Potiche - La bella statuina |
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Un film di François Ozon.
Con Catherine Deneuve, Gérard Depardieu, Fabrice Luchini, Karin Viard.
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Titolo originale Potiche.
Commedia,
durata 103 min.
- Francia 2010.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 5 novembre 2010.
MYMONETRO
Potiche - La bella statuina
valutazione media:
3,22
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Non lotta di classe, ma tanta classedi Paco AndorraFeedback: 100 |
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lunedì 27 dicembre 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ozon non è Loach - buon per entrambi -, ma d'altro canto chi glielo chiederebbe, se lo sciopero organizzato dagli operai della piccola fabbrica di ombrelli, di cui Suzanne, la protagonista del piccolo film del quale è regista, tratto (meglio non dimenticarlo) da una pièce teatrale, è proprietaria al 25%, ma estromessa per troppa placidità da qualsivoglia coinvolgimento nella conduzione, delegata al di lei marito-padrone (in tutti i sensi), lungi dal venire descritto con l'asciutto lirismo del britannico, finisce per essere poco più dell'espediente scenico utilizzato appunto dal giovane e magari un po' sopravvalutato François per metamorfizzare la donna-ninnolo del titolo in una signora del capitalismo dal volto umano, ma soprattutto in una femminista gentile, per nulla erinnica, intenta più a recuperare il tempo perso che a coltivare fisime ideologiche? Potiche è commedia allo stato puro, quasi aristofanesca, leggera e improbabile, che si chiude (mamma mia!) su una Deneuve canterina nel momento del massimo trionfo, dopo avere sconfitto marito ed ex amante (ed è retorico ed autoconsolatorio il dubbio espresso da quest'ultimo, che in realtà la lotta dell'ormai divorziata Suzanne per lo scranno da deputata avesse come obiettivo l'umiliazione del coniuge più della sua: ci si rivedrà, e come no?, come prima, più di prima... con l'uomo in ruolo subalterno). Gli anni Settanta, così brutti, sporchi e cattivi, affascinano nell'operazione rétro di Ozon, che ce li restituisce a sprazzi nella fotografia sbiadita di alcuni esterni e in quella acida del corridoio che conduce all'appartamento di Babin-Depardieu, o nei flashback di vicende in realtà anteriori ai medesimi. Per la Deneuve, la classe e - sorpresa! - la simpatia possono più del botulino; per Depardieu, basta la scena con il supposto figlio durante l'intervista alla nuova stella dell'imprenditoria, per confermarne talento e gigioneria in pari misura; per Luchini, il marito arrogante e puttaniere, è sufficiente dire che li fagocita entrambi. Peccato che i figlioli non funzionino proprio, quanto a recitazione, e che i delegati sindacali abbiano solo le biffe giuste e nient'altro. Ah, già, non stiamo parlando di un fim di Loach!
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