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La prima linea

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Un film di Renato De Maria. Con Fabrizio Rongione, Duccio Camerini, Lino Guanciale, Dario Aita, Michele Alhaique.
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Azione, durata 96 min. - Italia 2009. - Lucky Red uscita venerdì 20 novembre 2009. MYMONETRO La prima linea * * 1/2 - - valutazione media: 2,69 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Riprovevole filmetto di regime Valutazione 1 stelle su cinque

di Lore64


Feedback: 3194 | altri commenti e recensioni di Lore64
domenica 22 luglio 2012

Se c’è una caratteristica che domina La prima linea è il servilismo nei confronti del vincitore. Come avviene in quasi tutti i film sugli anni di piombo, l’intento di offrire una ricostruzione storico-politica obbiettiva viene sacrificato ad un approccio estrinseco: in questo caso l’indagine umano-esistenziale. Questa viene poi subdolamente finalizzata a diffamare la lotta armata rileggendola sulla falsariga del mondo interiore attribuito ai protagonisti (ma in realtà inventato di sana pianta).
 
Tale interiorità sarà stilizzata in termini positivi quando si tratti di servi delle istituzioni (come avviene al Moro di Buongiorno notte di Bellocchio) e negativi nel caso dei loro avversari (come avviene qui): ecco pronto il pastiche buono a introiettare senza parere i desiderati stati d’animo nelle povere teste del gregge.
 
Giustamente Segio ha ritirato la propria firma e denunciato la faziosità del film. Nella sua replica il regista ne conferma, senza nemmeno rendersene conto, il giudizio:
 
“Comprendo la disillusione di Segio perché avrebbe voluto che raccontassimo cronologicamente tutto il percorso di ‘Prima linea’, la formazione, lo sviluppo, ma quello che interessava a noi era insistere sul tono crepuscolare di un cammino giunto ormai alla fine. E partendo da lì, provare ad arrivare all’inizio. Quando si decide di realizzare un film si stabilisce un punto di vista, ed è normale che possa non convergere con quello di chi avrebbe voluto veder raccontata la sua storia nel modo che riteneva più consono”.
 
Segio non voleva che la sua storia fosse raccontata in modo più consono: voleva che fosse raccontata in modo OBBIETTIVO, nei termini cioè di una rivoluzione abortita, al pari di tante altre nella storia del mondo, fra cui quelle che hanno portato in essere l’attuale regime nazionale e repubblicano (si pensa forse che Mazzini e Garibaldi usassero metodi diversi dai brigatisti? L’unica differenza è che loro hanno vinto e così hanno generato un regime proiettato a mitizzare le loro figure in chiave positiva anziché negativa).
 
Il regista ammette candidamente che a lui interessava unicamente riscrivere l’intera storia di Prima linea a partire dall’amarezza e dalla disillusione di chi infine si vede sconfitto, in maniera da trasfigurarla in una sorta di incubo kafkiano a cavallo tra assurdità, autolesionismo e assenza di scopo, senza esitare dinanzi a sostanziose falsificazioni storiche (es. l’ambiente operaio ostile al brigatismo).
 
Guardate un po’… secondo voi è un caso che il regista abbia scelto come punto di vista il disincanto della fine e poi sia andato in retromarcia, anziché partire dall’entusiasmo delle origini e leggere l’intera vicenda in quella chiave…? Lo sdilinquamento esistenzialeggiante si rivela, come quasi sempre avviene, strumento interessato di asservimento propagandistico, e De Maria paga il proprio obolo alla grancassa che gli dà da vivere. Un film fatto da schiavi per altri schiavi.

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