chissima
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domenica 12 febbraio 2012
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difficile da dimenticare
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Certo l'intensità della recitazione di Glenn Close è fondamentale, ma la regia, la storia, la ricostruzione delle atmosfere, tutto mi sembra faccia di questo film un film indimenticabile, e come tale non posso non definirlo un capolavoro. Perfino personaggi caricaturati come la padrona della pensione o il vecchio cameriere, appaiono al loro posto, come gouaches delicate e significative. Lo stesso mi pare si possa dire della corsa sulla spiaggia di Albert che potrebbe cadere nel trito e ritrito, ma che invece è particolarissima, come Albert e Hubert "tra-vestiti" da donna sono un capolavoro di recitazione che mi ha ricordato certe immagini di Charlie Chaplin. E se qualcuno dice che Hubert-Janet Mc Teer non è credibile, evidentemente non ha mai visto certe donne atlantiche che alla forza morale uniscono di pari quella fisica.
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Certo l'intensità della recitazione di Glenn Close è fondamentale, ma la regia, la storia, la ricostruzione delle atmosfere, tutto mi sembra faccia di questo film un film indimenticabile, e come tale non posso non definirlo un capolavoro. Perfino personaggi caricaturati come la padrona della pensione o il vecchio cameriere, appaiono al loro posto, come gouaches delicate e significative. Lo stesso mi pare si possa dire della corsa sulla spiaggia di Albert che potrebbe cadere nel trito e ritrito, ma che invece è particolarissima, come Albert e Hubert "tra-vestiti" da donna sono un capolavoro di recitazione che mi ha ricordato certe immagini di Charlie Chaplin. E se qualcuno dice che Hubert-Janet Mc Teer non è credibile, evidentemente non ha mai visto certe donne atlantiche che alla forza morale uniscono di pari quella fisica. Albert Nobbs rappresenta ancor più la determinazione e la capacità delle donne di vincere attraverso la pazienza, la perseveranza, la ricerca costante di Sè, l'affermazione del proprio diritto di esserci nel mondo in una società ieri come oggi dominata dalla forza virile e, in seconda istanza, da certa femminilità soggetta e sdolcinata. Albert vince nel momento che persegue il suo sogno giorno dopo giorno rendendolo realtà: non un sogno di potere, un sogno di amore. Per difendere il suo amore muore con la grazia dei santi. Che importa se i suoi soldi saranno defraudati dalla Signora Baker. Quel che ha seminato Albert Nobbs è la forza della vita.
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osteriacinematografo
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martedì 14 febbraio 2012
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donne costrette in maschere d'uomo
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Il film è ambientato a Dublino nel diciannovesimo secolo. Albert Nobbs lavora come cameriere presso il Morrison’s Hotel di Dublino. Egli svolge le proprie mansioni in modo impeccabile e ineccepibile, e la forma meccanica, incessante, disumanizzata dei suoi movimenti accompagna ogni suo minimo gesto, ogni recondita palpitazione, anche nell’immobile e statuaria supervisione della sala da pranzo in cui il corpo rigido e le espressioni ingessate assumono rilievi ossessivi e inquietanti.
Albert Nobbs in realtà è una donna soffocata da un atroce corpetto e da lineamenti del viso rudi e profondamente segnati; quella donna che vive protetta dietro una maschera da uomo osserva con attenzione e impassibile freddezza i dissoluti benestanti che si avvicendano nei locali dell’hotel; sembra un elemento estraneo persino a se stessa, tale è il distacco che crea prima fra la donna che è e l’uomo che interpreta, e poi fra l’irreprensibile cameriere e l’alta società che gli sfila innanzi; ad Albert interessa soltanto risparmiare avidamente i propri guadagni, nella speranza di accumulare la somma necessaria per aprire una piccola rivendita di tabacchi e dolciumi.
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Il film è ambientato a Dublino nel diciannovesimo secolo. Albert Nobbs lavora come cameriere presso il Morrison’s Hotel di Dublino. Egli svolge le proprie mansioni in modo impeccabile e ineccepibile, e la forma meccanica, incessante, disumanizzata dei suoi movimenti accompagna ogni suo minimo gesto, ogni recondita palpitazione, anche nell’immobile e statuaria supervisione della sala da pranzo in cui il corpo rigido e le espressioni ingessate assumono rilievi ossessivi e inquietanti.
Albert Nobbs in realtà è una donna soffocata da un atroce corpetto e da lineamenti del viso rudi e profondamente segnati; quella donna che vive protetta dietro una maschera da uomo osserva con attenzione e impassibile freddezza i dissoluti benestanti che si avvicendano nei locali dell’hotel; sembra un elemento estraneo persino a se stessa, tale è il distacco che crea prima fra la donna che è e l’uomo che interpreta, e poi fra l’irreprensibile cameriere e l’alta società che gli sfila innanzi; ad Albert interessa soltanto risparmiare avidamente i propri guadagni, nella speranza di accumulare la somma necessaria per aprire una piccola rivendita di tabacchi e dolciumi.
L’elemento sismico del film ha il volto di Hubert Page, l’imbianchino che deve occuparsi di ridipingere alcuni ambienti dell’hotel della Duchessa Baker; Hubert è costretto a dormire nello stesso letto di Nobbs per una notte, e ne carpisce il segreto: ciò che sembra inizialmente un dramma per Albert muta ben presto in una sorta di riscatto sociale, di rito liberatorio, nella nuova prospettiva di una vita che non aveva ipotizzato e di interrogativi che non si era mai posta, e persino nella possibilità di dedicare una giornata ad esplodere quella femminilità sopita e repressa nel dolore.
Il film –che pare ambientato in un romanzo di Dickens- narra la storia di una ragazza costretta a diventare uomo per non subire la violenza di un’epoca che considerava le donne sole una preda di cui poter abusare senza restrizioni fisiche o pregiudizi morali di sorta.
Tratto dal racconto omonimo di George Moore, il film di Rodrigo Garcia si avvale di un gruppo di attori eccezionali: Glenn Close fornisce una performance d’alto livello, perfezionando un personaggio già interpretato a teatro e sfruttando ogni piega espressiva del viso, ogni movenza corporea per immedesimarsi nell’intima e ambigua essenza di Nobbs; Janet McTeer non le è da meno, grazie ad uno sguardo liquido e penetrante che riempie ogni singolo fotogramma in cui muove la sua imponente figura. Il film si sviluppa e cresce d’intensità seguendo uno stile narrativo misurato e preciso, e la vita di Nobbs e dell’hotel si arricchiscono di dettagli in modo curato e armonioso col passare dei minuti; ma la storia si smarrisce nella seconda parte, come se al regista sfuggisse di mano progressivamente: le varie relazioni sentimentali in atto e l’amore confuso e mal direzionato di Nobbs vengono enfatizzati in modo eccessivo, ammutinando così il fascino di un film che seduce e infine tradisce lo spettatore. Peccato.
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renato volpone
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lunedì 13 febbraio 2012
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non resta che sognare
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Albert nobbs è una donna che per sopravvivere alla violenza famigliare si veste da uomo e lavora come cameriere per tanti anni senza che nessuno se ne accorga. Il film racconta del diverso che si nasconde in una società pettegola e moralista, ma lei non è sola e incontra altri come lei, altri che per essere liberi devono ricorrere a coperture e vite parallele fatte di porte comunicanti o chiuse a chiave. E poi ci si perde, si dimentica, e Albert il vero nome non lo ricorda neanche più. Non ricorda più il vezzo di un abito femminile, di una corsa libera, ma sogna, sogna di un futuro migliore, di un affetto, di un negozio tutto suo. Il film racconta, anche se con toni troppo puliti e edulcorati, la disperazione della povera gente, la superbia dei ricchi e dei potenti, ma racconta anche dell'animo femminile della sua delicatezza e della sua capacita di saper amare.
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Albert nobbs è una donna che per sopravvivere alla violenza famigliare si veste da uomo e lavora come cameriere per tanti anni senza che nessuno se ne accorga. Il film racconta del diverso che si nasconde in una società pettegola e moralista, ma lei non è sola e incontra altri come lei, altri che per essere liberi devono ricorrere a coperture e vite parallele fatte di porte comunicanti o chiuse a chiave. E poi ci si perde, si dimentica, e Albert il vero nome non lo ricorda neanche più. Non ricorda più il vezzo di un abito femminile, di una corsa libera, ma sogna, sogna di un futuro migliore, di un affetto, di un negozio tutto suo. Il film racconta, anche se con toni troppo puliti e edulcorati, la disperazione della povera gente, la superbia dei ricchi e dei potenti, ma racconta anche dell'animo femminile della sua delicatezza e della sua capacita di saper amare. Ottima l'ambientazione, le musiche e la fotografia, i personaggi tendono a non farsi amare perché distanti, un po' cattivi, e forse perché rappresentano la parte di noi che vogliamo nascondere dietro l'etichetta del formalismo e del perbenismo. Lento, ma inesorabile.
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paolo bisi
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martedì 14 febbraio 2012
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un film non all'altezza di una grandissima close
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Albert Nobbs è uno dei migliori camerieri in un albergo di Dublino. Da anni si dedica completamente al lavoro e a soddisfare la padrona, è rispettato e apprezzato da tutti, ma dentro di se tiene un terribile segreto: è una donna. Personaggio già interpretato dalla stessa Glenn Close a teatro tre decenni fa, appare qui nel film di Rodrigo Garcia per la prima volta sul grande schermo. Il soggetto è di grande interesse, una trama drammatica sullo sfondo quanto mai realistico dell'Irlanda del XIX secolo. Glenn Close, già forte dell'esperienza teatrale, riesce in un'interpretazione indimenticabile grazie anche a un trucco fantastico. Tuttavia la grande voglia della protagonista (Glenn Close è anche produttrice del film) di portare sul grande schermo questo personaggio viene piano piano spenta nella seconda parte, decisamente non all'altezza della prima, dove emerge una sceneggiatura alquanto scadente.
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Albert Nobbs è uno dei migliori camerieri in un albergo di Dublino. Da anni si dedica completamente al lavoro e a soddisfare la padrona, è rispettato e apprezzato da tutti, ma dentro di se tiene un terribile segreto: è una donna. Personaggio già interpretato dalla stessa Glenn Close a teatro tre decenni fa, appare qui nel film di Rodrigo Garcia per la prima volta sul grande schermo. Il soggetto è di grande interesse, una trama drammatica sullo sfondo quanto mai realistico dell'Irlanda del XIX secolo. Glenn Close, già forte dell'esperienza teatrale, riesce in un'interpretazione indimenticabile grazie anche a un trucco fantastico. Tuttavia la grande voglia della protagonista (Glenn Close è anche produttrice del film) di portare sul grande schermo questo personaggio viene piano piano spenta nella seconda parte, decisamente non all'altezza della prima, dove emerge una sceneggiatura alquanto scadente. La Close, nonostante faccia il massimo e forse anche di più, non riesce a raddrizzare gli altri attori, apparsi a un livello decisamente non sufficiente (fatta eccezione forse per l'esperto Brendan Gleeson). Decisamenti troppi gli interrogativi sul finale, assolutamente frettoloso e mal condotto anche dal regista. Insomma un pò una delusione, escludendo una grande Glenn Close, questo film che doveva riuscire a commuovere il pubblico e forse anche i membri dell'Academy in chiave Oscar.
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stefania66
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lunedì 14 gennaio 2013
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trasformismo delicato
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Storia molto toccante e delicata con un finale veramente straziante. Grande interpretazione di Glenn Close. Il suo personaggio fa "muovere dentro" qualcosa quando si vede la sensibilità e la voglia di riscatto di una persona ferita dalla vita. E che dalla vita non avrà niente.
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zoom e controzoom
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martedì 28 febbraio 2012
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un buon soggetto con troppe situazioni scontate
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Presentato con un ottimo trailer che incuriosisce, il film con Glenn Close, non regge fino in fondo l’inevitabile confronto registico e di sceneggiatura con il superbo “Quel che resta del giorno”.
Ammirevole interpretazione dell’attrice principale, ma intrigante quella di Aaron Johnson/Joe che è il secondo “travestito” della storia, non per necessità, bensì per vocazione. E qui il primo punto debole: non appare ben chiaro se l’essere maschio per Albert, corrisponde poi ad un reale scoprire e sentirsi uomo, tanto da sembrargli naturalmente superabile l’idea, il progetto di sposare una donna. Non è ben chiarita questa personalità che ha tanta caparbia costanza e capacità di mostrarsi come uomo, quando poi sembra ignorare le difficoltà alle quali va incontro proponendosi, lei donna in età, come marito ad una giovane donna innamorata di un vero uomo.
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Presentato con un ottimo trailer che incuriosisce, il film con Glenn Close, non regge fino in fondo l’inevitabile confronto registico e di sceneggiatura con il superbo “Quel che resta del giorno”.
Ammirevole interpretazione dell’attrice principale, ma intrigante quella di Aaron Johnson/Joe che è il secondo “travestito” della storia, non per necessità, bensì per vocazione. E qui il primo punto debole: non appare ben chiaro se l’essere maschio per Albert, corrisponde poi ad un reale scoprire e sentirsi uomo, tanto da sembrargli naturalmente superabile l’idea, il progetto di sposare una donna. Non è ben chiarita questa personalità che ha tanta caparbia costanza e capacità di mostrarsi come uomo, quando poi sembra ignorare le difficoltà alle quali va incontro proponendosi, lei donna in età, come marito ad una giovane donna innamorata di un vero uomo. Nella dicotomia del personaggio c’è uno scarto non sufficientemente spiegato da un processo logico, tra la Albert che sceglie con acutezza di travestirsi per la vita da uomo e l’Albert che è convinto di poter sposare indennemente un essere del suo stesso sesso in modo e per ragioni diverse dal Joe uomo/donna, ma tale perché è una scelta di amore tra donne. Questo tema appare in una ulteriore lettura, ma fa parte integrante della struttura ed è stato perfettamente contenuto e svolto.
Secondo punto debole troppe le situazioni prevedibili, come la stessa duplicità di sesso di Joe, il restare incinta di Helen, i personaggi che frequentano l’hotel, la duchessa becera come una maitresse e che poi troverà il denaro di Albert, il dottore godereccio che può fare una sana morale e via dicendo.
La prima parte del film, è molto lenta, ma corrisponde al procedere nel mondo ovattato di Albert che si è privato di tutto tranne un sogno da realizzare; molto valide le inquadrature ben impostate e calibrate su questa lentezza che esclude il resto del mondo .
La seconda parte, vivacizza la situazione con un ritmo più scandito dagli eventi. Qui il mondo di Albert si sfrangia in una sceneggiatura a volte inutilmente irreale come la neve che senza senso cade in modo surreale come giungesse da un’altra storia, mentre la gradevolezza della scena dei panni stesi voluttuosamente mossi dal vento ed Helen che cerca il suo uomo, è sì, un classico realmente déjà vu, ma è accettabilissima perché riesce ad essere fresca e logicamente inserita nel contesto.
Ultimo appunto: Glen pur essendo molto brava, non ha la gelida raffinatezza del maggiordomo Hopkins, ha una rigidità che corrisponde a quella che si è imposta nei confronti di se stessa per affrontare il mondo, e questo può far intuire la sua precaria stabilità che comprime una reale fragilità che la espone allo spaccarsi in mille pezzi, ma l’interpretazione a momenti è al limite con il caricaturale anche se non lo oltrepassa mai, ma si nota.
Molto bella la scena delle due..”uomo/donna”, finalmente vestite al femminile, mentre camminano in riva al mare : brutte, goffe e credibili finchè non c’è la ricaduta nello scontato con quella corsa che logicamente termina con un inciampo, perdita di cappello e relativa caduta. E’ un film con una bella occasione sprecata.
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olgadik
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mercoledì 22 febbraio 2012
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più complesso di quanto non sembri
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Questo film, in apparenza semplice, un po’ melodramma un po’ piccolo quadro d’ambiente e di classe, mostra a una riflessione approfondita di avere molte interfacce che lo rendono, in realtà, un prodotto complesso. Tale fascino sottile lo sottrae a momenti noiosi e a una sceneggiatura spesso non efficace nel far capire allo spettatore cosa c’è in gioco. Proviamo perciò a vedere le altre facce della situazione, oltre a quella bianca e nera sintetizzabili con poco. Una donna nell’800 in Irlanda (tra vittorianesimo inglese e cattolicesimo irlandese) si traveste da uomo, camuffa la sua identità per trovare un lavoro che le consenta di avere una dignità sociale e sfuggire alla strada o alla miseria totale, sbocchi obbligati se mantenesse aspetto e veste femminili.
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Questo film, in apparenza semplice, un po’ melodramma un po’ piccolo quadro d’ambiente e di classe, mostra a una riflessione approfondita di avere molte interfacce che lo rendono, in realtà, un prodotto complesso. Tale fascino sottile lo sottrae a momenti noiosi e a una sceneggiatura spesso non efficace nel far capire allo spettatore cosa c’è in gioco. Proviamo perciò a vedere le altre facce della situazione, oltre a quella bianca e nera sintetizzabili con poco. Una donna nell’800 in Irlanda (tra vittorianesimo inglese e cattolicesimo irlandese) si traveste da uomo, camuffa la sua identità per trovare un lavoro che le consenta di avere una dignità sociale e sfuggire alla strada o alla miseria totale, sbocchi obbligati se mantenesse aspetto e veste femminili. Dunque una donna, il bianco, che si finge uomo, il nero. Già questo fatto si tirerebbe dietro varie questioni: la necessità di perfezionare la maschera in ogni modo per non venire scoperta, il vivere in perenne angoscia di esserlo, il negarsi ai piaceri della vita per un’esistenza di solo lavoro, il coltivare come unica passione quella di mettere soldi da parte per un avanzamento di status abbastanza improbabile. E il film racconterebbe tutto ciò. Ma non basta; veniamo perciò alle altre implicazioni. Cosa succede se qualcuno scopre, come avviene nel racconto, chi è davvero Albert Nobbs, l’inappuntabile maggiordomo, tanto più se a fare la scoperta è un’altra donna che ha scelto il suo stesso espediente fingendosi imbianchino? E cosa comporta che questa viva in una coppia matrimoniale ”normale” con una bella donnina in una bella casetta piccolo-borghese? Ecco che la finta, gelida calma di Albert comincia a sgretolarsi. Chi è davvero lei e a cosa aspira? Il film non fornisce a riguardo elementi certi e lo spettatore può fare perlomeno due ipotesi. A furia di portare la maschera maschile Albert è diventato davvero un quasi-uomo, cedendo gran parte del suo essere femminile al ruolo. E’ quindi pronto a innamorarsi di una giovane cameriera con cui comincia a immaginare di vivere, come la sua amica-amico imbianchino. L’altra ipotesi è che l’incontro con la coppia in realtà lesbica, liberi senza più controllo il versante donna di Albert, mettendolo in una situazione di scontro con le convenzioni e i valori religiosi del periodo. Non potendo vivere un rapporto libero che le consentisse di dichiarare a se stessa una latente omosessualità, Albert diventa due volte prigioniero. A quelli sociali si aggiungono problemi di autoaccettazione che portano a un esito drammatico (anche troppo nelle modalità) che mostra cosa davvero si agita sotto la strettoia del busto. Esso cela, copre, o modifica la propria sessualità e le proprie pulsioni profonde. Non sempre il film è all’altezza di tutto ciò, ma certo lo è la bravura di Glenn Close che, ispirandosi a Charlot e alla sua gestualità, dà vita a un irreprensibile, raggelato ma sensibilissimo maggiordomo. Del resto questa interpretazione l’attrice l’ha inseguita per quasi trenta anni, dopo aver già recitato a teatro il testo da cui il film è tratto. Per questa fedeltà inossidabile al suo desiderio (certamente femminile) penso che la ex-marchesa de Le Relazioni Pericolose un premio lo meriti davvero.
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quieromirar
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domenica 25 marzo 2012
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il sogno e la sconfitta
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La pellicola di Rodrigo Garcia esprime fin dalle primissime inquadrature il nucleo narrativo che muoverà l’intera vicenda. Una mano paziente accende un lume, un cameriere cura l’illuminazione del corridoio e infine la luce si spande sul volto di Glenn Close. In quel gesto ripetuto mille volte c’è la tenace determinazione di tenere acceso un sogno che alla fine renda riconoscibile chi l’ha sognato. Albert Nobbs non vuole più essere uno dei tanti, ma un nome che rifletta un’individualità; lo fa lavorando sottotraccia, nascondendo il desiderio di serenità borghese dietro la più anonima delle esistenze, e ciò giustifica la rigidità della maschera della protagonista.
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La pellicola di Rodrigo Garcia esprime fin dalle primissime inquadrature il nucleo narrativo che muoverà l’intera vicenda. Una mano paziente accende un lume, un cameriere cura l’illuminazione del corridoio e infine la luce si spande sul volto di Glenn Close. In quel gesto ripetuto mille volte c’è la tenace determinazione di tenere acceso un sogno che alla fine renda riconoscibile chi l’ha sognato. Albert Nobbs non vuole più essere uno dei tanti, ma un nome che rifletta un’individualità; lo fa lavorando sottotraccia, nascondendo il desiderio di serenità borghese dietro la più anonima delle esistenze, e ciò giustifica la rigidità della maschera della protagonista. L’accusa mossa al film di non prendere mai davvero il volo nasce dalla tensione –puntualmente inappagata- di raggiungere la meta, dall’ostinazione quasi malata del personaggio di vedersi realizzato/a che si scontra con ostacoli sempre maggiori. Il sogno è talmente vitale da essere preferito sempre alla realtà (“Qual è il vostro nome?” “Albert” “Il vostro vero nome!” “Albert!”), come mostra anche la scena in cui la Close e Janet Mc Teer si spingono verso la spiaggia vestite da donna. S’intrecciano molte cause dietro quella scelta: un omaggio a chi non c’è più, un immedesimarsi nell’esistenza che avrebbero potuto avere, il bisogno di rompere le regole di un mondo ingrato, proponendosi, anche solo per pochi istanti, come le persone che non sono riuscite a diventare per la sopraffazione degli altri. Non si dimentichi che tutte le figure chiave della storia hanno un passato di violenza e la corsa gioiosa verso il mare –dove, non a caso, l’interprete principale cade) allude al bisogno di essere finalmente solo se stessi. Il regista preferisce sottolineare le atmosfere in modo facilmente leggibile: il bimbo che fissa lo sguardo su Hubert si riallaccia al suo ruolo di testimone inaspettato, alla foto della madre di Albert fa eco il vagito del bimbo della cameriera, come a significare che è possibile a un altro quell’inizio negato all’amoroso custode dell’immagine. In questo racconto di sconfitte il finale non è consolatorio come si potrebbe credere: la solidarietà e l’amore possono manifestarsi solo nelle forme del tutto estranee a una società crudele. Le lenzuolo di bucato nascondono la scena; sotto vere menzogne palpiteranno nuove vite.
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filippo catani
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lunedì 2 luglio 2012
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una bella storia
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Irlanda di fine '800. Una donna, segnata da un tragico passato, si finge uomo fin da quando ha quattordici anni per poter lavorare in un importante albergo. La donna sta pazientemente mettendo via i risparmi di una vita per potersi comprare un negozio da adibire a tabaccheria. L'incontro con un'altra donna che si finge uomo per poter lavorare come imbianchina smuoverà in lei qualcosa di speciale che la porterà ad avere attenzioni per una giovane cameriera.
Il film è davvero delicato e affronta con garbo una serie di tematiche non facilissime. Intanto ci viene mostrata la grande povertà che affliggeva l'Irlanda e per sfuggire dalle sue grinfie le persone erano pronte a tutto anche a rinunciare alla propria identità.
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Irlanda di fine '800. Una donna, segnata da un tragico passato, si finge uomo fin da quando ha quattordici anni per poter lavorare in un importante albergo. La donna sta pazientemente mettendo via i risparmi di una vita per potersi comprare un negozio da adibire a tabaccheria. L'incontro con un'altra donna che si finge uomo per poter lavorare come imbianchina smuoverà in lei qualcosa di speciale che la porterà ad avere attenzioni per una giovane cameriera.
Il film è davvero delicato e affronta con garbo una serie di tematiche non facilissime. Intanto ci viene mostrata la grande povertà che affliggeva l'Irlanda e per sfuggire dalle sue grinfie le persone erano pronte a tutto anche a rinunciare alla propria identità. E poi c'è Albert Nobbs (una intensa e bravissima Glenn Close) che vive in mezzo agli altri camerieri e cameriere e gli ospiti dell'albergo (su tutti il cameriere con la passione per il bere e un medico anticonformista) nascondendo a tutti il proprio segreto. E poi ovviamente c'era chi vivewva di espedienti ed era pronto a tutto pur di racimolare soldi per partire verso la terra promessa che aveva un unico nome: America. Ed è così che uno scaltro ragazzo cercherà di usare la ragazza che frequenta e di cui Albert è invaghito per spillargli soldi per il viaggio infischiandosene di qualsiasi sentimento. Insomma un film tutt'altro che banale capace di affrontare di petto una serie di aspetti e che ci regala una scena meravigliosa che fa salire le lacrime agli occhi quando Albert finalmente dopo anni torna a vestirsi da donna e corre sulla spiaggia. Davvero pregevole.
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luca scialo
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domenica 12 aprile 2020
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il trasformismo di glenn close al servizio di una storia incredibile
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Rodrigo Garcìa traspone l'omonimo racconto bene di George Moore ambientato nell'Irlanda di fine '800. Dove, come in tante altre parti del Mondo, la società era divisa in signori schiavisti e di lavoratori schiavi. Dove l'America era il sogno per cambiare radicalmente la propria vita e Dublino era l'epicentro del Paese. In questo contesto e nella capitale irlandese, vive Albert Nobbs, cameriere dagli atteggiamenti aggraziati e femminili. Il cui curriculum prestigioso lo porta a lavorare in un alberto lussuoso. Più che sembrare una donna, in realtà lo è. Costretta com'è a mentire per sopravvivere, dopo le vicissidutini vissute in età adolescenziale. La sua grama vita prende però una svolta quando presso l'albergo arriva un imbianchino, che scopre la sua verità.
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Rodrigo Garcìa traspone l'omonimo racconto bene di George Moore ambientato nell'Irlanda di fine '800. Dove, come in tante altre parti del Mondo, la società era divisa in signori schiavisti e di lavoratori schiavi. Dove l'America era il sogno per cambiare radicalmente la propria vita e Dublino era l'epicentro del Paese. In questo contesto e nella capitale irlandese, vive Albert Nobbs, cameriere dagli atteggiamenti aggraziati e femminili. Il cui curriculum prestigioso lo porta a lavorare in un alberto lussuoso. Più che sembrare una donna, in realtà lo è. Costretta com'è a mentire per sopravvivere, dopo le vicissidutini vissute in età adolescenziale. La sua grama vita prende però una svolta quando presso l'albergo arriva un imbianchino, che scopre la sua verità. Ma rivela anche la sua: anch'egli è una donna, che si finge uomo per lo stesso scopo. Con l'aggiunta di essere perfino sposata con una donna, che ha accettato la sua verità. Per Nobbs si apre così un mondo e nuove speranze di una vita diversa. E vede in una giovane cameriera che lavora presso l'albergo, la possibilità di fare lo stesso. Tuttavia, la vita conferma di non essere per lei per nulla facile. Come prima di lei grandi attori come Dustin Hoffman e Robin Williams si sono trasformati in donne, per dare vita a commedie dal sapore divertente nella loro drammaticità, così Glenn Close fa il percorso opposto. Per lo stesso scopo. In realtà, aveva già vestito magistralmente i panni di Albert Nobbs a teatro trent'anni prima, e in questa pellicola figura anche come co-sceneggiatrice. Pellicola drammatica ma al contempo gradevole, con scene che lasciano il segno. Del resto, il regista colombiano ha dato più volta prova della sua bravura.
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