club dei cuori solitari
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sabato 11 dicembre 2010
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il favoloso mondo di bazil
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In questo momento, se c'è un cinema che merita di essere seguito, è sicuramente quello francese. In Europa non ha rivali, in Asia stanno crescendo ma gli manca qualcosa, e in America i grandi autori provano a controbilanciare tutta la spazzatura che produce Hollywood, dalla loro hanno ancora i grandi capitali, ma recentemente anche i produttori francesi sono stati in grado di foraggiare investimenti importanti.
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In questo momento, se c'è un cinema che merita di essere seguito, è sicuramente quello francese. In Europa non ha rivali, in Asia stanno crescendo ma gli manca qualcosa, e in America i grandi autori provano a controbilanciare tutta la spazzatura che produce Hollywood, dalla loro hanno ancora i grandi capitali, ma recentemente anche i produttori francesi sono stati in grado di foraggiare investimenti importanti. In Francia c'è un'industria completa sul piano del dramma, della commedia, del film d'azione, di quello d'arte, dell'animazione. Opere originali e solidissime, autori in forma smagliante, ed un capolavoro dietro l'altro: Il Profeta, Uomini di Dio, Il Concerto, L'illusionista... e ora questo Micmacs à Tire-larigot.
Dimenticate le Cronache di Narnia, le vacanze in Sudafrica o da qualche altra parte con Belen, o le disavventure di Babbo Natale contro James Bond... questo è un film di Natale senza un vecchio ciccione e le sue renne, senza veline e un ridondante buonismo, ambientato nel mondo reale, per farci estasiare e riflettere. Non c'è la neve, non ci sono i regali... ma c'è pura magia.
Jean-Pierre Jeunet è una persona davvero straordinaria, dotata dell'umorismo e della semplicità tipica dei grandi. Colto e intelligente, è un autore che ha la totale padronanza del mezzo, con il quale riesce ad esprimersi in modo completo, e a comunicare con lo spettatore in maniera unica e confidenziale. Avendo avuto il piacere di sentirlo parlare, ho potuto accorgermi del garbo e dell'umiltà con i quali si rapporta al suo pubblico, e la sincera passione che brilla nelle sue parole quando descrive l'immaginario che anima le sue opere. Quest'ultima, nata dalla frustrazione seguita all'aborto di un progetto che aveva richiesto due anni di lavoro e notevole impegno, è quella in cui ha voluto inserire, parole sue "tutte le cose che mi stanno a cuore". E difatti ci sono tutte le sue ossessioni: l'infanzia rovinata (e quindi l'elogio di chi rimane bambino), le caratterizzazioni strampalate, i personaggi rozzi ma dall'animo altruista, l'incertezza dei casi del destino, la vendetta vista come un gioco macchinoso, la ribellione del bene contro il male (grottesco e psichicamente deviato), e l'attenzione alle piccole cose di tutti i giorni, le curiosità personali e inconfessabili che vagano nei pensieri di ognuno di noi nel rapportarci con poesia alla vita che conosciamo. Ma pur senza abbandonare la componente ingenua e fiabesca dei suoi film, appaiono subito chiare, sin dal raggelante incipit, anche l'energia, l'inventiva, e l'intenzione di dipingere la sua pellicola con uno sguardo più ampio e maturo.
Sebbene anche questa sia la storia di un favoloso mondo, non più di Amélie, bensì di Bazil, i torti contro i quali lui combatte sono più gravi, e questo piccolo mondo è più sporco e infelice. La trattazione non si ferma al ritratto romantico di una ragazza che colora il mondo con i suoi sogni, e alla varietà di persone e caratteri che la circondano, perché la lotta a cui assistiamo è maggiormente ardua, ci spostiamo in territori sociali, umanitari, politici. Si parla a tutti gli effetti della guerra, non come un mostro spaventoso, ma come un virus stupido, e la cura sta già tutta nell'ironia, come fece Kubrick con Il dottor Stranamore... È infatti un film che riesce ad essere divertente anche nei momenti più seri, con un'invenzione per ogni scena, usando ogni mezzo proprio del cinema, giocando con esso. Nella parte di Bazil senzatetto troviamo irresistibili elementi da epoca del muto figli di Chaplin, o della tradizione più recente di Tati. Jeunet non nega mai il suo amore per i vecchi maestri, regalando citazioni e omaggi anche a Fellini e Leone (nella punizione finale dei due guerrafondai). Si tratta di una fiaba quindi, come Amélie ma più ampia e importante, perfezionata, e avanzata. Non solo nei contenuti ma anche nello stile, con un uso degli effetti speciali e della tecnologia funzionali e calibrati, che non rendono schiavo tutto il resto. Una commistione di tecnologie e linguaggi, con l'uso illusionistico del montaggio e l'introduzione del cartone animato (Jeunet è un grande estimatore del lavoro della Pixar, cosa che lo riconferma acuto osservatore). La sua regia è poi sempre fluida e morbida, sugli oggetti e sulle persone, indagatrice e indiscreta partecipatrice. Stavolta appare persino più visionaria, dotata di nuovi e audaci punti di vista, proprio grazie all'apporto degli effetti visivi.
Bruno Delbonnel ed il suo staff hanno dato una mano e vengono ringraziati nei titoli di coda, ma Raphaël Beau e Tetsuo Nagata prendono perfettamente in mano le redini di musica e fotografia, e specialmente il primo riesce nell'ingrato compito di non far sentire la mancanza di Yann Tiersen. Per fortuna però a fianco di Jeunet è rimasto Guillame Laurent, meraviglioso sceneggiatore e dialoghista con il quale va giustamente diviso il merito e l'elogio. Il cast è composto da vecchie facce del cinema di Jeunet, a partire dall'imprescindibile Dominique Pinon, e brilla come sempre nei suoi film, che hanno l'aspetto di recite in famiglia. Poi, se ha perso una meravigliosa protagonista come Audrey Tautou, ha trovato una memorabile performance corale, di cui Dany Boon è solo il baricentro. Ma qui è talmente prepotente l'impronta vitale che Jeunet ha voluto dare, che persino la forte caratterizzazione dell'attore francese rimane secondaria.
Era da tanto che non vedevo un film del genere, spero che sia il vostro film di Natale, ne uscirete migliori.
È il capolavoro di Jeunet.
È poesia.
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bakis
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domenica 26 dicembre 2010
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un altro capolavoro del poeta degli emarginati
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Un'altra matrioska di storie, un caleidoscopio di personaggi, piccoli momenti e intuizioni geniali.
Jeunet in qualche modo si conferma un poeta degli emarginati che ri-creano la propria realtà, che pur fuori dalle regole della società riescono a raggiungere i propri obiettivi.
In quest'opera divertente, il retrogusto amaro di una (palese) critica politica a Sarkozy e al commercio di armi che vengono fabbricate accanto a casa nostra...
Un sogno sarebbe vederlo alle prese con la famiglia Malaussene. Chissà :)
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linus2k
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sabato 17 luglio 2010
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una favola pacifista alla jeunet
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Ci sono voluti anni dal riuscito "Una lunga domenica di passioni" per rivedere Jeunet dietro la telecamera, anni per creare un nuovo universo di personaggi, storie, atmosfere che già hanno caratterizzato un prezioso ed unico marchio di fabbrica già dai primi film con Marc Caro, fino allo splendido Delicatessen ed all'ormai cult Amelie.
Il cinema di Jeunet si conferma un Elzapoppin di ironia, fantasia, tenerezza... In una Parigi dalle tinte e dalle atmosfere irreali, sottolineato dalla tinta seppia che caratterizza tutto il film, si muovono personaggi al limite della caricatura in una grande favola pacifista che unisce ambientalismo, condanna al commercio di armi raccontata con quella tenera esagerazione che già ha caratterizzato "Delicatessen" a cui idelamente il film può essere avvicinato più che a "Il favoloso mondo di Amelie".
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Ci sono voluti anni dal riuscito "Una lunga domenica di passioni" per rivedere Jeunet dietro la telecamera, anni per creare un nuovo universo di personaggi, storie, atmosfere che già hanno caratterizzato un prezioso ed unico marchio di fabbrica già dai primi film con Marc Caro, fino allo splendido Delicatessen ed all'ormai cult Amelie.
Il cinema di Jeunet si conferma un Elzapoppin di ironia, fantasia, tenerezza... In una Parigi dalle tinte e dalle atmosfere irreali, sottolineato dalla tinta seppia che caratterizza tutto il film, si muovono personaggi al limite della caricatura in una grande favola pacifista che unisce ambientalismo, condanna al commercio di armi raccontata con quella tenera esagerazione che già ha caratterizzato "Delicatessen" a cui idelamente il film può essere avvicinato più che a "Il favoloso mondo di Amelie".
Bisogna ammettere che il grande equilibrio narrativo di "Amelie" qui stenta ad essere raggiunto, e spesso il "Pasticcio a più non posso" si ingarbuglia su se stesso rendendosi a tratti un po' difficile da seguire, ma, la storia, che unisce Biancaneve ed i sette nani con gli stratagemmi di Amelie in salsa "Soliti ignoti", finisce per funzionare bene lasciando diversi momenti poetici e divertenti...
Rimane da chiedersi delle semplici domande su questioni fondamentali come: chi inventa le barzellette? Perché se cerchiamo un posto su una mappa, sta sempre nella piega? Quanti passi servono per erodere un marciapiede? Le zebre sono bianche con strisce nere o nera a strisce bianche? ...e ci sono nani tra i pigmei?
Le risposte? ...nel film ...forse!
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grianne
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sabato 22 gennaio 2011
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molti problemi complessi
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Finalmente arriva anche nelle sale italiane L’esplosivo piano di Bazil, l’ultimo lavoro di Jean-Pierre Jeunet, regista francese che si fa conoscere in tutto il mondo nel 2001, grazie a Il fantastico mondo di Amélie, vivace fiaba romantica. Il titolo riprende chiaramente quella che è la trama-piano del film, cioè il tentativo di un uomo di vendicarsi dei produttori delle armi che hanno ucciso il padre e che lo rendono vulnerabile alla morte giorno dopo giorno, siccome vive con una pallottola finita per sbaglio nel suo cervello. Viene aiutato da un gruppo di eccentrici barboni che di professione riciclano rifiuti, aggiustando oggetti di seconda mano per poi rivenderli: lo accolgono nel loro rifugio e lo accettano come membro della loro eterogenea combriccola.
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Finalmente arriva anche nelle sale italiane L’esplosivo piano di Bazil, l’ultimo lavoro di Jean-Pierre Jeunet, regista francese che si fa conoscere in tutto il mondo nel 2001, grazie a Il fantastico mondo di Amélie, vivace fiaba romantica. Il titolo riprende chiaramente quella che è la trama-piano del film, cioè il tentativo di un uomo di vendicarsi dei produttori delle armi che hanno ucciso il padre e che lo rendono vulnerabile alla morte giorno dopo giorno, siccome vive con una pallottola finita per sbaglio nel suo cervello. Viene aiutato da un gruppo di eccentrici barboni che di professione riciclano rifiuti, aggiustando oggetti di seconda mano per poi rivenderli: lo accolgono nel loro rifugio e lo accettano come membro della loro eterogenea combriccola.
Jeunet ritorna sul grande schermo presentando il suo nuovo universo, fatto di bizzarri protagonisti e di vite tanto improbabili quanto precarie. Insieme a loro è di nuovo Parigi la co-protagonista, questa volta non più dipinta nei toni saturi scelti da Amélie Poulain, ma preferendo una tinta color seppia che conferisce al tutto un’atmosfera di irrealtà, consona con i personaggi stessi che la popolano. Quasi al limite della caricatura, questi riprendono evidentemente, e per ammissione dello stesso regista, la gang di Toy Story, nonché i sette nani di Biancaneve, poiché in questa banda, composta appunto da sette vendicatori improvvisati più una mamma chioccia, tutti sono necessari e indispensabili per la riuscita finale, ognuno con il proprio compito da svolgere al meglio. Un’azione alla Mission Impossible, ma decisamente più goffa e comica, nonostante non manchi l’inclinazione pacifista, ambientalista e di condanna al traffico delle armi. Infatti, non bisogna definirlo un film demenziale, perché, se ben si osserva, tutti i personaggi sono dotati di un intelletto notevole, grande capacità di improvvisazione e di un senso di solidarietà non indifferente. Sebbene vivano con mezzi di recupero, non gli manca niente, soprattutto non sono sprovvisti di calore e amicizia. Di conseguenza anche Bazil, nuovo arrivato, viene subito contagiato da tutti loro allo stesso modo dello spettatore, che viene accompagnato attraverso una vendetta spiegata con bizzarri movimenti di macchina, modi di dire e flashback efficaci ed esasperati. Si potrebbe rimanere frastornati dall’universo leggermente surreale, dall’elevato numero di protagonisti che si susseguono o dal caos di situazioni che devono essere fronteggiate: ma è proprio questa la forza della poetica di Jeunet, che non delude, firmando una storia eccentrica, simpatica, intelligente, sicuramente originale.
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martacora
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venerdì 28 gennaio 2011
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un favola, ma senza dimenticare la morale
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Anche questa volta J.P. Jeunet ci regala una favola dai toni edulcorati e grotteschi, che ormai caratterizzano la sua firma d'autore. Non mancano personaggi sopra le righe, piccole nevrosi quotidiane, orgasmi grotteschi e una colonna sonora che sposa fisarmonica e tempi di valzer. Questa volta però il favoloso mondo creato dal regista serve a introdurre uno degli argomenti paradossalmente più crudeli che esistano: il commercio di armi e mine antiuomo. Insieme a Bazil siamo trsportati in una storia che strappa sorrisi e stupore, senza dimenticare lo sguardo giudice su due impreditori, simboli di un'industria egemone di guadagni corrotti e crudeli sulla pelle di popoli ignari.
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Anche questa volta J.P. Jeunet ci regala una favola dai toni edulcorati e grotteschi, che ormai caratterizzano la sua firma d'autore. Non mancano personaggi sopra le righe, piccole nevrosi quotidiane, orgasmi grotteschi e una colonna sonora che sposa fisarmonica e tempi di valzer. Questa volta però il favoloso mondo creato dal regista serve a introdurre uno degli argomenti paradossalmente più crudeli che esistano: il commercio di armi e mine antiuomo. Insieme a Bazil siamo trsportati in una storia che strappa sorrisi e stupore, senza dimenticare lo sguardo giudice su due impreditori, simboli di un'industria egemone di guadagni corrotti e crudeli sulla pelle di popoli ignari. La nuova famiglia di Bazil, speciale, difficile da inserire nella nostra società e quindi emarginata come i rifiuti della discarica nella quale abita, ci insegna come il potere dei sentimenti e di un sincero affetto siano incredibilmente più potenti di chili di tritolo o centinaia di titoli azionistici in borsa. Senz'altro da criticare la cattiva distribuzione sul mercato italiano e l'uscita a più di un anno dall'originale. Poche sale e poco tempo per un film che ne meritava indubbiamente di più.
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jaky86
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martedì 15 marzo 2011
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favoloso ed incantevole jeunet
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Jeunet tira fuori un altro piccolo, delizioso capolavoro con il suo stile unico ed inimitabile a metà tra la delicatezza di Amelie e il grottesco di Delicatessen. Bazil ha perso tutto: casa, lavoro e famiglia. La sua vita è stata rovinata dalle armi da guerra: il padre artificiere è morto in Marocco su una mina anti-uomo mentre lui ha un proiettile conficcato nella testa. Grazie all'aiuto di un gruppo di personaggi bizzarri e originali che vivono in una discarica progetterà la sua ingegnosa vendetta. Una favola dei giorni nostri ambientata in una splendida Parigi che ha il merito di far sorridere e riflettere, gettando luce sull' inquietante industria bellica guidata da imprenditori corrotti e senza scrupoli.
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Jeunet tira fuori un altro piccolo, delizioso capolavoro con il suo stile unico ed inimitabile a metà tra la delicatezza di Amelie e il grottesco di Delicatessen. Bazil ha perso tutto: casa, lavoro e famiglia. La sua vita è stata rovinata dalle armi da guerra: il padre artificiere è morto in Marocco su una mina anti-uomo mentre lui ha un proiettile conficcato nella testa. Grazie all'aiuto di un gruppo di personaggi bizzarri e originali che vivono in una discarica progetterà la sua ingegnosa vendetta. Una favola dei giorni nostri ambientata in una splendida Parigi che ha il merito di far sorridere e riflettere, gettando luce sull' inquietante industria bellica guidata da imprenditori corrotti e senza scrupoli. Pur con leggerezza e simpatia, è palese la critica ai paesi industrializzati (tra cui l'Italia) che, pur ripudiando la guerra, sono fabbricanti d'armi e di morte. Il cast è eccellente: dal malinconico Dany Boon (Giù al nord) allo spassoso Omar Sy, che parla solo per proverbi e modi di dire. Infine, il feticcio Dominique Pinon, vero pupillo di Jeunet, con le sue facce assurde è sempre efficace ed eccezionale. Tra l'altro segnalo un chiaro omaggio del regista al suo primo capolavoro Delicatessen nella scena indimenticabile in cui lo stesso Pinon suona la sega con l'archetto.
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kondor17
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sabato 14 aprile 2012
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che ventata di allegria
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Jeunet non ci tradisce mai! Riesce sempre a divertire e, credo, divertirsi, facendo buon cinema. Fantasioso come solo ahimè i francesi sanno essere, questo film dall'inizio sconcertante e grottesco - sennò che Jeunet sarebbe - è invece una divertente storia di una piccola grande personale vendetta pensata da Bazil e realizzata da una banda di autentici fuori di testa, tra cui spiccano la mamma Moreau e un grande grandissimo Omar Sy (avete presente "Quasi Amici"? - neanche citato nel cast - ohibò). Con un susseguirsi di inganni e tranelli, di incursioni e introduzioni illecite, tra "i soliti ignoti" e "gli uomini straordinari" diciamo, la surreale banda segue e riesce a mettere in conflitto due trafficanti d'armi dirimpettai (di cui uno il grande Dussolier, amato da Jeunet, oltre che da Resnais) , rei di aver fabbricato le armi (dalle mine antiuomo ai prooiettili) distribuite senza scrupoli e causa di tante morti e mutilazioni, tra cui quella del padre di Bazil e di Bazil stesso.
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Jeunet non ci tradisce mai! Riesce sempre a divertire e, credo, divertirsi, facendo buon cinema. Fantasioso come solo ahimè i francesi sanno essere, questo film dall'inizio sconcertante e grottesco - sennò che Jeunet sarebbe - è invece una divertente storia di una piccola grande personale vendetta pensata da Bazil e realizzata da una banda di autentici fuori di testa, tra cui spiccano la mamma Moreau e un grande grandissimo Omar Sy (avete presente "Quasi Amici"? - neanche citato nel cast - ohibò). Con un susseguirsi di inganni e tranelli, di incursioni e introduzioni illecite, tra "i soliti ignoti" e "gli uomini straordinari" diciamo, la surreale banda segue e riesce a mettere in conflitto due trafficanti d'armi dirimpettai (di cui uno il grande Dussolier, amato da Jeunet, oltre che da Resnais) , rei di aver fabbricato le armi (dalle mine antiuomo ai prooiettili) distribuite senza scrupoli e causa di tante morti e mutilazioni, tra cui quella del padre di Bazil e di Bazil stesso. La banda è surreale, il film è surreale ed è a volte anche surreale il modo in cui tutto scorre liscio e perfetto nel perpetrare il tranello... ovviamente ha le sue lacune, ma la storia fa sorridere, a volte ridere, è piena di idee assolutamente geniali, fantasiose e alla fin fine non te ne frega niente se è un fumettone. E' un film che prima incuriosice, poi appassiona e fa anche riflettere. Ma soprattutto diverte e ti dona un bel sorriso nel cuore. Grazie Jeunet! Aspetto con ansia il tuo prossimo film!
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francesco giuliano
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mercoledì 19 gennaio 2011
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una favola dei nostri tempi
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Questo film è una favola dei nostri tempi, raccontata secondo lo stile fumettistico, allettante e divertente del regista Jean-Pierre Jeunet. Una favola che narra la vittoria dei deboli sui potenti. Una favola in cui si racconta dei delitti causati dalle armi di qualunque tipo e delle pene che è costretto a subire un povero ragazzo Bazil, che rimane orfano di padre, deceduto accidentalmente per lo scoppio di una bomba. Bazil diventato adulto viene, anche lui accidentalmente, ferito gravemente da una pallottola vagante, rimanendo per questo privo di lavoro.
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Questo film è una favola dei nostri tempi, raccontata secondo lo stile fumettistico, allettante e divertente del regista Jean-Pierre Jeunet. Una favola che narra la vittoria dei deboli sui potenti. Una favola in cui si racconta dei delitti causati dalle armi di qualunque tipo e delle pene che è costretto a subire un povero ragazzo Bazil, che rimane orfano di padre, deceduto accidentalmente per lo scoppio di una bomba. Bazil diventato adulto viene, anche lui accidentalmente, ferito gravemente da una pallottola vagante, rimanendo per questo privo di lavoro. Si vede allora costretto a dormire sotto i ponti e vivere senza fissa dimora. Nel suo girovagare incontra un clochard che gli fa conoscere altri clochard, ognuno dei quali sa fare cose molto interessanti e originali. Con loro Bazil progetta un piano di vendetta che lo vedrà vincitore sui “signori” che si arricchiscono con la vendita delle armi, quelle stesse armi che gli hanno rovinato la vita per sempre. Una favola che, con raffinata delicatezza e originale brio, affronta il tema nefando della produzione delle armi e quello annoso dei rifiuti, dai quali invece si possono ottenere strumenti meravigliosi e straordinari. Una favola che descrive da una parte le nefandezze e lo sfruttamento dei neri per loschi fini e dall’altra la sincera e appassionata umanità che traspare tra i miserabili costretti a vivere di tutto quello che viene ritenuto, dalla società opulenta e consumistica, superfluo. Bravo il regista nell’uso della macchina da presa, meravigliosa e fantastica la scenografia e bravo, tra tutti gli attori, Dany Boon che ha saputo interpretare con originalità e con una mimica eccezionale il personaggio Bazil.
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reservoir dogs
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martedì 11 gennaio 2011
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il risarcimento simbolico dei deboli
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Il cinefilo Bazil (Boon), durante il suo turno di notte ad un videonoleggio mentre recita a memoria "Il grande sonno" di Hawks viene raggiunto da una pallottola alla testa.
Il dottore che lo opera lancia una moneta e decide di non estrarre la pallottola in modo da non farlo paradossalmente morire.
Ripresosi Bazil, con la continua necessità di fare qualche "esercizio per la mente", si renderà conto di aver perso casa e lavoro e trovatosi per strada dopo qualche giorno d'improvvisazione (come un attore teatrale) conoscerà il barbone/bianconiglio Slummer (Marielle) che lo porterà verso l'ingresso del favoloso paese delle meraviglie, dove tutto si trasforma o meglio; si ricicla.
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Il cinefilo Bazil (Boon), durante il suo turno di notte ad un videonoleggio mentre recita a memoria "Il grande sonno" di Hawks viene raggiunto da una pallottola alla testa.
Il dottore che lo opera lancia una moneta e decide di non estrarre la pallottola in modo da non farlo paradossalmente morire.
Ripresosi Bazil, con la continua necessità di fare qualche "esercizio per la mente", si renderà conto di aver perso casa e lavoro e trovatosi per strada dopo qualche giorno d'improvvisazione (come un attore teatrale) conoscerà il barbone/bianconiglio Slummer (Marielle) che lo porterà verso l'ingresso del favoloso paese delle meraviglie, dove tutto si trasforma o meglio; si ricicla.
In questo luogo di gente bizzarra Bazil organizzerà un piano per vendicarsi dei produttori d'armi da fuoco; nello specifico di proiettili e di mine che hanno ucciso suo padre anni prima in Marocco e gli hanno conficcato (indirettamente) la pallottola nel cranio.
Mimi snodabili, uomini proiettile detentori di record, donne calcolatrice e molti altri, sono i nuovi pagliacci che con i loro "difetti" scoprono la loro unicità e la loro forza mettendo in atto quella che Chaplin chiamava "il risarcimento simbolico dei deboli" e Bazil è proprio uno Charlot in cui in ogni inquadratura il colore primario del giallo viene privilegiato sugli altri.
Zoom avanti ed indietro, carrellate e panoramiche fanno si che il fruitore non sappia e non intuisca affatto dove ci porti successivamente la cinepresa contribuendo a rendere al film quel già fortissimo senso fiabesco.
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ultimoboyscout
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domenica 4 settembre 2011
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un piano e un proiettile nella testa.
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Complessivamente credevo meglio, soprattutto ho trovato Boon sottotono, lui grande attore con solidissime basi ed esperienze teatrali, noto da noi soprattutto per il bellissimo "Giù al nord". Bazil, il protagonista, non ha troppa fortuna con le armi: una mina gli ha ucciso il padre e un proiettile gli si è conficcato in testa in testa rischiando di ucciderlo. Raccolto da uno strano gruppo di straccivendoli, il sognatore Bazil avrà possibilità di vendicarsi dei due costruttori di armi che hanno segnato irrimediabilmente la sua vita. sembra la storia di Davide contro Golia, ma con una fantasia incredibile il gruppo di invisibili perdenti avrà modo di farsi vedere e sentire dai due spietati colossi industriali.
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Complessivamente credevo meglio, soprattutto ho trovato Boon sottotono, lui grande attore con solidissime basi ed esperienze teatrali, noto da noi soprattutto per il bellissimo "Giù al nord". Bazil, il protagonista, non ha troppa fortuna con le armi: una mina gli ha ucciso il padre e un proiettile gli si è conficcato in testa in testa rischiando di ucciderlo. Raccolto da uno strano gruppo di straccivendoli, il sognatore Bazil avrà possibilità di vendicarsi dei due costruttori di armi che hanno segnato irrimediabilmente la sua vita. sembra la storia di Davide contro Golia, ma con una fantasia incredibile il gruppo di invisibili perdenti avrà modo di farsi vedere e sentire dai due spietati colossi industriali. Ricco di citazioni (ma omaggia solo Fellini, il nostro regista è ben altra cosa rispetto al pur bravo Jeunet), il film è una moderna favola anti-bellica immersa in affascinanti e colorate immagini da cartoon grazie ad un'ottima fotografia e ad una raffinata e sapiente regia. Divertente ma non troppo, costruito con mestiere ed estrema professionalità, la parte centrale, quella dell'intreccio per rovinare in due industriali, risulta però troppo veloce e facilona. Geniale, anche se annunciato il finale, è pervaso da un pizzico di poesia e visionaria fantasia.
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