La nostra vita |
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Un film di Daniele Luchetti.
Con Elio Germano, Giorgio Colangeli, Luca Zingaretti, Isabella Ragonese, Raoul Bova.
continua»
Drammatico,
durata 95 min.
- Italia, Francia 2010.
- 01 Distribution
uscita venerdì 21 maggio 2010.
MYMONETRO
La nostra vita
valutazione media:
3,02
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La nostra vita? Di chi?di Enrico PietraFeedback: 13 |
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domenica 30 maggio 2010 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La nostra vita? Signor Luchetti ci faccia capire. Nostra di chi? Di lei? Degli italiani? Perché davvero sarebbe molto gradito che chi fa cinema in Italia oggi spiegasse fino a dove può spingersi l’arroganza intellettuale. La vita di Claudio, protagonista del film, non è la mia. Non è la nostra. Perché vedete: è pur vero che in questo pazzoide paese la storia di un farabutto, di un ciarlatano, di uno che sfrutta la gente, occulta cadaveri, ne scopa le vedove e se ne serve per ricattare la gente viene poi ritenuta di interesse culturale. Per abominio da quello stesso calderone di cervelli non pensanti che proprio in nome dei Claudio sparsi per lo Stivale assesta sanguinolenti manovre economiche. Ma almeno vivaddio si abbia l’eleganza di evitare di spargere urbi et orbi morali pleonastiche e posticce scambiandole per uno sguardo dal vero e senza concessioni (Valerio Sammarco, Cinematogafo.it). Con tutto il rispetto, la tremebonda macchina da presa di Daniele Lucchetti non era indispensabile. Sappiamo perfettamente delle macro realtà che animano l’Italia. Quanto ai microcosmi svergognati, scusate, ci fanno da scenografia ogni giorno. Nessuno qui sta sulla Montagna o sulla Nuvola. I soloni di certo cinema italiano se lo ricordino. E lungi da ogni moralismo, almeno portino rispetto. C’è un nuovo filone artistico, attenzione. Dopo l’epifania dei reality show, in questa società di coscienze sovraeccitate dal buco della serratura, dallo struscio multimediale, dal rutto in mondovisione, in questo mondo di spioni del cazzo poteva mancare il reality movie? E certo: chi meglio di sé può interpretare sé stesso? E quindi via coi rumeni che fanno i pezzenti, le nigeriane che fanno le troie, i bambini rincoglioniti dalla Wii, i romani che fanno i burini. E conquistano premi. C’è una madre, una moglie morta? Da spettatore, in fondo, chissenefrega. Certamente finché ha troneggiato la scena ne abbiamo apprezzato le doti amatorie: mica è facile col pancione cosa credete. Ma chi era veramente costei? Cosa rappresentava per la sua famiglia? Ma dai, come si fa senza un pretesto? E allora date retta a chi scrive e in quel bisbiglio indefinito dei tragicomici medici che comunicano la notizia immaginatevi un po’ quello che volete, tanto il primo piano del Germano sarebbe lo stesso. Ma poi signori, qui c’è chi pretende di fotografare la realtà traslandola in opera d’arte. C’è Roma caput mundi, la periferia assolata e disperata, l’adolescente rumeno senza padre che ti insegna a vivere (Tu credi che coi soldi puoi comprare tutto, anche la gente… ma a me non mi compri sai?) e il cui pianto è talmente ridicolo da venir ripreso da dietro. Aspettate: che dire della “seduta spiritica” con la luce che va via e la madre che ritorna (o forse no)? Della prostituta extracomunitaria che il mestiere non lo eserciterebbe ma invece sì per colpa degli italiani sporchi e cattivi? Alla fine il pusher in carrozzella (grande Zingaretti) ci fa un po’ pena in balia dei truci zingari e il belloccio Raoul Bova troppo timido per farti accedere alla sua interiorità è il marito che qualsiasi madre vorrebbe per la propria bambina. I tacchi sono come i parenti, scomodi, ma aiutano. Non ci avevamo pensato, grazie. Ma se alla fine della proiezione uscite che vi manca l’aria, squassati dall’ipertrofia ansiogena di chi fa grande cinema alla maniera del supermarket al sabato pomeriggio, non abbiatevene a male. In fondo non tutte le vite sono di interesse culturale. Ci avevate mai pensato?
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