The Way Back |
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Un film di Peter Weir.
Con Dragos Bucur, Colin Farrell, Ed Harris, Alexandru Potocean.
continua»
Drammatico,
durata 133 min.
- USA 2010.
- 01 Distribution
uscita venerdì 6 luglio 2012.
MYMONETRO
The Way Back
valutazione media:
3,14
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Evasi per caso
di Roberto Nepoti La Repubblica
Nel 1941, alla fine dell’inverno, sette uomini si incamminano verso l’Himalaya e l’India. La circostanza non avrebbe rilevanza se quegli uomini, senza cibo e malamente vestiti, non partissero dalla Siberia. Evasi da un gulag, li guida il tenente polacco Slawomir Rawicz, lo stesso che quindici anni più tardi ne descrive la traversata dell’Asia in un best-seller pubblicato in Gran Bretagna. Per la verità, già alla presentazione del libro un gruppo di polacchi ne nega l’attendibilità, a cominciare dalla pretesa dell’autore d’essere stato un ufficiale di cavalleria. Si dice però che quello se la cavi accusandoli d’essere comunisti e agenti del regime sovietico. Poi, mezzo secolo più tardi, in un suo programma la Bbc avanza il sospetto che l’eroico camminatore autentico sia un altro polacco, Witold Glinski. Insomma, il fatto e i suoi protagonisti sono incerti, e però al racconto di Rawicz si ispira“The Way Back” (Usa, 2010, 133’). Stando dunque al film di Peter Weir e del cosceneggiatore Keith R.Clarke, il giovane tenente Janusz (Jim Sturgess) e sei compagni maleassortiti – ma tutti in grado di esprimersi in un inglese fluente – beffano le guardie di un gulag e i loro cani, e poi sfidano i carcerieri più crudeli: il clima della Siberia e la vastità dell’Asia. Nel gruppo ci sono anche un russo e un americano. Il primo, Valka (Colin Farrell), è un assassino inveterato, per di più comunista. Quanto al secondo (Ed Harris), si fa chiamare Smith di cognome e Mr. di nome. Non è molto, ma basta a giustificarne (si fa per dire) un dissidio interiore ostentato fin dalle prime sequenze. Ai sette s’aggiunge poi Irena (Saoirse Ronan), una giovanissima polacca la cui unica funzione narrativa palese è suscitare, o meglio resuscitare negli altri un senso di solidarietà umana messo a dura prova dalla neve siberiana, dalle zanzare del lago Bajkal e dal sole cocente del Gobi. Per più di due ore Weir segue i fuggiaschi nelle loro peripezie, e intanto cattura immagini che farebbero la felicità di qualunque fotoamatore condotto per le nevi e i deserti dell’Asia da un’accorta agenzia di viaggio. Quel che tralascia è dare un senso al racconto: un senso che non sia solo turistico. Questo è il disastro di “The Way Back”: non di raccontare una storia più o meno attendibile, ma di avere smarrito ogni traccia della poetica dell’antico autore di “Picnic ad Hanging Rock” (1975), “Gli anni spezzati” (1981), “Mosquito Coast” (1986), “The Truman Show” (1998) e “Master and Commander” (2003).
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