Solomon Kane

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Un film di Michael J. Bassett. Con James Purefoy, Max von Sydow, Rachel Hurd-Wood, Patrick Hurd-Wood, Pete Postlethwaite.
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Azione, durata 104 min. - Francia, Repubblica ceca, Gran Bretagna 2009. - Eagle Pictures uscita mercoledì 14 luglio 2010. MYMONETRO Solomon Kane * * 1/2 - - valutazione media: 2,73 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Dramma dell'uomo ripudiato dalla divina giustizia Valutazione 2 stelle su cinque

di GreatSteven


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mercoledì 18 aprile 2018

SOLOMON KANE (UK/FR/REP. CECA, 2009) diretto da MICHAEL J. BASSETT. Interpretato da JAMES PUREFOY, MAX VON SYDOW, JASON FLEMYNG, RACHEL HURD-WOOD, PETE POSTLETHWAITE, ALICE KRIGE, PHILIP WINCHESTER, MACKENZIE CROOK, SAMUEL ROURKIN
Solomon Kane è uno spietato pirata mercenario al comando di una ciurma di assassini assetati di sangue alla ricerca di ricchezze da depredare. Nel 1600, mentre combattono per l’Inghilterra in Nord Africa (come fanno in ogni continente), hanno la malaugurata idea di saccheggiare un misterioso castello, ma l’impresa fallisce: gli uomini di Kane vengono uccisi e il capitano ha a che fare col Mietitore del  Diavolo, un essere mandato dagli abissi dell’Inferno per impossessarsi della sua anima corrotta. Kane riesce a sfuggirgli, ma il demone promette vendetta. Poco a poco, si viene anche a scoprire il passato di Solomon: figlio secondogenito di Josiah, doveva essere destinato al convento perché tutto il patrimonio famigliare andasse al primogenito Marcus, e Solomon, deluso e furibondo, fece precipitare il fratello da una scogliera (credendo erroneamente di averlo ammazzato), dando così il via alla sua strada della perdizione. Nel 1601, Solomon ha deciso di metter da parte pistole e spade e s’è ritirato a vivere in un monastero per redimere la sua anima di peccatore, ma il priore gli suggerisce di mettersi in cammino perché prevede un’ombra minacciosa calare su di loro. Durante il pellegrinaggio, Kane s’imbatte nei Crowthorn, famiglia di puritani diretta dall’Inghilterra, terra natale di Solomon, al Nuovo Mondo, che però viene sterminata dagli scagnozzi di Malachia, stregone malvagio che effettua incantesimi malefici sugli uomini feroci e che agisce sempre mettendo in mezzo un poderoso e inquietante cavaliere con una maschera che gli copre interamente il volto. La figlia maggiore dei Crowthorn, Meredith, viene rapita dai predoni, e Solomon promette a William, il suo padre moribondo, di liberarla. Il cammino verso la nuova ripresa in braccio delle armi non sarà però facile, ma Solomon potrà contare sull’aiuto del suo vecchio equipaggio che nel frattempo non s’è dimenticato delle sue eroiche imprese. Dopo esser stato dato quasi in pasto a un branco di demoni affamati cui è sfuggito per miracolo per mano di un sacerdote impazzito, crocefisso dagli uomini demonizzati e scoperto che il quartier generale di Malachia altro non è che il castello di suo padre, Solomon parte coi suoi uomini, benché male armati e inferiori di numero, per sconfiggere il nemico e liberare Meredith. L’impresa avrà successo, e Meredith, sebbene segnata dal marchio della diavoleria, non ne verrà intaccata, ma Solomon dovrà sia uccidere suo padre Josiah, perché legato come prigioniero nei sotterranei del castello dalle catene del male per aver permesso a Malachia di far riportare in vita dal coma profondo in cui era caduto Marcus dopo l’incidente, sia uccidere lo stesso Marcus, che altri non è se non l’uomo aggressivo che si nasconde dietro la maschera impenetrabile e che obbedisce agli ordini di Malachia, il quale libera, grazie al sangue di Meredith, un terribile mostro che deve prendere possesso dell’anima maledetta di Kane, ma il mercenario riesce a sconfiggere anche questi ultimi due. Tuttavia sa che il suo cammino verso la redenzione non è terminato e che dovrà combattere ancora. Co-produzione fra Regno Unito, Francia e Repubblica Ceca, è un pasticcio di dramma orrorifico, fantasy decadentistico, avventura spinta alle più sanguinarie conseguenze e azione pompata da effetti speciali stucchevoli. L’unica nota positiva è la credibilità del percorso interiore intrapreso dal protagonista – un J. Purefoy più abile come spadaccino che a parlare di pace, perdono e misericordia –, malgrado le sue motivazioni latitino qua e là parecchie volte, e la sua vocazione rimanga infine quella dell’omicida autocompiacente, dell’uomo che uccide il suo simile senza provarne ribrezzo, salmodia o terrore. Numerose imprecisioni storiche riguardo alla bandiera del Regno Unito e al poco nominato Francis Drake e ancora di più rispetto al personaggio letterario creato nel 1928 da Robert Ervin Howard, la cui integrità morale viene offuscata dalla perfetta forma fisica di Purefoy e dall’impegno che, nonostante la magrezza del restante impianto scenico, l’attore profonde per calarsi nel ruolo comunque faticoso che gli spetta. La pre-produzione ha dovuto attendere otto anni e, come molti critici han giustamente sottolineato, le analogie con altre saghe fracassone e in pieno stile block-buster come Highlander e Il Signore degli Anelli han influito non poco sull’esito poco soddisfacente di questo estenuante racconto di formazione al contrario che privilegia la spacconeria della visualità alle virtù del suo cast, comunque di tutto rispetto: un Postlethwaite misurato e pacato, una Hurd-Wood affascinante nel candore della sua combattività, un Flemyng attizzato e creazionista in senso diabolico nelle vesti del perfido Malachia e un Von Sydow funzionale nel ruolo del padre non comprensivo e bacchettone che si pente troppo tardi delle sue balordaggini che hanno apportato al figlio soltanto guai e lacune. Poteva essere realizzato meglio puntando maggiormente l’attenzione sul discorso religioso anti-pagano e cristiano nel senso evangelico del termine e non, come invece accade nel film, adoperandolo come surrogato o, peggio ancora, giustificazione della violenza e del suo senso: la cosa appare molto invereconda, impudica, incitante all’aggressione del proprio simile, pur tuttavia coriacea nella sua armatura di indefessa immoralità e perditrice di ogni spiegazione della virtù. Non convince il ritratto di un soldato che dapprima si pente dei suoi peccati per poi riemergere nella sua spietata crudeltà rinforcando spada e pistole. Il contesto storico, inoltre, più che un’ambientazione veridica e appassionante, sembra il crogiuolo adatto a popolarlo con storie il cui unico gusto è quello di mostrare teste mozzate, sangue che scorre a torrenti, asce che s’abbattono su corpi corazzati e lamiere divelte. Gli si può al massimo concedere di possedere una vena dark che nel cinema dello stesso genere degli ultimi tempi, ossia quello che li mescola tutti per poi non trarne neanche uno vagamente persuasivo, non si ravvede poi tanto sovente.

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