The Way Back, ovvero come la mano di un grande artista può raccontare una storia epica e senza tempo.
1939. Nella Polonia invasa dai nazisti, Janusz (un giovane ufficiale polacco) viene condannato per spionaggio, in base alle accuse della moglie, costretta con la violenza a testimoniare contro di lui. Con questo fardello terribile nell'anima, senza un processo, viene spedito senza complimenti nell'inferno dei gulag siberiani, dove il suo destino si incontrerà con quello degli altri dissidenti, l'americano Mr. Smith (un Ed Harris semplicemente strepitoso), l'attore russo Khabarov, il criminale ladro e assassino Valka (bravissimo Colin Farrell), il prete Voss e il cuoco artista Tomasz. Da questo incontro, nasce un piano di fuga apparentemente disperato, che i protagonisti metteranno in pratica in una gelida notte di tempesta: scappare dal campo attraversando a piedi tutta la Siberia, verso la Transiberiana e la Mongolia, per poi dirigersi in Tibet, attraversando la Cina, e di li fino in India.
Un viaggio epico, all'apparenza impossibile, attraverso montagne, steppe, deserti, fiumi e ghiacciai, tempeste di sabbia e bufere di neve, la furia degli elementi e le privazioni della marcia, la fame, la sete, la devastante stanchezza e la mancanza di sonno per la fuga estenuante, che saranno solo alcune delle terribili prove che gli uomini dovranno affrontare, nella disperata e tormentata fuga dai loro carcerieri, quanto dai loro demoni interiori.
Infatti, grazie all'incontro lungo la strada con una giovane donna (fuggiasca anche lei dagli orrori del comunismo), ognuno dei protagonisti farà emergere cenni della sua storia personale e confessera il peso che porta dentro la sua coscienza.
Così facendo, lungo il percorso, tra le prove affrontate e quelle da affrontare di volta in volta, dall'iniziale interesse utilitaristico che li aveva uniti i protagonisti si avvicineranno tra loro, a poco a poco, come esseri umani, fino a diventare una cosa sola, una famiglia, con un unico comune sentimento (straordinaria la professione di fedelta dell'assassino Valka a Janusz, come vero leader del gruppo), sempre più forte e intenso tanto quanto le perdite che dovranno subire per la morte di alcuni di loro.
Del gruppo originario, solo in quattro riusciranno a fare ritorno, completamente cambiati, come individui e come uomini.
Ecco dunque che il viaggio attraverso la natura selvaggia, diventa il viaggio attraverso se stessi, alla scoperta della propria fibra interiore, della propria natura di uomo e del risanamento della propria anima lacerata. Un lavoro magistrale, che solo la mano raffinata di un grande artista come Peter Weir poteva tratteggiare sapientemente (spesso senza nemmeno un dialogo, solo con la potenza evocativa delle immagini), in perenne equilibrio tra l'epico e l'umano. Una grande Odissea, dove i temi della sopravvivenza, della storia e di Madre Natura, pur importanti, cedono il passo alla storia dell'Uomo e della sua ostinata conquista della libertà e dignità umana.
Peter Weir ritorna dopo una lunga assenza di quasi otto anni dal suo ultimo lavoro (il pur bello Master and Commander) per fare un cinema classico, alla vecchia maniera, che sa raccontare con efficace semplicita grandi storie, e grandi emozioni, attraverso le imprese strordinarie di uomini veri.
Superare lo straordinario L'attimo fuggente non era facile, ma The Way Back é sinceramente un piccolo capolavoro e tocca vette inesplorate nelle opere precedenti del regista.
Un film bellissimo. Da rivedere.
Saluti
Pensionoman
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