Triage

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Un film di Danis Tanovic. Con Colin Farrell, Paz Vega, Christopher Lee, Kelly Reilly, Jamie Sives.
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Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 99 min. - Irlanda, Belgio 2009. - 01 Distribution uscita venerdì 27 novembre 2009. MYMONETRO Triage * * 1/2 - - valutazione media: 2,51 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La guerra di Tanovic

di Natalia Aspesi La Repubblica

Il Festival di Roma si inaugura con un film che ci dice quanto la guerra sia una brutta cosa; poco più di un mese fa il Leone d' Oro della Mostra di Venezia è andato a un film che mostra quanto la guerra sia una cosa brutta; non c' è cinemanifestazione in cui manchi un film che racconti quanto sia brutta la guerra, qui ce ne sono almeno tre o quattro (da uno scontro tra eserciti cinesi nel deserto del Gobi di 2000 anni fa, alla rappresaglia nazista di Marzabotto del 1944); e anche i film in circolazione, pure comici, ci dicono che la guerra è proprio brutta. E se si tornasse ai vecchi tempi in cui i Berretti Verdi combattevano, almeno sullo schermo, una guerra bella, nel senso che, vincendola, la facevano finire e gli spettatori andavano a casa contenti? Adesso nella realtà come nei film, le guerre non hanno né vincitori né vinti, quindi non finiscono mai, si installano in un posto e lì restano, endemiche come una malattia inguaribile, che sembra debellata e invece all' improvviso dilaga ancora. Dalle sue esperienze belliche evidentemente non deve essere guarito Danis Tanovic, il quarantenne regista bosniaco di Triage, il primo film in concorso che tutto il brioso e mondano red carpet di ieri sera ha dovuto affrontare, certo impreparato alle rosse maciullazioni da scoppio di granata, raffiche di mitra e mine antiuomo, con pezzi umani sanguinolenti sparsi qua e là e rosse carni esposte e coperte di vermi, perché come siè detto, la guerra è proprio una cosa molto ma molto brutta. Nel 2002 Tanovic ha vinto l' Oscar per il miglior film straniero con No man' s land, sarcastica storia ambientata nel 1993, su uno dei tanti momenti di orrore nella guerra tra serbi e bosniaci nell' ex Yugoslavia, sull' inutilità delle truppe di pace, sui danni dei media a caccia di scoop. A quella guerra lui aveva partecipato giovanissimo con una troupe cinematografica, ed è forse per quello che il protagonista di Triage è un fotoreporter, un uomo che fissa la disumanità del conflitto attraverso l' obiettivo che glielo rende lontano, più immagine che realtà. Il momento è il 1988, la regione il Kurdistan, la guerra è una delle tante, una dietro l' altra, tra curdi e turchi, e iracheni, e iraniani. Il fotoreporter capellone Colin Farrell e il collega amico Jamie Sives raggiungono sulle aride montagne un miserabile ospedale da campo curdo nascosto dentro una grotta fetida. Il solo medico Branko Djuric è sbrigativo; con un cartellino giallo segna i feriti che possono essere salvati, con uno azzurro quelli che comunque moriranno: ed è lui stesso a farli fuori con una revolverata, «per porre termine a inutili sofferenze». Sives non ce la fa a sopportare quell' inferno, e decide di tornare a casa, a Dublino, dove la moglie sta per partorire. Anche Farrell torna, dopo essere stato ferito quasi mortalmente, ma non è più lui, e la bella moglie Paz Vega se ne preoccupa. A questo punto arrivano Dracula, il conte Doku di Star Wars e Saruman del Signore degli anelli, tutti insieme nella persona di Christopher Lee, e anche il film non è più lui. L' anziano (ha 87 anni) e tuttora prestante attore (è alto quasi 2 metri), che ha fatto il diabolico in più di 250 film, qui è un diabolico psichiatra che alla fine della guerra di Spagna salvò i torturatori franchisti dagli incubi, restituendoli buoni e senza rimorsi al mondo. Fascista!, gli urla la nipote, che da anni non ha più rapporti con lui ma si rende conto che solo lui può restituirle un marito che non cada continuamente in catalessi e senza ragione non riesca più a camminare: e l' elegantissimo Dracula, ormai pensionato, ben contento di tornare a disturbare i disturbati, comincia a tormentare il povero Farrell con una gragnola di domande più da torturatore che da analista. E infatti: perché il suo amico non torna? Come mai lui, un fotoreporter di guerra che da 12 anni ne ha viste di ogni colore in Palestina e in Africa e in America Latina, sta perdendo la testa per quel che è successo in Kurdistan? Perché rifiuta di partire per un altro servizio fotografico da macello e arriva a terrorizzare la moglie dicendole che vuole restare a casa e avere un figlio da lei? È davanti a questa minaccia che Paz Vega chiama il vecchio nonno franchista-fascista che, sapendola lunga su chi non riesce a liberarsi da colpe mostruose, riesce finalmente a far parlare il disperato Farrell. Poi (quasi) tutti contenti, compreso il piccino appena nato. Lo spettatore meno.
Da La Repubblica, 16 ottobre 2009


di Natalia Aspesi, 16 ottobre 2009

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