Sarebbe una bella consolazione credere che Lou Ford, col cappello da cowboy, raggiunga la macchina, trascinato solo dall’indolenza dei suoi passi.
Sarebbe una bella consolazione pensare che la maschera della sua faccia nasconda, sotto la pelle, l’efflorescenza bubbonica della borghesia americana…con le sue radici oscure…. Sterminatrici…. manipolatorie..
Sarebbe una bella consolazione. Si, certo. Le illusioni sono dolci per loro natura…
Ma temo siano panzane.
Oklahoma. Anni 50. Nella torpida cittadina da far west, la morale è dettata dalla forma e dal ricettario dell’etichetta. L’uomo deve portare un cappellone da cowboy. Le donne che gli sono prescritte portano un girocollo da brodo star. Questo è il paese dove vive il quasi/sceriffo Lou Ford, E’ il paese dove si è convinti di conoscere gli altri, soltanto perché non ci si prende il disturbo di chiedere dove si stia precipitando, perché tutti i giorni sono uguali. E tutti quanti precipitano uguali..
Ma allora....questo Lou Ford?
E' un uomo di 29 anni che cova se stesso da sempre. E soprattutto tiene a bada sé stesso da ogni ingerenza esterna.
Deve farlo, per via di una ‘malattia, ’così la chiama lui. Che l’aveva spinto a violentare una bambina di 5 anni quando Lou ne aveva pressappoco 10.
Da quel giorno in poi, la sua terapia si concreta in una disciplina ferrea, che lo lascia morto a sé stesso. Tutto in lui è frenato. Il viso, il corpo, l’atteggiamento, la voce. Le stereotipie.
“Sotto controllo” è l’espressione che lo descrive appieno..
Ma a soffiare sul fuoco della sua precaria difesa….provvederà la prostituta Joice ( Jessica alba)
Joice: Faccia irregolare, appeal zingaresco.
E’ inevitabile. Lou, la zecca dormiente, si sveglia di colpo. I due sono i perfetti opposti.
Si sprigiona il fuoco da immediato contrasto,( se vogliamo) perfino cromatico. (Il pallido chiarore della carnagione del White Man del Far West, tutto crostata e conformismo e quello da america del sud, di lei, zero aristocrazia alla Grace Kelly ma nemmeno polpette e bicchiere di latte)
Il masochismo di Joice strappa, con violenza, il coperchio al vaso di Pandora che Lou, schiacciava sotto le suole, chiuso dentro la botola, nei sotterranei, nell’oscurità.
Da quel momento, i demoni della psicosi risalgono lungo le pareti dei crimini efferati, correndo come topi, ad occupare il posto di comando nella mente di Lou.
Non c’è più niente da fare. Niente da fare.
E Lou se ne accorge…lo capisce. Sa che è perduto. Non gli importa che gli altri muoiano. Confessa consapevolmente il proprio stato mentale, ad un ragazzino, sua prossima innocente e sbigottita vittima:.
“Ho un piede al qua e uno al di là dello steccato. Li hanno piantati tempo fa. Non posso muovermi. Non posso saltare. Posso solo aspettare finche non mi spacco e mi divido a metà. Li ho uccisi io…..”
Buon film. Gelida e asciutta trasposizione dell'esplosione criminale in uno schizofrenico.
E la canzone Fevre che arde nei titoli di testa: idea intelligente. Ben scelto Affleck, nella sua inespressività da museo delle cere. Rimanda a quel distacco emotivo, vuoto e ottuso dell'interiorità del protagonista. Peccato solo che manchi il genio di Lynch a farci vedere , non cosa sia un crimine, ma come la frattura che lo genera, prorompa dall’inferno cui appartiene e si affacci in qualunque società, in qualunque epoca, a qualunque condizione. E a qualunque prezzo.
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