My Son, My Son, What Have Ye Done |
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Un film di Werner Herzog.
Con Willem Dafoe, Michael Shannon (II), Chloë Sevigny, Brad Dourif, Loretta Devine.
continua»
Drammatico,
durata 91 min.
- USA, Germania 2009.
- One Movie
uscita venerdì 10 settembre 2010.
MYMONETRO
My Son, My Son, What Have Ye Done
valutazione media:
2,83
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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domenica 24 ottobre 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Se Herzog vuole dei momenti di sospensione nel suo film, semplicemente dice agli attori di stare fermi; se il protagonista ha bisogno di una macchina del tempo, se ha voglia di rallentare e bloccarne il corso, compie dei passi lenti scendendo i gradini di una scala mobile che va in direzione opposta, rimanendo quindi immobile. My Son, My Son, What Have Ye Done rappresenta ed esprime tutto nel modo più diretto e semplice, è un film sincero e sulla sincerità. La storia è un canovaccio che centinaia di registi avrebbero potuto trasformare in un onesto thriller poliziesco, mentre Herzog, con l’imponderabile aiuto del produttore David Lynch, ne fa un’opera del tutto personale, una delle sue migliori, che del genere non ha nulla, dove non c’è niente da scoprire e le immagini non sono mai realmente dipendenti dal delitto compiuto dal protagonista. C’è solo un viaggio nella vita di Brad (Micheal Shannon), negli eventi esterni che hanno creato la sua interiorità, nel suo rapporto con la madre ossessiva (Grace Zabriskie, stessi occhi), con la spiritualità, col dolore che intuisce di dover patire per il padre morto quando aveva due anni. La locandina del film è in qualche modo sbagliata, concentrata sullo sguardo fisso e minaccioso di Brad; il protagonista non ha nulla di ambiguo e nulla di certo, fonde stati d’animo e modi di parlare in un processo del tutto personale, declinato al presente (non c’è nessun confronto col passato e con un Brad presumibilmente “sano”), che lo mette al centro della scena, ed è la scena stessa la vera protagonista del film. Non c’è niente da scoprire, bisogna solo trovare il tempo per raccontare; la dimensione teatrale, che si impone fin dal principio e trova un’origine nella rappresentazione di una tragedia di Eschilo, invade e forma il film con scenografie reali e astratte, dipinte di rosa, circoscritte dalle auto della polizia o dall’acqua di un fiume. La scena è la trappola di Herzog, la gabbia che racchiude i suoi personaggi, che ricostruiscono a turno frammenti dell’esperienza di Brad, attraverso una recitazione perfetta e innaturale. My Son è un’opera sinfonica, musicata in primo luogo dal violoncello di Ernst Reijseger, la sua orchestra e la voce di Mola Sylla, ritrovando i suoni de L’Ignoto Spazio Profondo e Il Diamante Bianco. A questi si aggiungono Caetano Veloso, l’icona messicana Chalela Vargas e un inno del reverendo George Washington Philips. Attraverso l'accompagnamento sonoro costante, pronto a passare in primo piano nei numerosi momenti in cui il film mostra se stesso, Herzog affronta il dolore, la spiritualità, la follia ponendoli sullo stesso livello del contesto e creando una messa in scena tanto carica e diretta quanto desaturata nell'azione, realmente onirica (e anagrammaticamente ironica) eppure sottilmente banale e impotente, quindi realistica. slowfilm.splinder.com
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