Con rigore ed estrema fascinazione il regista Clint Eastwood da vita ad un'intensa pellicola che indaga su quanto di più ignoto vi è nella comune esperienza esistenziale di ogni uomo, ovvero la morte.
Un'attenta e lucida riflessione, a mio parere costante durante l'intera durata del film, consente al regista di porsi domande non solo su quanto ci attende al di là della vita, ma anzitutto sul ruolo di fondamentale importanza che l'idea stessa di morte ricopre all'interno della vita di ogni uomo. In tal modo la pellicola diviene una riflessione sulla miseria dell'umanità, tragicamente confinata nel suo stato di finitudine e impotenza di fronte alla forza incontrastabile della natura (lo tzunami), all'imprevedibilità del destino (l'incidente d'auto), alla degenerazione che i rapporti tra gli uomini stanno manifestando (l'attentato in metropolitana), all'impossibilità di comprendere il senso della nostra esistenza (il sensitivo incapace di accettare il proprio dono). Attraverso immagini e sequenze che nella loro straordinaria classicità rendono il film quanto mai poetico, Clint Eastwood riflette inoltre sugli affetti umani creando una rete intricata di personaggi a tutto tondo che interagiscono inevitabilmente tra loro, forse seguendo una legge di casualità o forse secondo un destino a cui all'uomo non è dato sottrarsi. I legami, a volte fuggevoli (la donna del corso di cucina e la bimba del mercato), sono forti e fondamentali per la crescita dei tre protagonisti del film. Il regista a questo punto si abbandona ad un'appassionata indagine sulla profondità dei vincoli affettivi che perdurano dopo la morte creando sequenze espressivamente forti di Foscoliana memoria e realizzando non solo che la morte è una realtà con cui l'uomo deve necessariamente convivere, ma soprattutto che alla base di ogni esperienza esistenziale vi è la consapevolezza di un incessante dolore che le dà un senso. La dolcezza con la quale i vari personaggi si abbandonano al dolore e si confrontano con esso è struggente (il distacco materno, il confronto di Marie con il cinismo e la logica utilitaristica della società, la condivisione della morte da parte di George, il pianto colmo di rassegnazione di Marcus). La comune ricerca di risposte affrontata dai tre personaggi principali permette al regista di delineare i tre modi fondamentali in cui l'uomo recepisce la morte secondo uno schema circolare:
1--- la morte come mistero e ricerca di significato (Marie, Marcus, George)
2--- la morte come esperienza diretta ignorata dall'altrui cinismo (Marie)
3--- la morte come dolorosa assenza e come vuoto interiore (Marcus)
4--- la morte come condivisione del dolore e flagello esistenziale (George)
1--- la morte come mezzo d'interpretazione della propria vita (Marie, Marcus, George)
Eccezionale inoltre il finale del lungometraggio in cui ,con un sorriso, George proietta il suo pensiero non alla morte, non ad un futuro di morte, ma all'amore: è il regista che offre una possibile chiave interpretativa all'intera vicenda esistenziale di ognuno di noi.
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