luca alvino
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mercoledì 10 marzo 2010
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quando un sogno si trasforma in ricordo
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Cosa accade quando un sogno si trasforma in ricordo? Quando un’indecisa inconsistenza onirica assume contorni meno ambigui e si cristallizza in memoria? È questa l’esperienza compiuta da Alice in Underworld, il sottomondo dark nel quale Tim Burton rilegge controluce l’originario Wonderland, il paese delle meraviglie. Un’Alice diciannovenne rivisita con una coscienza postmoderna il mondo stralunato dell’irrazionalità, riappropriandosi del passato per essere libera di scegliere nel presente. Riconosce una dimensione di effettività alle proprie contraddizioni, e accetta di vivere fino in fondo la sua nuova avventura, senza più sorprendersi della squilibrata specularità di Pincopanco e Pancopinco, del sorriso evanescente dello Stregatto, della saggezza strampalata del Brucaliffo.
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Cosa accade quando un sogno si trasforma in ricordo? Quando un’indecisa inconsistenza onirica assume contorni meno ambigui e si cristallizza in memoria? È questa l’esperienza compiuta da Alice in Underworld, il sottomondo dark nel quale Tim Burton rilegge controluce l’originario Wonderland, il paese delle meraviglie. Un’Alice diciannovenne rivisita con una coscienza postmoderna il mondo stralunato dell’irrazionalità, riappropriandosi del passato per essere libera di scegliere nel presente. Riconosce una dimensione di effettività alle proprie contraddizioni, e accetta di vivere fino in fondo la sua nuova avventura, senza più sorprendersi della squilibrata specularità di Pincopanco e Pancopinco, del sorriso evanescente dello Stregatto, della saggezza strampalata del Brucaliffo. Stringe con il cappellaio matto (un Johnny Depp costretto in un ruolo frenato, che soffre la propria consistenza sub-reale, prigioniero del sottomondo, intrappolato nella simulazione) un sodalizio ai limiti della flirtation, viaggiando a bordo del suo cappello, che, in virtù della zucca matta che è solito contenere, può essere considerato come una metonimia della stessa follia. Lo fa con una lucida maturità, che lascia spiazzati i lettori di Carroll ma non gli estimatori di Matrix, i quali ricordano bene l’elevato prezzo pagato da Neo (in termini di dolorosa e – appunto – matura consapevolezza) accettando di seguire il coniglio bianco. Nel passato non può esistere libertà, e Alice si ritrova a compiere – pur controvoglia – un’oscura profezia capovolta. Il rigido binario della predestinazione allunga i suoi odiosi tentacoli in tutte le direzioni, anche grazie all’insolenza del 3D, che trasla la concretezza della storia al livello del discorso cinematografico. Ma se è vero che il sottomondo ribalta le certezze del mondo reale, è vero anche il contrario, e al compimento delle attese in Underworld corrisponde nella realtà uno smascheramento delle convenzioni, che disattende le aspettative in proporzione al loro grado di ragionevolezza. La storia si svolge in uno scenario postumo, surreale, illuminato da colori apocalittici, sul quale risalta la consistenza materica di una realtà in disfacimento. Disfatta ben raffigurata dalla tavola imbandita del cappellaio matto e del leprotto bisestile, emblema di un’era vittoriana ormai satura, nella quale la tazzina rotta nella quale il tè viene versato non è più una giocosa rappresentazione del nonsenso, quanto la cupa testimonianza di una drammatica perdita di senso. Relegando il disincanto nel sottomondo, la nuova Alice di Burton compie quella maturazione che la società e l’esperienza rischiavano ingiustamente di sottrarle, e si predispone a seguire il Brucaliffo tramutato in alata farfalla lungo il felice discrimine del divenire, fino alla remota via della Cina, o forse nella sala, verso gli spettatori che istintivamente tendono le mani per ghermirlo.
Si tratta davvero di quell’Alice? Quasi, affatto.
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thx1138
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venerdì 5 marzo 2010
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alice: il crollo delle illusioni e della magìa.
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E'dal profondo del cuore che sento di dare un consiglio a tutti gli appassionati del cinema di Tim Burton,a chi ha amato,o almeno apprezzato, il precedente lungometraggio animato della Disney o a chi ha letto ,anche distrattamente i libri di Carrol: dopo mezzora di film alzatevi dalla sedia,tornatevene a casa e rigustatevi "Big fish":sarà una scelta dolorosa, se non altro per i dieci euro spesi al botteghino per vedere un film che del 3d poteva fare decisamente a meno: rimarrete ancora convinti che Burton sia un genio folle, un maestro visionario,un artista capace di trasformare il bello in estasi,il brutto in sublime,un cavaliere mitico dotato non già di una spada,ma di un'immaginazione senza eguali; il Tim Burton che conosciamo, insomma,avrebbe realizzato "Alice" anche ad occhi chiusi e ne avrebbe fatto un capolavoro.
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E'dal profondo del cuore che sento di dare un consiglio a tutti gli appassionati del cinema di Tim Burton,a chi ha amato,o almeno apprezzato, il precedente lungometraggio animato della Disney o a chi ha letto ,anche distrattamente i libri di Carrol: dopo mezzora di film alzatevi dalla sedia,tornatevene a casa e rigustatevi "Big fish":sarà una scelta dolorosa, se non altro per i dieci euro spesi al botteghino per vedere un film che del 3d poteva fare decisamente a meno: rimarrete ancora convinti che Burton sia un genio folle, un maestro visionario,un artista capace di trasformare il bello in estasi,il brutto in sublime,un cavaliere mitico dotato non già di una spada,ma di un'immaginazione senza eguali; il Tim Burton che conosciamo, insomma,avrebbe realizzato "Alice" anche ad occhi chiusi e ne avrebbe fatto un capolavoro.Dopo un quarto d'ora di meraviglie vere "in wonderland", in cui il genio di cui parlavo era vivido,vivo e vegeto, ecco cosa vi attende: uno straziante fantasy al cui cospetto "I racconti di Terramare" di Goro Miyazaki meriterebbe un oscar; un fantasy malriuscito e malfatto,con tanto di draghi, o almeno di loro lontani parenti,di spade e di magiche armature,regina bianca e regina di cuori in perfetto e pessimo stile "Fantaghirò",una sfida fra bene e male senza sfumature,peraltro largamente annunciata da una parabola profetica,in barba agli amorevoli ed eroici perdenti a cui Burton ci aveva abituato,che vengono sostituiti da un nevrotico Jhonny Deep e da una Anne Hathaway che sputa in un intruglio magico; dal cappellaio matto al bianconiglio, dal brucaliffo allo stregatto,la meraviglia svanisce presto e lascia spazio ad un avvicendarsi di gag involute e forzate la cui espressione massima non può che essere la tanto attesa "deliranza", uno squallido balletto che gli spettatori hanno ahiloro consciamente aspettato per tutta la durata del film: solo Helena Bonham Carter rimane incantevole nella sua bruttezza,ultima e sola traccia de genio Burton. Lo spettatore deluso,fiero e convinto sostenitore del regista,a cinque minuti dal finale, potrebbe ancora pensare ad una satira politically scorrect: ma proprio un finale moralista,politicamente,socialmente e convenzionalmente correttissimo spazzerà via anche questa improbabile e ultima chiave di lettura.
Un errore che gli appassionati faticheranno non poco a perdonare.Un flop totale può capitare a tutti: non a Tim Burton spalleggiato da Deep e dalla Bohan Carter e sicuramente non con l'Alice di Carrol,pensavo:fino ad oggi.
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[+] tim, ma che mi combini??
(di cheshirecat)
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storyteller
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giovedì 4 marzo 2010
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sfigurare un capolavoro in pochi semplici passi
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Ciò che hanno combinato Burton e la Woolwerton è imperdonabile.
Si potrebbe concedere la grazia ad un'infinità di registi più o meno mediocri, ma a lui no.
A poco servono un entourage di attori capaci (la Bonham Carter su tutti, Johnny Depp se la cava ma fa troppo il verso a sé stesso), scenografie suggestive (che, a dire il vero, spesso non convincono) e il meraviglioso assortimento di costumi - forse, l'aspetto visivo più riuscito del film.
La sceneggiatura è banale, stucchevole, smaccatamente e ordinariamente fantasy, tanto che raffrontare questo film al libro di Carroll (il "capolavoro" che da il titolo al mio commento, appunto), sarebbe come accostare una mela vera e un pugno di marzapane dipinto di rosso.
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Ciò che hanno combinato Burton e la Woolwerton è imperdonabile.
Si potrebbe concedere la grazia ad un'infinità di registi più o meno mediocri, ma a lui no.
A poco servono un entourage di attori capaci (la Bonham Carter su tutti, Johnny Depp se la cava ma fa troppo il verso a sé stesso), scenografie suggestive (che, a dire il vero, spesso non convincono) e il meraviglioso assortimento di costumi - forse, l'aspetto visivo più riuscito del film.
La sceneggiatura è banale, stucchevole, smaccatamente e ordinariamente fantasy, tanto che raffrontare questo film al libro di Carroll (il "capolavoro" che da il titolo al mio commento, appunto), sarebbe come accostare una mela vera e un pugno di marzapane dipinto di rosso.
Il mondo della "nuova" Alice è tristemente reale, una sorta di mondo parallelo che non lascia spazio a possibili reinterpretazioni oniriche, psicologiche, di costume sociale: vi trascorrono normalmente le ore, giorno e notte si alternano, stupefacenti visioni a volo d'uccello ce lo mostrano in tutta la sua ben delineata geografia.
E quel che è peggio, manca totalmente quel senso di instabilità, di anarchia che permeava il romanzo.
Malgrado questo, la consueta vena registica di Burton balugina distrattamente qua e là, come un timido fuoco fatuo: alcune intuizioni visive, come pure un paio di momenti azzeccati, si salvano dalla mediocrità, ma è la sostanza di fondo il vero problema (ed Elfman si impegna decisamente poco, sembra quasi di sentire i remix dei suoi vecchi brani).
Piatto e squadrato come una scacchiera, Alice in Wonderland fa venir voglia di prendere Burton, concedergli un decimo del budget con cui ha girato questo film, e obbligarlo a riscrivere da zero la sceneggiatura.
Purtroppo viviamo nel mondo reale, e non possiamo fare altro che constatare di trovarci di fronte ad una clamorosa occasione sprecata.
Seppure - come probabilmente accadrà - "Phantasmagoria" si rivelerà discontinuo e poco legato al linguaggio cinematografico, punto di più sul film di Marylin Manson.
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andrearuberto
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giovedì 4 marzo 2010
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un film di tim burton, ma senza tim burton.
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Tim Burton è tornato, in un film che di Burtoniano ha davvero poco.Alice in Wonderland, realizzato in collaborazione con la walt Disney, è un film contro l'anticonformismo, ma che più conformista non si può.Lo stile del regista, che in passato ci ha abituato a ben altri capolavori, risulta quasi storpiato ed il suo tratto è quasi invisibile, se non in piccoli particolari.Le musiche di Danny Elfman, che da sempre accompagnano e danno smalto ai film di Burton, passano in secondo piano, surclassate da una cantante per teenagers quale è Avril Lavigne. Ambientazioni gotiche, tra il tetro e il fantastico, che ritroviamo in pietre miliari come Nightmare Before Christmas, vengono sostituite da un tocco fiabesco e smielato più tipico della Disney, del resto abituato ad un determinato target di spettatori.
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Tim Burton è tornato, in un film che di Burtoniano ha davvero poco.Alice in Wonderland, realizzato in collaborazione con la walt Disney, è un film contro l'anticonformismo, ma che più conformista non si può.Lo stile del regista, che in passato ci ha abituato a ben altri capolavori, risulta quasi storpiato ed il suo tratto è quasi invisibile, se non in piccoli particolari.Le musiche di Danny Elfman, che da sempre accompagnano e danno smalto ai film di Burton, passano in secondo piano, surclassate da una cantante per teenagers quale è Avril Lavigne. Ambientazioni gotiche, tra il tetro e il fantastico, che ritroviamo in pietre miliari come Nightmare Before Christmas, vengono sostituite da un tocco fiabesco e smielato più tipico della Disney, del resto abituato ad un determinato target di spettatori.C'è da chiedersi come Burton possa essersi sottomesso a simili costrizioni, se dalla Disney gli sono state imposte, in un film dalla trama scarna che punta tutto sull'impatto visivo, con un Alice che parallelamente al regista fallisce nella sua fuga dal conformismo.Una lancia va spezzata in favore di Johnny Depp, sempre impeccabile da solo riesce a costituire l'essenza che il film non lascia trasparire, fatta eccezione per una delle scene finali in cui si esibisce in un balletto che lascia perplessi.Resta un bel film, ma che delude le aspettative dei sostenitori del regista e lascia con l'amaro in bocca.
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galpado
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mercoledì 3 marzo 2010
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tim burton non lascia il segno...
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ALICE IN WONDERLAND 3D
Voto: 6
Film dalle grandi aspettative, grandissima campagna di marketing ma sono rimasto deluso..
Sostanzialmente la storia si basa su Alice che torna nel paese delle meraviglie un pò più grandicella della prima volta... per il resto:
-3d: Scarso, inutile per rafforzare il linguaggio filmico di questo film, troppi fuori-fuoco, toglie colore alla fotografia, unica cosa che ti fa ricordare che lo stai guardano in 3d è quando il coniglio pazzo lancia le cose.
-Sceneggiatura: a mio parere mediocre, il film non è avvicente, non c'è suspence, non c'è spannung, "l'oraculum" secondo me ha rovinato il film perchè sostanzialmente dicono subito come finirà tutto e quei pochi particolari in più rispetto all'originale "alice nel paese delle meraviglie" vengono subito svelati, per cui il classico scontro finale fra le forze del bene e del male è piuttosto noioso.
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ALICE IN WONDERLAND 3D
Voto: 6
Film dalle grandi aspettative, grandissima campagna di marketing ma sono rimasto deluso..
Sostanzialmente la storia si basa su Alice che torna nel paese delle meraviglie un pò più grandicella della prima volta... per il resto:
-3d: Scarso, inutile per rafforzare il linguaggio filmico di questo film, troppi fuori-fuoco, toglie colore alla fotografia, unica cosa che ti fa ricordare che lo stai guardano in 3d è quando il coniglio pazzo lancia le cose.
-Sceneggiatura: a mio parere mediocre, il film non è avvicente, non c'è suspence, non c'è spannung, "l'oraculum" secondo me ha rovinato il film perchè sostanzialmente dicono subito come finirà tutto e quei pochi particolari in più rispetto all'originale "alice nel paese delle meraviglie" vengono subito svelati, per cui il classico scontro finale fra le forze del bene e del male è piuttosto noioso. Inoltre non ha alcun senso che tutti i personaggi riescano ad entrare nella corte della regina Rossa (cattiva) con cosi tanta semplicità. (chi viene catturato diventa subito "cortigiano", ma quando mai???; tutti si redimono... mostriciattoli compresi..boh... troppo scontato o meglio dovrebbe essere stato più difficile a mio avviso l'espugnazione della rocca del male).
-Fotografia & Costumi: il 3d leva troppa luminosità, oltre a questo è sicuramente valida, i personaggi sono caratteristici, mi sono piaciuti, i costumi molto belli.
In definitiva lo considero un filmetto relax da vedere una domenica sera di pioggia.. sicuramente il mondo creato da Tim Burton è fantastico ma di per sè la storia si perde molto come gli stessi caratteri dei personaggi... capisco che essendo un film disney quindi rivolto a un target molto ampio (dai piccolissimi in su) non si potesse pretendere chissà quale complesso racconto.
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[+] matematica=opinione?
(di jellacc)
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manu^^
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martedì 9 marzo 2010
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buon viaggio a vederci...
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Credo che ALICE IN WONDERLAND meriti un elogio in risposta a tutte le accuse e ai commenti negativi.
Alice Kingsley ha ormai 19 anni. Prigioniera in un mondo meschino, ipocrita e senza vita, soffre la perdita dell'amato padre, l'uomo che guardava lontano, che pensava sei cose impossibili prima di colazione e che l'aiutava a superare i suoi incubi. O meglio il suo incubo. Sempre lo stesso da quando ne ha memoria.
"Secondo te, sono matta?"
"Temo di sì. Sei completamente svitata". Alice lo guardò impaurita. "Ma ti svelo un segreto... tutti i migliori sono matti"
La storia gioca intorno a questo fondamentale concetto. L'universo di Alice si regge su questo concetto. L'unico colore in quel panorama di nebbia.
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Credo che ALICE IN WONDERLAND meriti un elogio in risposta a tutte le accuse e ai commenti negativi.
Alice Kingsley ha ormai 19 anni. Prigioniera in un mondo meschino, ipocrita e senza vita, soffre la perdita dell'amato padre, l'uomo che guardava lontano, che pensava sei cose impossibili prima di colazione e che l'aiutava a superare i suoi incubi. O meglio il suo incubo. Sempre lo stesso da quando ne ha memoria.
"Secondo te, sono matta?"
"Temo di sì. Sei completamente svitata". Alice lo guardò impaurita. "Ma ti svelo un segreto... tutti i migliori sono matti"
La storia gioca intorno a questo fondamentale concetto. L'universo di Alice si regge su questo concetto. L'unico colore in quel panorama di nebbia. L'unica speranza. L'unica cosa in cui credere.
Alice non sposerà Hamish Ascot. Non farà ciò che tutti le dicono. Alice non ama i corsetti e neanche le calze. Alice non è fra i vittoriani, fugge dalla Londra vittoriana. Alice si distrae. Continuamente.
Ecco che parte Danny Elfman con la sua musica incalzante. Tim Burton sfodera il dark.
Bianconiglio, Dodo, Ghiro, Pincopanco, Pancopinco, Brucaliffo, Grafobrancio, Ciciacià, Fante di cuori, Regina rossa, Regina bianca, Stregatto, Leprotto Bisestile, Cappellaio Matto... Alice! Sei tornata!
"E' l'Alice sbagliata"
Un viaggio difficile, il paese delle meraviglie.
"Si dice che per sopravvivere qui bisogna essere matti come un cappellaio. E per fortuna... io lo sono"
Un viaggio con uno scopo. L'oraculum prevede quello che sarà. Il giorno Gioiglorioso è alle porte.
"Io non uccido, levatelo dalla mente"
Un viaggio verso il giusto. Verso l'amore e la libertà.
"Tu hai idea del perchè un corvo assomiglia ad una scrivania?"
Alice troverà la sua strada. Alice sceglierà il percorso, non per accontentare gli altri. Perchè Alice non si conforma. Alice cresce e, quando si cresce, ci si rende conto di non poter restare ancorati ad alcune delle nostre convinzioni. Un po' perchè sbagliate, un po' per quelli che amiamo, un po' per giustizia e <>. Ma è sempre e solo Alice a decidere. L'uomo è condannato ad essere libero (Jean-Paul Sartre). Non c'entra il destino. Mai.
"La gente vede la follia nella mia colorata vivacità e non riesce a vedere la pazzia nella loro noiosa normalità"
Alice è innamorata del Cappellaio. Uomo dolce, bizzarro, coraggioso, frustrato, brutto, se vogliamo, che possiede la saggezza di Charles Kingsley e la paura di sua figlia.
E' un amore puro, chiuso nella fantasia. Un amore che non si vede, si percepisce.
"Mi mancherai quando mi sveglierò"
"Questo significa che io non esisto"
Un amore, direbbero i tragici, impossibile. "Solo se pensi che lo sia" risponderebbe il Cappellaio.
"Buon viaggio a vederci" sussurra il Cappellaio. Buon viaggio a vederci. Che sarebbe come dire che il viaggio è insieme. Ovunque e comunque andranno le cose, il viaggio si farà insieme. Alice a Londra, lui nel paese delle meraviglie. Lei viva, lui inesistente. Il viaggio sarà per sempre insieme. Perchè ad Alice piacciono i conigli, soprattutto bianchi. Perchè lei assaggia tutto, non può stare con uno che ha problemi di digestione. Perchè lei deve espandere i commerci in Cina e salpare con la compagnia. Perchè nelle sue vene scorre il sangue di quel Charles dalle larghe vedute. Perchè Alice immagina cose assurde.
Tim Burton non delude. Il film è un mix di simbolismo, analogia e metafore tutte celate dietro la banalità (banalità?) della storia.
Dovete essere matti abbastanza per capire questo film^^
Manu
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[+] una persona che ha capito allora esiste....
(di nicosia)
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(di c. nyby)
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[+] complimenti manu
(di andrea garner)
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(di roberta gilmore)
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[+] ...ancora due parole...
(di manu^^)
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[+] ...tra etica e pathos!
(di il replicante)
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[+] in risposta a "tra etica e pathos"
(di manu^^)
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[+] adesso dico la mia
(di marvelman)
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(di laryyy)
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jackschiavelli
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martedì 9 marzo 2010
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burton nel paese delle meraviglie
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Quasi Disney. Alice in Wonderland è la raffinata favola con cui Tim Burton omaggia la sua madre artistica e presenta il classico di Lewis Carroll riadattato per la nostra epoca.
Il sottomondo di Burton ha una profonda carica emozionale sopratutto dal punto di vista immaginativo e tecnico, il che coinvolgerà molti, ma in particolar modo i bambini, siano essi tali per età o interiorità.
Complice la terrificante musica della sua più indovinata e fraterna creatura,Danny Elfman, il film cattura l'attenzione sopratutto nei primi 40 minuti, rallenta nella parte centrale, si risolleva nell'incredibile (se paragonato all'incipit tanto classico) epilogo della battaglia, una sequenza fantasy che fortunatamente non si prende troppo sul serio.
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Quasi Disney. Alice in Wonderland è la raffinata favola con cui Tim Burton omaggia la sua madre artistica e presenta il classico di Lewis Carroll riadattato per la nostra epoca.
Il sottomondo di Burton ha una profonda carica emozionale sopratutto dal punto di vista immaginativo e tecnico, il che coinvolgerà molti, ma in particolar modo i bambini, siano essi tali per età o interiorità.
Complice la terrificante musica della sua più indovinata e fraterna creatura,Danny Elfman, il film cattura l'attenzione sopratutto nei primi 40 minuti, rallenta nella parte centrale, si risolleva nell'incredibile (se paragonato all'incipit tanto classico) epilogo della battaglia, una sequenza fantasy che fortunatamente non si prende troppo sul serio. Il tutto scorre in modo molto lineare, forse un pò troppo per l'enfant-prodige di Burbank che ha avuto il bizzarro mondo di Carroll in pugno. Burton, comunque intrattiene, diverte e, in pace con se stesso, continua la sua metamorfosi libero da cimiteri e angosce (un' evoluzione ancora in corso ma in parte già avvenuta in alcuni dei suoi lavori migliori ,Big Fish e La Fabbrica di Cioccolato). In ogni caso Burton non ci fa mancare i tipici elementi del suo carosello a cui siamo affezionati e che lo rendono un regista così unico. Ne è un esempio la spietata Regina Rossa,deforme e odiata, il miglior personaggio del film che la bravissima Bonham Carter incarna con passione. E non è tutto: cortigiani mostruosi che sembrano usciti da "Freaks" di Tod Browning, un fiume di sangue con teste mozze, icone del bene alquanto disturbate (l'eterea e punk Regina Bianca della Hataway) o violente (il piccolo ghiro che cava gli occhi), la follia esilarante del leprotto marzolino. Insomma, al contrario di quanto molti hanno scritto, Tim c'è e non bisogna affatto ricercarlo. Al mattatore Depp, bravo e ormai cartoon di se stesso, è riservata la sequenza più intensa della pellicola: il ritrovo tra Alice e il Cappellaio Matto anticipata dalla trasformazione del ruffiano Stregatto in luna. Quest'ultimo, un character carico di charme e per cui il 3D ha l'assoluto valore. Alla fine ci è riservata l'appetitosa "deliranza", eco dei demenziali finali di Beetlejuice e Mars Attacks! e Alice (il buon esordio di Mia Wasikowska) che finalmente ritrova se stessa. Ma nell'intraprendere il viaggio della vita ci sarà sempre un Brucaliffo appoggiato alla sua spalla, simbolo di quella tanto sospirata evasione di cui ogni tanto si ha davvero bisogno. Questo parallelo, tra la vita di Burton e la protagonista, è il messaggio chiave di tutto quello che credo da ora in poi continueremo a vedere del nostro amato Tim. Personalmente, non posso che esserne contento.
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marise
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lunedì 8 marzo 2010
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troppo lontano, dal sogno e da burton
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Già quegli scomodi occhialetti sembrano molto anti-Tim Burton (non ha sempre preferito lo stop-motion alle tecnologie digitali per gli effetti speciali?), ma tutto sommato, sono sopportabili. Sopportabili, per la frenetica attesa di rimirare ogni sfumatura del binomio più azzeccato di tutti i tempi: Carrol/Burton, il matematico strampalato e il regista spettinato, l’uomo ipocondrico e il difensore della gente brutta e storta. Ebbene, il tutto è una delusione mera, un colpo basso a quelli che in Burton avevano riposto il loro animo più infantile, segreto. Quello fragile, incompreso, solo. Ed è un tradimento ancor più grande quello che determina la saccheggiante resa in chiave "cattiva" del personaggio che entra di diritto tra i freaks burtoniani, quella Bonham Carter dalla testa gigante e gli occhi tremolanti, Regina Rossa capricciosa, viziata e surclassata dall’invidia verso la smielata sorella new-age.
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Già quegli scomodi occhialetti sembrano molto anti-Tim Burton (non ha sempre preferito lo stop-motion alle tecnologie digitali per gli effetti speciali?), ma tutto sommato, sono sopportabili. Sopportabili, per la frenetica attesa di rimirare ogni sfumatura del binomio più azzeccato di tutti i tempi: Carrol/Burton, il matematico strampalato e il regista spettinato, l’uomo ipocondrico e il difensore della gente brutta e storta. Ebbene, il tutto è una delusione mera, un colpo basso a quelli che in Burton avevano riposto il loro animo più infantile, segreto. Quello fragile, incompreso, solo. Ed è un tradimento ancor più grande quello che determina la saccheggiante resa in chiave "cattiva" del personaggio che entra di diritto tra i freaks burtoniani, quella Bonham Carter dalla testa gigante e gli occhi tremolanti, Regina Rossa capricciosa, viziata e surclassata dall’invidia verso la smielata sorella new-age. L’inizio, quello si, è Burton in tutto e per tutto: questa ragazzina pallida e senza calze, per di più mezza pazza, più fragile e tenue di un soffio in un mondo di benpensanti. Tutto questo fino all’attesissimo Wonderland. Varcata la porticina minuscola, scompaiono Carrol e le sue allegorie crudeli di morte, la sua paura dell’eros, la schizofrenia di un linguaggio mutevole come luce su seta. Scompare Alice, che diventa una tiepida ripetizione di sé stessa smussata di tutta la sua complessità e ridotta a un’eroina del fantasy più scadente. Scompare Tim. Scompare, inghiottito in una trama lineare e inutile. Scompare, portandosi dietro Danny Elfman. Nemmeno le continue nubi rugginose e le foreste di funghi che aleggiano su Wonderland ce lo riportano indietro. Un debole, fioco barlume sinistro rientra quando Alice, (un’attrice dalla purezza incredibile, questa Mia Wasikowska), guidata da un ammaliante Stregatto, giunge alla tavola a soqquadro di Cappellaio Matto e amici. Ma Depp non basta: non bastano le sue movenze assurde, non basta il suo colorito diafano e il suo ennesimo sfoggio di trasformismo. Si impone sulla scena sconsolata con un ghigno schizoide e una passerella conturbante sulla tavola sparecchiata, ma è un barlume, nulla di più. Più che un pazzo, è un depresso malconcio. Insomma, c’è poco da dire. Ciò che non quadra, in tutto questo, è la sceneggiatura. Il Paese delle "Burton Meraviglie" ci sarebbe pure (non un trinomio di colori divertenti, ma qualcosa di molto cupo), e costumi e fisionomie sono azzeccate, accurate, ma i personaggi vivono interamente di quelle, soffermandosi a uno spessore e una “contortezza” che di Burton non hanno neanche un neo. E quando, più di vent'anni fa, questo regista deduceva che la zuccherosa realizzazione di Red e Toby non faceva per lui, non deduceva male. Non a caso,le uniche scene veramente riuscite sono quelle che invece della disneyana Woolverton "sceneggia" Carrol. La caduta nella tana è silenziosa e stracolma di oggetti stranissimi e meravigliosi. E la tavola del Cappellaio è un sinistro raccordo tra normalità/pazzia, ordine/disordine, energia/depressione. Senza senso, senza logica, senza trama. Un agglomerato di buffi e inquietanti eventi che si succedono come in un sogno. Perché ricordiamolo, quello di Alice è un sogno. E in un sogno non ci sono profezie ridicole, pseudodraghi e paesi da salvare. Una trama è la cosa più banale, noiosa e inutile vi si possa infilare. Se Burton avesse seguito la linea del suo immaginario smisurato, si sarebbe gridato al capolavoro. Ma stavolta, non è così.
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(di marksnape)
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kayton
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mercoledì 17 marzo 2010
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alice e burton persi nel wonderland
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Chi conosce Tim Burton e la sua filmografia, dopo aver visto “Alice in Wonderland” non può non farsi una domanda: perché questo regista si è prestato a un film del genere? Non solo si è prestato, ma si è quasi prostrato mettendosi a servizio di una sceneggiatura preconfezionata targata Disney.
Partendo dai racconti di Carroll “Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie” e il successivo “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”, la sceneggiatrice Linda Woolverton ha scritto una storia quasi banale, che ha trasformato questo “Alice in Wonderland” in una sorta di fantasy con tanto di battaglia finale tra la paladina della giustizia e il drago. Il tutto usando un 3d che poco aggiunge a questo film.
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Chi conosce Tim Burton e la sua filmografia, dopo aver visto “Alice in Wonderland” non può non farsi una domanda: perché questo regista si è prestato a un film del genere? Non solo si è prestato, ma si è quasi prostrato mettendosi a servizio di una sceneggiatura preconfezionata targata Disney.
Partendo dai racconti di Carroll “Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie” e il successivo “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”, la sceneggiatrice Linda Woolverton ha scritto una storia quasi banale, che ha trasformato questo “Alice in Wonderland” in una sorta di fantasy con tanto di battaglia finale tra la paladina della giustizia e il drago. Il tutto usando un 3d che poco aggiunge a questo film.
Eppure l’inizio prometteva bene con Alice, 19enne sognatrice, catapultata nel sottomondo (under world), quello che lei credeva essere il mondo delle meraviglie. Non mancano nella costruzione di questi luoghi alcune trovate geniali del buon vecchio Burton. Ottimi anche i costumi, che Alice cambia e ricambia in continuazione per supplire alle sue dimensioni “cangianti”. Così come spicca la colonna sonora che ben accompagna il viaggio nel sottomondo. Troppo poco per passare oltre il resto del film. Un film che raggiunge forse il suo momento più basso quando il Cappellaio matto (Johnny Depp) si lancia nel ballo della deliranza. Ma non c’è da stupirsi di tutto ciò visto che Burton prima di iniziare le riprese precisò come la sua intenzione fosse quella di rappresentare interamente la sacralità della storia e di renderla in tutto e per tutto conforme all'opera di Carroll. Se l’intento era questo, allora sembra esserci riuscito in pieno. Per chi si aspetta qualcos’altro, meglio rispolverare “Edward mani di forbice” piuttosto che andare al cinema.
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mangikkio
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martedì 9 marzo 2010
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un viaggio a cappello nel paese di alice
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Un castello malvaggio, un fossato di sangue in cui galleggiano teste mozzate, le carte soldato son state oramai tutte dipinte di rosso. Il paese di Alice è cambiato?
Tim Burton ci mette del suo. Alice, di dieci anni più grande, ha solo un vago ricordo delle meraviglie scoperte nel suo precedente viaggio, un ricordo che si confonde nei sogni e che la preoccupa, facendola sentire pazza. Ora in età da marito, ad una grande festa per il suo fidanzamento ecco riapparire il bianconiglio, ed Alice non puo trattenersi dal cadere di nuovo nella sua tana. Solo al ritorno nel mondo reale però, sarà davvero cresciuta ed in grado di scegliere cosa fare di se stessa.
Un'avventura forse semplice ed un po' scontata ma comunque epica ed eroica.
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Un castello malvaggio, un fossato di sangue in cui galleggiano teste mozzate, le carte soldato son state oramai tutte dipinte di rosso. Il paese di Alice è cambiato?
Tim Burton ci mette del suo. Alice, di dieci anni più grande, ha solo un vago ricordo delle meraviglie scoperte nel suo precedente viaggio, un ricordo che si confonde nei sogni e che la preoccupa, facendola sentire pazza. Ora in età da marito, ad una grande festa per il suo fidanzamento ecco riapparire il bianconiglio, ed Alice non puo trattenersi dal cadere di nuovo nella sua tana. Solo al ritorno nel mondo reale però, sarà davvero cresciuta ed in grado di scegliere cosa fare di se stessa.
Un'avventura forse semplice ed un po' scontata ma comunque epica ed eroica. Tim Burton ci racconta una storia facendo un uso straordinario di tutti i personaggi della versione precedente, colorandoli in modo da accentuare profondamente le caratteristiche di ognuno. Alcuni dialoghi sono presi integramelte dal film della disney in modo da rendere omaggio al capolavoro originale. Inoltre alle vecchie meraviglie (la tortinsù, l'evanescenza dello stregatto, i vari animali parlanti, ecc.) se ne aggiungono di nuove, come la straordinaria possibilita di viaggiare a cappello o la geniale idea di rappresentare la regina rossa, che tanto ama gridare "tagliatele la testa", con un cranio dalle dimensioni mostruose.
L'uso del 3d è perfetto, soprattutto nelle scene statiche, alcune scelte registiche, come l'uso ripetuto di lunghe prospettive centrali(la scena della promessa di matrimonio) o i dialoghi girati sempre in almeno due piani accentuano le possibilita della nuova tecnologia.
Io personalmente ho amato Alice di Carol e di Disney e non ho nessuna difficolta a dire che amerò presto anche questo di Burton( per amare un film lo devo vedere almeno tre volte).
In 108 minuti neanche uno sbadiglio ma la bocca era spesso aperta per la "meraviglia" e sicuramente guardandolo potrete recuperare almeno un po' della vostra "moltezza".
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