Alice in Wonderland |
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Un film di Tim Burton.
Con Mia Wasikowska, Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Crispin Glover, Anne Hathaway.
continua»
Fantastico,
Ratings: Kids,
durata 108 min.
- USA 2010.
- Walt Disney
uscita mercoledì 3 marzo 2010.
MYMONETRO
Alice in Wonderland
valutazione media:
2,64
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Troppo lontano, dal sogno e da Burtondi mariseFeedback: 126 |
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lunedì 8 marzo 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Già quegli scomodi occhialetti sembrano molto anti-Tim Burton (non ha sempre preferito lo stop-motion alle tecnologie digitali per gli effetti speciali?), ma tutto sommato, sono sopportabili. Sopportabili, per la frenetica attesa di rimirare ogni sfumatura del binomio più azzeccato di tutti i tempi: Carrol/Burton, il matematico strampalato e il regista spettinato, l’uomo ipocondrico e il difensore della gente brutta e storta. Ebbene, il tutto è una delusione mera, un colpo basso a quelli che in Burton avevano riposto il loro animo più infantile, segreto. Quello fragile, incompreso, solo. Ed è un tradimento ancor più grande quello che determina la saccheggiante resa in chiave "cattiva" del personaggio che entra di diritto tra i freaks burtoniani, quella Bonham Carter dalla testa gigante e gli occhi tremolanti, Regina Rossa capricciosa, viziata e surclassata dall’invidia verso la smielata sorella new-age. L’inizio, quello si, è Burton in tutto e per tutto: questa ragazzina pallida e senza calze, per di più mezza pazza, più fragile e tenue di un soffio in un mondo di benpensanti. Tutto questo fino all’attesissimo Wonderland. Varcata la porticina minuscola, scompaiono Carrol e le sue allegorie crudeli di morte, la sua paura dell’eros, la schizofrenia di un linguaggio mutevole come luce su seta. Scompare Alice, che diventa una tiepida ripetizione di sé stessa smussata di tutta la sua complessità e ridotta a un’eroina del fantasy più scadente. Scompare Tim. Scompare, inghiottito in una trama lineare e inutile. Scompare, portandosi dietro Danny Elfman. Nemmeno le continue nubi rugginose e le foreste di funghi che aleggiano su Wonderland ce lo riportano indietro. Un debole, fioco barlume sinistro rientra quando Alice, (un’attrice dalla purezza incredibile, questa Mia Wasikowska), guidata da un ammaliante Stregatto, giunge alla tavola a soqquadro di Cappellaio Matto e amici. Ma Depp non basta: non bastano le sue movenze assurde, non basta il suo colorito diafano e il suo ennesimo sfoggio di trasformismo. Si impone sulla scena sconsolata con un ghigno schizoide e una passerella conturbante sulla tavola sparecchiata, ma è un barlume, nulla di più. Più che un pazzo, è un depresso malconcio. Insomma, c’è poco da dire. Ciò che non quadra, in tutto questo, è la sceneggiatura. Il Paese delle "Burton Meraviglie" ci sarebbe pure (non un trinomio di colori divertenti, ma qualcosa di molto cupo), e costumi e fisionomie sono azzeccate, accurate, ma i personaggi vivono interamente di quelle, soffermandosi a uno spessore e una “contortezza” che di Burton non hanno neanche un neo. E quando, più di vent'anni fa, questo regista deduceva che la zuccherosa realizzazione di Red e Toby non faceva per lui, non deduceva male. Non a caso,le uniche scene veramente riuscite sono quelle che invece della disneyana Woolverton "sceneggia" Carrol. La caduta nella tana è silenziosa e stracolma di oggetti stranissimi e meravigliosi. E la tavola del Cappellaio è un sinistro raccordo tra normalità/pazzia, ordine/disordine, energia/depressione. Senza senso, senza logica, senza trama. Un agglomerato di buffi e inquietanti eventi che si succedono come in un sogno. Perché ricordiamolo, quello di Alice è un sogno. E in un sogno non ci sono profezie ridicole, pseudodraghi e paesi da salvare. Una trama è la cosa più banale, noiosa e inutile vi si possa infilare. Se Burton avesse seguito la linea del suo immaginario smisurato, si sarebbe gridato al capolavoro. Ma stavolta, non è così.
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