’ un un buddy-movie, una commedia cioè sulla convivenza forzata di una strana coppia ma un film di forte impatto sociale e profondamente riflessivo per la delicatezza delle tematiche affrontate quali il dramma della solitudine di persone diversamente abili all’interno di un ambiente fortemente borghese.
Con una lunga analessi che occupa buona parte della pellicola, i due registi Olivier Nakache e Éric Toledano, descrivono il complicato rapporto tra due “personaggi” entrambi scottati dalla vita: uno segnato da un terribile incidente a seguito del quale è rimasto paralizzato e ha perso la moglie,l’altro Yabdel, dal triste passato di immigrato senegalese . Il rapporto tra i due non segue una precisa logica ma alterna momewnti di duro scontro ad altri di pacata riconciliazione: il miliardario scorbutico,solo e conformista, trova attraverso “l’elemento di disturbo” la forza di reagire e lottare nonostante le sue tragiche condizioni. Acquista coraggio e fiducia nelle sue capacità tanto da spingersi oltre il semplice rapporto epistolare con una giovane ragazza di cui è innamorato, da farsi rispettare dall’insolente figlia, di aiutare ed essere aiutati nel periglioso cammino della vita.
L’ossimoro che permea Quasi amici , basato su una storia vera, contribuisce a evidenziare le debolezze dei due protagonisti grazie a una precisa caratterizzazione (fortunatamente ben trasmessa dal doppiaggio italiano della coppia Maggi/Mori): Philippe è inabile ma intellettualmente attivo pur se socialmente incapace in quanto “intrappolato” nel suo mondo ovattato, Yabdel, al contrario, è una bomba di “mobilità”,apparentemente forte e sicuro di sé ma fragile interiormente senza una precisa collocazione e direzione entro cui collocare la sua vita; non ha ambizioni se non accedere al sussidio di disoccupazione, suo unico mezzo di sostentamento. L’incontro/scontro/rappacificazione è una bella lezione di vita, un’esplosione di sincerità e di speranza sul significato della ricchezza che è nulla senza la condivisione e le emozioni di cui è portatrice. Molto ben riuscita e apprezzata in questo senso è la seconda parte che evita i facili pietismi (paradigmatica è la lunga sequenza in volo sul deltaplano sullo sfondo delle montagne rocciose) e si interroga sul senso della vita con un’ironia che non cede alle tentazioni del cinismo.
Già..l’ironia, qui intesa quasi come motore dell’esistenza e propulsore di ogni scelta. Che sia questa la chiave di volta della vita? I due registi ne sono sicuri e noi con loro.
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