Cave of Forgotten Dreams

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Un film di Werner Herzog. Con Werner Herzog, Charles Fathy, Jean Clottes, Julien Monney, Jean-Michel Geneste.
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Documentario, durata 95 min. - Francia, Canada, USA, Gran Bretagna, Germania 2010. MYMONETRO Cave of Forgotten Dreams * * * * - valutazione media: 4,47 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

La caverna del cinema preistorico Valutazione 5 stelle su cinque

di Riccardo Tavani


Feedback: 33555 | altri commenti e recensioni di Riccardo Tavani
domenica 11 novembre 2012

Il puro cinema è sempre immagine del mondo che mette in scena se stesso senza l’ausilio di una trama romanzata, di personaggi ed attori. Se Herzog ce lo ha dimostrato in più occasioni, qui ce ne dà un’altra magistrale prova. Nel 1994 lo speleologo Jean-Marie Chauvet, scopre una enorme grotta che prende poi il suo nome. È situata in Francia, lungo il fiume Ardèche e contiene quasi 500 pitture rupestri risalenti a 32000 anni fa. Stando alle conoscenze attuali, le più antiche mai ritrovate. Il crollo di una parete rocciosa aveva completamente sigillato l’ingresso della caverna, scattando, come dice Herzog, come un’istantanea fotografica a quella scena che rimane esattamente così com’era al momento del crollo. Il fascino della caverna è aumentato da colate di calcite, le quali, oltre a formare, uno spettacolare fondale di candide stalattiti e stalagmiti, riveste anche i resti ossei animali, come i crani di diversi orsi, rendendoli dei veri e propri oggetti d’arte vetrificati. In quell’epoca lo scenario geologico dell’Europa era radicalmente diverso da come è ora. Vi era uno strato di ghiaccio di circa 2500 metri di altezza, il livello del mare molto più basso e in Gran Bretagna si poteva arrivare a piedi, perché La Manica era secca. Oltre l’uomo preistorico c’erano cavalli, leoni, mammut. E proprio questi sono affrescati sulle pareti ondulate della caverna. Affrescati, però, con un geniale stile d’animazione cinematografica ante litteram. Ai quadrupedi sono disegnate molte più zampe, per simulare l’effetto della corsa. Se poi pensiamo che l’autore del disegno e i visitatori di allora illuminavano le pareti con torce (delle quali si vedono ancora i segni sulle pareti), lo scorrere della luce sull’insieme produceva davvero un effetto di movimento, che Herzog ci mostra, riproducendolo con le sue lampade per le riprese. Abbiamo detto autore perché si pensa sia uno solo. Su un ampio disco rotondo di roccia sono stati impressi numerosi palmi di mano. Tutti questi palmi hanno il dito mignolo storto. La stessa impronta, con lo stesso dito deformato, si trova in diversi altri punti dell’ambiente sotterraneo. Soprattutto il fascino che Herzog subisce e ci trasmette è quello della improvvisa vicinanza, anzi interiorità, che sentiamo con quest’uomo sepolto sotto gli strati più profondi della nostra corteggia cerebrale e genetica. Perché chiamarlo “Homo Sapiens”, si domanda uno studioso? No, era un uomo spirituale. Un antropologo fa emergere due tratti della sua sensibilità e spiritualità naturale, riassumibili in due concetti salienti: quello di fluidità e quello di permeabilità. Fluidità, perché non c’era per lui un confine rigido tra uomo, animali, acqua del fiume, vegetazione e quelle rocce imponenti. Permeabilità, perché lo spirito e la materia si compenetrano a vicenda e retro agiscono l’una sull’altro. La bellezza stilizzata di quei cavalli e di quei leoni, infatti, ci dice che non si tratta di una mera riproduzione della realtà esteriore, ma di una vera e propria produzione, creazione artistica di un senso interiore, di uno spirito comune del mondo. A un certo punto Herzog chiede all’equipe scientifica e alla sua troupe di fare completo silenzio, per ascoltare il battito, il respiro della caverna. Vuole far percepire anche a noi questo battito remoto, questo barlume di eternità che pulsa sprofondato ma mai spento nelle viscere della Terra come in quelle del nostro essere. Un’opera magistrale nella storia del genere documentario.

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kondor17 sabato 5 aprile 2014
ottima recensione. solo una precisazione
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l'autore non può essere uno solo perché ci sono dipinti sovrapposti con oltre 5.000 anni di differenza.

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