giulio brillarelli
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mercoledì 11 marzo 2009
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tanto vetro e cemento per nulla, o quasi
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Sbirro Interpol con faccia da segugio (Clive Owen) e biondo viceprocuratore distrettuale (Naomi Watts) alle prese con la IBBC (International Bank eccetera eccetera), la megabanca lussemburghese più amata dai criminali e dai guerrafondai di mezzo mondo. Il movente è sempre lo stesso, il più antico del mondo: moneymoneymoney... Per incastrarli ci sarebbe una gola profonda, che però viene fatta fuori prima che possa spifferare tutto. Dopo che è stato fatto fuori anche il collega dello sbirro Interpol. Quando è troppo, è troppo: che la caccia abbia inizio. - - - Il nocciolo della questione in “The International” è il predominio del sistema sull’individuo. A parte la trama stessa, un indizio in questo senso è offerto dalle numerose inquadrature in campo lungo con cui il regista schiaccia la figura umana sotto il peso di massicce architetture di vetro e cemento: la stessa IBBC, il quartier generale della polizia federale tedesca a Berlino, quello dell’Interpol a Lione.
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Sbirro Interpol con faccia da segugio (Clive Owen) e biondo viceprocuratore distrettuale (Naomi Watts) alle prese con la IBBC (International Bank eccetera eccetera), la megabanca lussemburghese più amata dai criminali e dai guerrafondai di mezzo mondo. Il movente è sempre lo stesso, il più antico del mondo: moneymoneymoney... Per incastrarli ci sarebbe una gola profonda, che però viene fatta fuori prima che possa spifferare tutto. Dopo che è stato fatto fuori anche il collega dello sbirro Interpol. Quando è troppo, è troppo: che la caccia abbia inizio. - - - Il nocciolo della questione in “The International” è il predominio del sistema sull’individuo. A parte la trama stessa, un indizio in questo senso è offerto dalle numerose inquadrature in campo lungo con cui il regista schiaccia la figura umana sotto il peso di massicce architetture di vetro e cemento: la stessa IBBC, il quartier generale della polizia federale tedesca a Berlino, quello dell’Interpol a Lione... Vengono in mente alcune scene (e soprattutto l’incipit) di “Michael Clayton”, scritto e diretto da Tony Gilroy (già sceneggiatore della trilogia Bourne). Nel 2007, “Michael Clayton” si apriva con il fiume in piena di parole del folle-profeta Arthur Edens (Tom Wilkinson), a cui facevano da commento visivo le inquadrature notturne del grattacielo e degli uffici dello studio legale per cui il protagonista Michael Clayton lavorava. Spazi deserti, a parte donne e uomini delle pulizie; desolati corridoi immersi nella penombra che si estendevano all’infinito, come quelli della biblioteca di Babele; sale riunioni dalle poltrone vuote. Quale migliore strategia filmica per denunciare il peso asfissiante e alienante del sistema? - - - Ma in “The International” la macchina da presa è anche capace di rimanere ipnotizzata dai dettagli e di soffermarsi ad esaminarli da vicino, come all’inizio del film fa Clive Owen con una lente d’ingrandimento, ispezionando il cadavere del collega, alla ricerca di qualche traccia di avvelenamento. Suggestiva, ad esempio, quella sigaretta accesa in macchina, la cui punta incandescente riempie per qualche istante lo schermo intero, come a voler riscaldare la grigia e fredda Berlino, velata da una coltre di pioggia autunnale. - - - Eppure, a conti fatti, “The International” non trova nello spessore dei personaggi, o nell’idea di fondo del controllo, e nemmeno sul piano formale ed estetico, una spinta tale da superare la linea di galleggiamento. Tutto si riduce al “come andrà a finire?”: arrivata la risposta, l’appetito è saziato e il film può essere accantonato. Peccato perché di carne al fuoco ce ne sarebbe: il vile dio denaro, la sete di potere, la dea vendetta (tutta italiana), il dilemma tra giustizia e giustiziere, le paranoie da intercettazione... Ma la cottura è fin troppo al sangue: nessuno di questi elementi viene sviluppato oltre un ilvello di mera funzionalità alla trama. Se tra qualche anno ci ricorderemo ancora di “The International”, sarà probabilmente soltanto per la prelibata sequenza della sparatoria al Guggenheim di New York, adrenalinica quanto un “Die Hard“ (con quella grandinata mortale di schegge, una vera e propria “trappola di cristallo”) e sofisticata quanto un John Woo (con l’eleganza seducente di quelle bianche, bianche curve). Ciliegina sulla torta, i fiocchi di neve che fluttuano all’interno dell’edificio, una volta mandato in frantumi il tetto, indolenti e indifferenti al sangue che sgorga copioso e imbratta giacche e camicie.
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elgatoloco
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venerdì 29 novembre 2019
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convincente su vari fronti
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"THe International"(2009, Tom Twiker)è un film di spionaggio e d'azione(dove a un certo punto l'azione raggiunge una sorta di zenith), ma al tempo stesso anche un film che documenta l'orrore indotto dal capitalismo neoliberrsta e dalla finanziarizzazione selvaggia da esso indotta. Personalmente non credo al film politico di per sè e in absoluto, a quei film che vogliono a tutti i costi "dimostrare una tesi": qui, invece, l'argomentazione risulta dai fatti, dalla loro descrizione e successivamente dalla loro analisi, in modo che si vede come il tempo d'oggi(o di ieri, ma passato da poco, dato che ormai tutto passa molto rapidamente ed è quasi una banalità dirlo; il 2009 era -solo.
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"THe International"(2009, Tom Twiker)è un film di spionaggio e d'azione(dove a un certo punto l'azione raggiunge una sorta di zenith), ma al tempo stesso anche un film che documenta l'orrore indotto dal capitalismo neoliberrsta e dalla finanziarizzazione selvaggia da esso indotta. Personalmente non credo al film politico di per sè e in absoluto, a quei film che vogliono a tutti i costi "dimostrare una tesi": qui, invece, l'argomentazione risulta dai fatti, dalla loro descrizione e successivamente dalla loro analisi, in modo che si vede come il tempo d'oggi(o di ieri, ma passato da poco, dato che ormai tutto passa molto rapidamente ed è quasi una banalità dirlo; il 2009 era -solo...-dieci anni fa e al culmine del crollo di Wall Street, con le conseguenze mondiali che paradossalmente risparmiarono quasi gli States rispetto ad altri continenti, Europa compresa, che anzi era decisamente nel mirino)sia non le"magnifiche sorti e progressive"teorizzate dall'"illuminismo"sciocco(oggi post-qualcosa, piuttosto...)ma invece una sorta di disastro, di rapina autorizzata se non addirittura sponsorizzata in alto loco Senza voler offendere nessuno/a, mi sembra che chi invece, anche nei commenti proposti qui, attacca il film rimproverandogli semplicismo non abbia esperienza(o l'abbia scarsamente)di quello che è realmente il capitale finanziario ma anche semplicemnete la frequentazione di una banca... Più che convincenti, come sempre, i protagonisti Clive Owen e Naomi Watts, ma anche i vari esponenti delle realtà"locali"(in realtà delle capitali europeee, ma...rispetto al "Moloch"gringo...)da Mu"ller-Sthal a Barbarechi, per non dire del cameo regalato(?)dall'ex.governatore lombardo Bob Formigoni.... El Gato
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elgatoloco
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lunedì 17 maggio 2021
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non solo una banca è corrotta
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"The International"(Tom Tykwer, sceneggiatura di Eric Singer, 2009)narra di un agente"super"dell'Interpol che, insieme a una procuratrice distrettuale, indaga su vari epsodi di corruzione bancaria e in particoalre su uno, che si svolge in diversi luoghi dello scenario finanziaio internazionale, dove le ricerche affannose, che sembrano condurre a una soluzione, pervengono a quella che sembra una soluzione, senza essere tale, in reatà, in quanto agli scenari previsti si è aggiunto uno scenario ulteriore., nel quale, pur se con"attori diversi", la situazione sarà comunque non migliore del previsto. In genere, nei film di spionaggio.azione, oltre all'azione e alla ricerca di coloro che si devono trovare c'è ben poco, menre qui, a parte l'individuazione di un caso preciso di corruzione, si cerca di mostrare-dimostrare che tuttto il mondo del capitalismo finanziario(che ormai p architrave portante del capitalismo mondiale e del connesso imperialismo)è corrotto, anzi, per precisare meglio, è addirittura fondato sulla corruzione.
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"The International"(Tom Tykwer, sceneggiatura di Eric Singer, 2009)narra di un agente"super"dell'Interpol che, insieme a una procuratrice distrettuale, indaga su vari epsodi di corruzione bancaria e in particoalre su uno, che si svolge in diversi luoghi dello scenario finanziaio internazionale, dove le ricerche affannose, che sembrano condurre a una soluzione, pervengono a quella che sembra una soluzione, senza essere tale, in reatà, in quanto agli scenari previsti si è aggiunto uno scenario ulteriore., nel quale, pur se con"attori diversi", la situazione sarà comunque non migliore del previsto. In genere, nei film di spionaggio.azione, oltre all'azione e alla ricerca di coloro che si devono trovare c'è ben poco, menre qui, a parte l'individuazione di un caso preciso di corruzione, si cerca di mostrare-dimostrare che tuttto il mondo del capitalismo finanziario(che ormai p architrave portante del capitalismo mondiale e del connesso imperialismo)è corrotto, anzi, per precisare meglio, è addirittura fondato sulla corruzione. Certo, grandi elementi di novità, volendo, non ci sono e non si trovano, ma , a differenza di James Bond, che si limita all'azione e alla dfesa dello status quo"for the Queen", qui troviamo un Clive Owen come agente convinto dlela sua opera anche eticamente valida, giustamente e serimanete incattivito, certo efficace nella resa d un personaggio che è veramente una sorta di anti.-bond, ossia l'antagonista"per elezione"dello stereoptipo di chi si lmita, magari con qualche piccola aggiunta"creativa"(sessual-sentimentale)all'esexuione di origdini ricevuti. Naomi Watts sembra ricpprire più un ruolo"di complmento", mentre decisamente interessante è la partecipazione di un attore della veccha guardia, come Armin Mueller-Stahll, nella parte di un ex agente della STASI(agente in forza all'allora DDR)a suo tempo convinto comunista., ma anche la caraterizzazione di Luca Barbareschi appare convincente, nel ruolo di un banchiere prestato alla politca, ma anche destinato"a una brutta fine". Complessivamente un film che, senza fuoriuscire dal "canone"previsto per questi film, riesce comunque ad inserire al suo interno un elemento di dissoluzione, di critica dall'interno, che riesce ade sserre in qualche mood"corrosivo",purché senza colga almeno lonntamente l'essenza. El Gato
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wynorski guiaz '80s
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lunedì 7 settembre 2009
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intrigo internazionale
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Gli agenti dell'Interpool Sallinger(Clive Owen) e Whitman(Naomi Watts) devono riuscire a smascherare il coinvolgimento di alcune banche mondiali in commerci di armi e in piani terroristici. Ma tra Berlino, Milano e New York la situazione sembra più complicata del previsto. Attualità mista all'action/thriller non propriamente hollywoodiano. E' questo il genere di film diretto da Tom Tykwer e con due protagonisti dinamici, 'carichi' e ottimamente immedesimati nei due agenti segreti. Ritornando alla precedente definizione, The International calza a pennello solo il primo aggettivo sul quale, per altro, fa pienamente centro. Come recensito in molte critiche, la pellicola di Tywker è un thriller politico in cui lo spettatore deve far funzionare il cervello per capire la trama complicata.
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Gli agenti dell'Interpool Sallinger(Clive Owen) e Whitman(Naomi Watts) devono riuscire a smascherare il coinvolgimento di alcune banche mondiali in commerci di armi e in piani terroristici. Ma tra Berlino, Milano e New York la situazione sembra più complicata del previsto. Attualità mista all'action/thriller non propriamente hollywoodiano. E' questo il genere di film diretto da Tom Tykwer e con due protagonisti dinamici, 'carichi' e ottimamente immedesimati nei due agenti segreti. Ritornando alla precedente definizione, The International calza a pennello solo il primo aggettivo sul quale, per altro, fa pienamente centro. Come recensito in molte critiche, la pellicola di Tywker è un thriller politico in cui lo spettatore deve far funzionare il cervello per capire la trama complicata. Trama, che fa direttamente riferimento alla situazione bancaria odierna. Il regista e lo scenografo imbastiscono questa trama in location 'ricercate'(nel senso della ricchezza artistica del film) e in condizioni climatiche fredde, innevate o con gocce di pioggia da pre-temporale. Di certo, quello che colpisce il pubblico è la sequenza a Milano in Stazione Centrale dove il politico Calvini ci lascia la vita o, per citarne un'altra, quella nel museo di New York dove ha il via la più grande sparatoria del film. Purtroppo(in senso d'azione) le inquadrature e le sequenze emozionanti finiscono lì; come fossero 'buttate' a caso nel montaggio. E di conseguenza, International cade in una pellicola spionistica fatta solo di dialoghi e quasi nessun colpo di scena. Con questo però, non si vuol dire che il film è un prodotto mal fatto, anzi la pellicola con Clive Owen e Naomi Watts è ben fatta, ma il pubblico di oggi, abituato a blockbuster e roboanti action, delega queste pellicole al sottogenere thriller dialogato non cogliendone la buona fattura e la tensione, che in certo senso, si instaurano all'interno della trama. E se poi a questo ci aggiungiamo un contesto politico volto a far riflettere lo spettatore: addio, è come mostragli un film di guerra sull'Iraq(vedi gli insuccessi di The Hurt Locker e Redacted). Decisamente un film sottovalutato e da vedere, non solo per curiosità.
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houssy
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mercoledì 13 maggio 2009
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the international: the usual soup
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La stessa zuppa. Cambia la confezione che si arricchisce di colori più sgargianti, gli ingredienti sono lievemente differenti e magari invece delle carote ci sono le fave, perfino il nome compie una metamorfosi e viene tirata in ballo la lingua anglosassone, ma purtroppo stringi stringi il risultato non cambia. Così dopo averlo consumato tutto in un sol boccone, questo The international risulta essere quantomeno dimenticabile, ascrivibile com'è nella lunga e penosa lista delle pellicole destinate all'oblio. Eppure i presupposti ci sarebbero pure, ma alla fine lo spettatore resta con la testa piena zeppa di spunti non sviluppati, che inutilmente girano a vuoto. La banca brutta e cattiva, il mercato delle armi e della guerra, gli omicidi politici, tanta la carne al fuoco, forse troppa e la sommaria noncuranza con cui vengono affrontati certi temi ha dell'imbarazzante.
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La stessa zuppa. Cambia la confezione che si arricchisce di colori più sgargianti, gli ingredienti sono lievemente differenti e magari invece delle carote ci sono le fave, perfino il nome compie una metamorfosi e viene tirata in ballo la lingua anglosassone, ma purtroppo stringi stringi il risultato non cambia. Così dopo averlo consumato tutto in un sol boccone, questo The international risulta essere quantomeno dimenticabile, ascrivibile com'è nella lunga e penosa lista delle pellicole destinate all'oblio. Eppure i presupposti ci sarebbero pure, ma alla fine lo spettatore resta con la testa piena zeppa di spunti non sviluppati, che inutilmente girano a vuoto. La banca brutta e cattiva, il mercato delle armi e della guerra, gli omicidi politici, tanta la carne al fuoco, forse troppa e la sommaria noncuranza con cui vengono affrontati certi temi ha dell'imbarazzante. Impossibile pensare di poter risolvere le piaghe bibliche proposte dal film a colpi di pistola, impossibile pensare che qualcuno ancora lo creda possibile e in ultimo ancora più impossibile pensare che il pubblico se la beva serenamente. Visto poi che il protagonista non è Chuck Norris ne tanto meno Steven Segal, il gioco non regge e lo spettatore smaliziato, dopo anni e anni di film dietro le spalle, immancabilmente risolve il suo disappunto con il classico gesto dell'ombrello. Peccato, un minimo di pepe in più avrebbe giovato, donando al tutto un sapore diverso. Lasciate perdere.
LA SCENA CHE VALE IL FILM
L'inizio, quando ancora pensi che assisterai ad un bel film.
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