La chiave di Sara |
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Un film di Gilles Paquet-Brenner.
Con Kristin Scott Thomas, Mélusine Mayance, Niels Arestrup, Frédéric Pierrot, Michel Duchaussoy.
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Titolo originale Elle s'appelait Sarah.
Drammatico,
durata 111 min.
- Francia 2010.
- Lucky Red
uscita venerdì 13 gennaio 2012.
MYMONETRO
La chiave di Sara
valutazione media:
2,61
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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tra passato e presente, efficace romanzo e poi fildi elgatolocoFeedback: 257587 | altri commenti e recensioni di elgatoloco |
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martedì 31 gennaio 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
"Je m'appelle Sarah"di Gilles Paquet-Brenner è molto efficace, benintenso a partire dal romanzo, nel mostrare la viltà che aveva portato non dei nazisti ma dei Francesi(certo"colla", "collaborateurs", in italiano, meno efficacemente"collaborazionisti" a costruire un lager per Ebrei francesi in un velodromo. Uso opportuno del flash back che non è più tale, "presentificando" completamente il passato o meglio equiparandolo allo stesso, in un'operazione filmicamente convincente, che è denuncia dell'orrore(con l'eccezione del soldatino che lascia scappare le due bambine desiderose di tornare a casa, una per salvare il fratellino nascosto in uno sgabuzzino, anche se non riuscirà a farlo), ma anche smascheramento dell'ignoranza attuale-contemporanea(i due govani giornalisti che "non ne sanno nulla", lettaralmente, pensando che il velodromo esista ancora come tale...), individuazione delle complicità(il pétainismo quasi come un qualcosa di"normale", di esistente nel passato in quanto avvenuto, apppunto, però, "passato"da derubricare come tale), con interpreti di entrambi i generi molto convincenti, anche quando si saprà la"verità"sulla madre ebraica di un uomo che non ne sapeva nulla, in realtà-quando la"Sarah"protagonista viene scoperta come tale... Gioco di specchi, di rimandi, in una chiave(quella che è nel titolo italiano, non in quello originale, ma la chiave c'è davvero, è quella che dovrebbe"proteggere"il fratellino, appunto)che è di denuncia, come già detto, ma anche e soprattutto di scoperta, vista la mistificazione che tiene nascosta la verità-la demistificazione come"chiave"(repetita juvant, ma qui mi scuso, visto l'abuso del lemma)di quanto realmente avvenuto. Leggerezza(francese), ossia esprit de finesse nell'affrontare il tema tragico, senza infingimenti e senza"nuove mistificazioni", come appunto si dovrebbe fare, affrontando un tema cruciale come questo, dove spesso è la volontà di incrudelire gli effetti a prendere la mano, perdendo invece la"barra"del timone, ossia il senso della regia. Pericolo qui ampiamente evitato, appunto, per fortuna. Dove sarà da ripensare la modalità di fare film storici, a partire da questo esempio, più che convincente, El Gato
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