Biutiful |
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Un film di Alejandro G. Iñárritu.
Con Javier Bardem, Maricel Álvarez, Eduard Fernández, Diaryatou Daff, Cheng Taishen.
continua»
Drammatico,
durata 138 min.
- USA 2010.
- Universal Pictures
uscita venerdì 4 febbraio 2011.
MYMONETRO
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Viva la muerte!
di Writer58Feedback: 53323 | altri commenti e recensioni di Writer58 |
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mercoledì 16 marzo 2011 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Di Iňárritu ho visto "21 grammi" e "Babel", due film eccellenti, in cui la rappresentazione del tempo è circolare e quella dello spazio e dei contesti narrativi -soprattutto in "Babel"- scomposta e frammentata. Ancora prima, ho seguito, nella versione originale "Amores perros", la sua opera prima, un film adrenalico ambientato a Città del Messico, una pellicola dura, veloce e spietata che traccia un ritratto a tinte forti della megalopoli messicana. Biutiful, in qualche modo, rappresenta un ritorno alle origini. Forse a causa del distacco da Arriaga- lo scrittore che aveva sceneggiato i primi film di Iňárritu- le architetture temporali e narrative appaiono più rettilinee e l'esame del contesto urbano - una Barcellona livida e dolente- ricorda quello del suo primo film. Il protagonista è una persona che vive ai margini della legalità, un mediatore di forza lavoro composta da africani e cinesi che vivono ammassati in 20 dentro miserabili capannoni e che lavorano 16 ore al giorno in laboratori artigianali clandestini o in cantieri edili. Il protagonista - un magnifico Bardem- ha una relazione conflittuale con una donna affetta da sindrome bipolare, gestisce a fatica il rapporto con due figli di 7 e 10 anni e scopre di essere in fin di vita, per un tumore alla prostata allo stadio terminale. "Biutiful" racconta la caduta del protagonista verso la morte, la sua iniziale ribellione davanti all'esito fatale che la malattia prospetta, i suoi tentativi di lasciare un minimo di protezione per i suoi figli, le condizioni di vita subumane degli immigrati clandestini. Lo fa con uno stile duro ed efficace che concede pochissimo alla spettacolarizzazione o a estetismi inessenziali. Solo due appunti critici: ho trovato superflua la "love story" tra i due cinesi e il rapporto del protagonista conn i morti, come se fosse un sensitivo alla "Hereafter". La scena finale del film si ricollega a quella iniziale: è l'unica concessione di Iňárritu al "tempo circolare. Il resto del film scivola verso la sua conclusione come una punta di lancia.
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