La nostra vita |
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Un film di Daniele Luchetti.
Con Elio Germano, Giorgio Colangeli, Luca Zingaretti, Isabella Ragonese, Raoul Bova.
continua»
Drammatico,
durata 95 min.
- Italia, Francia 2010.
- 01 Distribution
uscita venerdì 21 maggio 2010.
MYMONETRO
La nostra vita
valutazione media:
3,02
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Iperrealisti palpiti dell'amara, nostra(na) vitadi davidestanzioneFeedback: 22976 | altri commenti e recensioni di davidestanzione |
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lunedì 5 luglio 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Una nuova folgore (ri)scuote il cinema italiano,a conferma che il Divo e Gomorra,per quanto opere teoricamente pseudoinarrivabili,non sono state gli unici,sparuti sussulti ultraqualitivi del nostro cinema recente:in una stagione di per sé ottima(le),il ritorno alla regia di Luchetti,uno dei nostri migliori direttori d'orchestra in termini attoriali,si sobbarca l'onere/onore della sparuta,monografica rappresentanza italiana in quel di Cannes,cavandosela,in fin dei conti,a dir poco egregiamente.Siamo ovviamente lontani dalla risonanza internazionale che ebbe l'ormai proverbiale dittico sovraccitato, ma "La nostra vita" risuona di un eco tanto implosivamente riecheggiante (assimilabile simbolicamente all'urlo sordo di Germano)da rifuggire di gran carriera qualsivoglia paragone(oltetutto stantio). Tenuto per un lungo tempo in incubazione dal cosceneggiatore Sandro Petraglia e da Luchetti,i quali aspettavano forse solo il momento più propizio per scoperchiare ed estrarre dal cassetto questa sceneggiatura dal sapore neoverista,il film è in grado di denudare con selvaggio realismo la realtà contemporanea(politica,economica,"socioemozionale")dell'(ormai ex)Belpaese.La regia di Luchetti,circolare,insinuante,rifiuta a priori l'ortodossia concernente la pedissequa costruzione seriale delle inquadrature a mo' di "cornici precostituite" e si affida altresì a molteplici e onnicomprensive camere a spalla in grado di ruotare instacabilmente intorno agli interpreti,loro stessi parzialmente ignari(sicuramente più del resto della troupe)dei tempi e delle modalità con le quali potranno essere di lì a poco "coinvolti visivamente" all'interno di un qualunque piano sequenza. Da questi"simulacri svuotati da riempirsi esclusivamente con emozioni assortite"(come li ha definiti lo stesso Germano)Luchetti cava fuori delle interpretazioni intimistiche e dal sapore naturalista,spingendo la veridicità di alcune scene ai limiti del taglio semidocumentaristico(in tutti i sensi,perchè di arma a doppio taglio si tratta).Ed é in tale schematizzazione(?)recitativa inebriante che gli interpreti,manco a dirlo,si esaltano:Elio Germano è un padre messo alle corde dalla perdita della moglie(una fugacemente magnetica Isabella Ragonese),morta di parto nel dare alla luce Vasco,con tre figli a carico e(auto)costretto(si)a gettarsi nel campo della speculazione edilizia,un ambiente infimo,degradato,con operai recalcitranti,salari malpagati e palazzinari dalla dubbia moralità(un frigido Giorgio Colangeli,splendido caratterista);senza dimenticare gli altri "figuri" che ruotano intorno all'universo del protagonista:immigrati alla tacita ricerca delle proprie,occultate origini,fratelli verosimilmente "sfigatizzati"(Raoul Bova)e improbabili spacciatori ultracapelluti,cocainomani e sulla sedia a rotelle(Zingaretti, in una delle sue più riuscite e originali caratterizzazioni).Nel bel mezzo di cotanta maestria attoriale,è però Germano a farla da padrone,in una prova bucaschermo dalla straziante pneumaticità:davvero impagabili gli occhi vitrei del "suo" Claudio quando gli viene(ellitticamente)annunciata la morte della moglie,supportati da una formicolante chitarra elettrica in sottofondo,così come la(di poco successiva),mastodonticamente roboante scena in cui Germano canta(anzi, urla,a squarciagola)"Anima fragile" di Vasco Rossi in una sorta di commemorazione funebre per la moglie, in un crescendo emozionale coinvolgente,dirompente,palpitante,che colpisce al cuore,lo scioglie,lo pugnala.
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