Il grinta |
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Un film di Ethan Coen, Joel Coen.
Con Jeff Bridges, Matt Damon, Josh Brolin, Hailee Steinfeld, Barry Pepper.
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Titolo originale True Grit.
Western,
Ratings: Kids+16,
durata 110 min.
- USA 2010.
- Universal Pictures
uscita venerdì 18 febbraio 2011.
MYMONETRO
Il grinta
valutazione media:
3,80
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il Grinta.di Nicolas BilchiFeedback: 3995 | altri commenti e recensioni di Nicolas Bilchi |
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giovedì 7 aprile 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Joel ed Ethan Cohen sono ormai due garanzie del cinema contemporaneo, due registi di alto livello che conoscono il grande cinema del passato e lo rispettano, ma che vogliono anche mettersi in gioco e gareggiare con esso. D'altronde quale più alta forma di rispetto c'è che riconoscere ai capolavori d'un tempo il loro status e cercare di eguagliarli, se non di superarli? E' proprio ciò che succede con "Il Grinta", film attraverso cui i Cohen sfidano non solo la precedente opera di Henry Hathaway, ma tutto il cinema western in generale. "Il Grinta" può essere analizzato con due diverse chiavi di lettura: quella che evidenzia il tema principale nella Storia (che è anche Storia del cinema) e quella che si concentra sul dramma umano dei tre protagonisti del film, il vecchio vicesceriffo Rooster Cogburn (Jeff Bridges), il texas ranger LeBouef (Matt Damon) e l'orfanella Mattie Ross, in cerca di vendetta dopo l'omicidio del padre. Per quanto riguarda la prima, i fratelli Cohen raccontano, come già avevano fatto in "Fratello dove sei?", un pezzo di storia d'America con un accenno nostalgico sul tempo che passa: facendo narrare la vicenda ad una Mattie Ross ormai adulta che rievoca ed osserva la grande avventura della sua vita, i due registi e lo spettatore assumono lo stesso punto di vista. Come in John Ford, il western è solo proiettato sullo schermo; chi guarda il film non vive il West, perchè non deve viverlo, ma lo osserva con il distacco che lo schermo cinematografico crea e partecipa della sua magia, di una magia di un'era che è ormai svanita. Gli ingredienti classici ci sono tutti: i paesaggi, le luci, i dialetti, le sparatorie, l'eroe solitario che si rimette in discussione per provare a sè stesso il proprio valore; Joel ed Ethan creano un western che, per sconfiggere i capolavori del passato, ne riprende le forme e le rielabora per mezzo di contenuti nuovi, a tratti ironici, ma sempre rispettosi della tradizione. La morte del Mito di Frontiera, la fine di un'epoca, è magnificamente simboleggiata dal finale, quando Mattie si reca al circo del Far West e la telecamera mostra immortali per sempre (ma ormai solo immagini) sui manifesti i volti di quegli indiani, di quei banditi, di quegli intrepidi paladini della giustizia che la ragazza ha conosciuto e nell'era dei quali ha vissuto. E malinconica e spiazzante, quasi tragica, è la frase di chiusura: il tempo ci sfugge. Ma i Cohen sono talmente bravi da costruire il film su di un secondo binario, che è l'unica vicenda che intreccia le vite di tre personaggi e ci svela i loro lati più intimi e profondi con una umanità anch'essa propria dell'occhio di Ford per gli eroi del suo cinema: uomini, in quanto tali mai perfetti, rappresentati nella loro pura fisicità (che scivola a tratti in tendenze quasi iper-realistiche, più alla Sergio Leone) ma anche in quei sentimenti e predisposizioni d'animo semplici che danno loro dignità e gli fanno meritare il rispetto dello spettatore. Bridges è il vecchio lupo solitario, all'apparenza duro, ma che rimane colpito, e fors'anche un po' turbato, dall'energia e, appunto, dalla grinta che traspare dal carattero combattivo di Mattie Ross; si affeziona a lei, poco più di una bambina che le avversità della vita hanno reso anzitempo matura e violenta, fino al punto di condurla all'uccisione a sangue freddo di un essere umano del quale rimarrà eternamente ossessionata, e, insieme a LeBouef (il personaggio meno riuscito del film), riesce a compiere la sua vendetta.
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