Lola

   
   
   

IL Realismo magico del brillante Mendoza Valutazione 3 stelle su cinque

di gianleo67


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martedì 2 luglio 2013

Manila, ai giorni nostri. Due anziane signore si prodigano incessantemente per i rispettivi nipoti: l'una per avere giustizia della morte dell'uno e l'altra per salvare dalla condanna (capitale) l'altro che ne è stato l'assassino. Tra le insormontabili condizioni di disagio economico e sociale e la strenua salvaguardia dei sacri valori dell'unità familiare, troveranno un accordo che consentirà un dignitoso funerale per la vittima ed una seconda chance per il carnefice.
Nel bilancio di una dolorosa transazione economica ed umana si riassume la cifra di un'opera che prende le mosse dall'estetica documentaristica e dalla vocazione antropologica del cinema di Mendoza per arrivare agli esiti di un racconto morale (tutt'altro che moralistico) dove colpevoli e vittime sono sullo stesso piano, entrambi figli della stessa emarginazione sociale, dello stesso disagio economico, di una identica e amorevole solidarietà familiare, il nucleo impalpabile ma solidissimo di una indissolubile unità minima di costruzione del tessuto sociale, il segno di una atavica resistenza agli inesorabili processi di disgregazione entropica delle moderne civiltà individualiste.
Più che neorealista il linguaggio del giovane regista filippino raprresenta una sorta di neoumanesimo, un realismo magico dove allo scabro resoconto di una cronaca familiare si unisce un senso più alto del vivere civile, una naturale aspirazione al sacro propiziata dalla instancabile solerzia di una prima generazione sopravvissuta ai propri figli ma che non vuole (e non puo') sopravvivere ai propri nipoti, dove misteriosi accadimenti sembrano prefigurare un insondabile disegno superiore (il soffio di un respiro metafisico che intralcia il cammino dell'umana pietà nell'offerta misericordiosa di un cero votivo, la scritta gialla sul muro che racchiude il senso di un destino ineffabile, la pesca miracolosa nel misero catino di un'acqua stagnate,  la starnazzante caccia alle oche di un compassionevole dono della sorte, la fatale sorte di anziane matriarche accomunate dal triste destino di un reciproco lutto). Senza eccedere nella ridondanza di un pretestuoso simbolismo ed evitando l'enfasi di un compiaciuto lirismo, Mendoza descrive la rutilante e laboriosa operosità della vita quotidiana di una metropoli pullulante dei subliminali messaggi di una ammiccante e contraddittoria modernità flagellata dall'incessante tormento delle piogge monsoniche, un minimalismo asciutto e rigoroso dove solo rari commenti sonori sottolineno momenti di vibrante spiritualità. Straordinarie le vetuste interpreti femminili, ultime testimoni di un inesorabile tramonto della civiltà. Commovente.

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