La solitudine dei numeri primi

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Un film di Saverio Costanzo. Con Alba Rohrwacher, Luca Marinelli, Martina Albano, Arianna Nastro, Tommaso Maria Neri.
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Drammatico, durata 118 min. - Italia, Francia, Germania 2010. - Medusa uscita venerdì 10 settembre 2010. MYMONETRO La solitudine dei numeri primi * * - - - valutazione media: 2,19 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Rovinare sempre tutto..Per colpa della solitudine? Valutazione 2 stelle su cinque

di Francesco2


Feedback: 41665 | altri commenti e recensioni di Francesco2
domenica 17 luglio 2011

Le prime scene ci mostrano una recita di cui sono protagonisti i due giovani protagonisti, allora bambini: non sappiamo subito che si tratta di una recita, perdipiù non certamente priva -Con contorni soft- di quella dimensione "Horror" che secondo vari giudizi, non a torto pervade parzialmente il film. Non sapendo se esista o meno nel libro una situazione del genere (L'incipit vero e proprio è comunque diverso), è possibile leggerlo come un suggerimento, meno didascalico probabilmente a vedersi di quanto possa apparire in questa recensione: la vita è una recita,e più che mai lo è per dei numeri primi come Alice e Mattia, (auto?) condannatasi alla solitudine ed a un certo grado di isolamento dal mondo. Da questo punto di vista, l'inizio fa ben(ino) sperare, nonostante la sceneggiatura vista e rivista di genitori piccolo-borghesi-ottusi che, spiace dirlo, finisce paradossalmente per apparire vecchia almeno quanto i personaggi che pretende di rappresentare. Esistono però elementi innovativi rispetto al nostro, stantio cinema: la dimensione del cartone animato che non propone un lieto fine, ma che anzi porta all'estremo la dimensione non consolatoriadella finzione" vista nella sequenza d'apertura, e persino i codici linguistici, con certe scene di gruppo ove le compagne di Viola appaiono simpaticamente(?) deformate, appaiono una curiosa miscellanea Di Corsicato, della De Lillo e forse di altro: un film che sconfiggerebbe la perbenista "Igiene del cinema" canoviana , proprio perché deforma secondo codici di quel Cronenberg adorato dal codice milanese, a differenza del (Mi ripeto) del cinema nostrano che raramente, come in "Pranzo di Ferragosto" e poco altro deforma i canoni, non perché garbato ed elegante ma anzi per il motivo opposto: perché come scrive Maltese la televisione lsembra averlo ucciso, e le sue forme (In tutti isensi!) sono le stesse anodine e falsamente viscerali che ci ripropongono le nostre fiction. La storia però comincia scricchiolare ove si vuole giocare coi flashback: se "Il cigno nero" fondeva sogni e realtà, perversione (Un pò grossolana, a volte) e realtà, paradossalmente(?) quello che non riusciva a fare la malcapitata protagonista, Costanzo qui parzialmente cade. Perché passino, parzialmente, la storia lesbica di Viola (Peraltro, dicono, inesistente nel libro) che la segnerà per sempre (A proposito di Cronenberg: è troppo associare il tatuaggio e ciò che comporta all'uomo-macchina cronenberghiano?), con delle psicologie un pò arraffazzonate ed un ricerca della trasgressione un pò fine a sé stessa, almeno quanto nel film di Afronovsky: ma è nel racconto di Michela,ì che Giordano esaurisce quella carica trash (Non kitzch, attenzione) che caratterizzava i primissimi minuti, anche con trovate caricate come il braccio mutilato(Ancora!) mostrato con fare provocatorio, e la carrellata con la musica presa in prestito dall'"Uccello delle piume di cristallo". Tutto si riduce al giallino(??) instile(??)Mazzacurati, la festa che rovina tutto stile "Gianni e le donne", il complesso di colpa che ti accompagnerà per tutta la vita. Finale poco credibiile e didascalico: Alice, fondendo (Ancora) la finzione con la realtà, aveva creduto (Quasi sicuramente) di avere rivisto Micaela, ma quel falso allarme farà tornare da lei Mattia, riducendo ulteriormente il film ad un esempio di cinema splatter buono per una seratina televisiva, in cui si chiede un pò di provocazione spicciola che ti faccia un pò pensare e non ti annoi troppo.

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