Titolo originale | Un prophète |
Anno | 2009 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Francia, Italia |
Durata | 150 minuti |
Regia di | Jacques Audiard |
Attori | Tahar Rahim, Niels Arestrup, Adel Bencherif, Reda Kateb, Hichem Yacoubi Jean-Philippe Ricci, Gilles Cohen, Antoine Basler, Leïla Bekhti, Pierre Leccia, Foued Nassah, Jean-Emmanuel Pagni, Frédéric Graziani, Slimane Dazi, Rabah Loucif. |
Uscita | venerdì 19 marzo 2010 |
Tag | Da vedere 2009 |
Distribuzione | Bim Distribuzione |
MYmonetro | 3,54 su 25 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 2 aprile 2015
Malik entra in prigione a 19 anni per scontare una lunga pena ma apprende subito a caricarsi di nuove colpe, poi a sopportarle, quindi a farle fruttare. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Premi Oscar, Il film è stato premiato al Festival di Cannes, 1 candidatura ai Nastri d'Argento, 1 candidatura a David di Donatello, 1 candidatura a Golden Globes, ha vinto un premio ai BAFTA, 6 candidature e vinto 2 European Film Awards, a London Film Festival, 12 candidature e vinto 8 Cesar, In Italia al Box Office Il profeta ha incassato 630 mila euro .
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Malik El Djebena ha 19 anni quando viene condannato a sei anni di prigione. Entra con poco o nulla, una banconota ripiegata su se stessa e dei vestiti troppo usurati, che a detta delle guardie non vale la pena di conservare. Quando esce ha un impero e tre macchine pronte a scortare i suoi primi passi. In mezzo c'è il carcere, la protezione offertagli da un mafioso corso, l'omicidio come rito d'iniziazione, l'ampliarsi delle conoscenze e dei traffici, le incursioni in permesso fuori dal carcere, dove gli affari prendono velocità.
Ciò avviene all'interno di una prigione, il cinema lo ha già raccontato altrove meglio che qui, per non parlare di come nasce un padrino. Quello che fa Audiard, nel suo film, è prendere il genere per mostrarsi infedele, instaurare con esso un doppio gioco, come fa Malik con il boss corso, stare apparentemente nelle regole ma prendersi la libertà di raccontare anche molto altro.
Malik è uno che apprende in fretta. Impara ad uccidere ma, dallo stesso crimine, impara anche che nel carcere c'è una scuola dove possono insegnargli a leggere e a scrivere. Dalla scuola apprende un metodo, grazie al quale impara da autodidatta il dialetto franco-italiano della Corsica: di fatto si procura un'arma, che obbliga il capo a tener conto di lui. Dagli arabi impara a capire cosa vogliono, dai Marsigliesi impara a trattare, da un amico, forse, imparerà a voler bene.
I compagni di galera prendono a definirlo un profeta, perché lui è quello che parla, con gli uni e con gli altri, quello che porta i messaggi dentro e fuori, che conosce la gente che può far comodo negli affari. Egli fa grandi cose, insomma; la sua via è tracciata come quella di chi ha una missione.
Ancora una storia che ruota nell'universo tanto umano quanto traditore della comunicazione, dunque, dopo quella in cui Vincent Cassel leggeva dalle labbra e quella in cui Romain Duris si affidava alle note. Qui le lingue sono almeno tre, ma è quella silenziosa del sangue che sigla gli accordi, e il potere, in questo codice, è inversamente proporzionale al numero di parole che richiede.
La critica di Audiard alla mala educazione del sistema carcerario è evidente, talvolta aspra, talvolta sarcastica (le uscite per "buona condotta"), ma non è tramite la parola che si esprime: la sua lingua è quella della regia, di cui è interprete sicuro e abile. Quello che propone allo spettatore, qui come in tutte le sue opere, è l'immersione completa nel mondo che racconta, la sospensione del pre-giudizio, lo spettacolo della complessità di un personaggio maschile. La pretesa questa volta, però, va oltre l'offerta: nonostante l'ottimo Tahar Rahim, protagonista, Un prophète si dilata oltremodo, prova qualche artificio ma non fino in fondo, sfiora emozioni interessanti che abbandona troppo in fretta, si lascia imprigionare dalla materia che vorrebbe liberare. Un film più maturo dei precedenti, ma meno comunicativo.
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Ci sono alcuni film (rarissimi purtroppo) tanto complessi, articolati che ritengo, da parte mia, non recensibili, perché so di non essere capace di espimere tutto ciò che il film esprime. Perderei particolari, rimandi, sfumature, sensi e sottosenti. Quindi avevo deciso di non recensire "Un prophete". Poi col tempo tutti i ricordi si essenzializzano, così anche i film. [...] Vai alla recensione »
Di Malik sappiamo pochissime cose: è un franco-marocchino diciannovenne, che, senza genitori, senza istruzione e senza radici, si trova nelle ideali condizioni per approdare, alla prima occasione, al carcere, dove appunto lo troviamo fin dall'inizio del film, condannato a sei anni di reclusione. La struttura che lo ospita non è tra le peggiori: vi funziona una scuola, [...] Vai alla recensione »
un piccolo bullo di una periferia che potrebbe appartenere a qualsiasi città del mondo, un ragazzo senza famiglia dove la strada sembra la sua casa, una strada senza punti di riferimento segnata solo dal caso e dalla violenza. Ecco l'universo di Malik El Djebena, un universo che diventa più stretto e claustrofobico quando diventato maggiorenne viene trasferito dal riformatorio a un carcere vero.
Di Audiard possiamo dire varie cose. Che i suoi film sono più generosi che belli (Penso al precedente), o più furbi che belli (Penso a questo). O che è un beneficiato dalla caduta dei generi, che "Sulle mie labbra" ancora vent'anni fa, o qualcosa di simile, forse sarebbe stato considerato solo un'onesto prodotto di genere, ben realizzato e ottimamente interpretato.
Storia di "formazione" di un giovanotto sprovveduto all'interno di un carcere. "Il profeta" è un film interessante e denso di avvenimenti, ognuno dei quali influirà sulla psicologia del protagonista. E' un film molto pessimista sulla condizione dei carcerati: invece di venire riabilitato, Malik imparerà ad essere un vero criminale proprio durante la [...] Vai alla recensione »
Malik entra nel carcere così come nascere. Prima del carcere non c'è niente nella sua vita. Non ha famiglia, non ha cose, non conosce niente. E' afasico, non si rapporta con niente. Nasce nel carcere. Nel carcere impara prima a sopravvivere (uccidi o sarai ucciso, dice il sottotitolo) e poi a vivere (relazioni che danno forma alle sue azioni, gli indicano le strade e lui [...] Vai alla recensione »
Il carcere come paradigma della vita. Ma il film è troppo lungo, la tesi si sfilaccia e giunge a conclusioni granguignolesche, rovinando tutta la buona preparazione iniziale. Cinema secco, a tratti quasi da spot pubblicitario, purtroppo, e notevole recitazione. Regia sicura, ma sceneggiatura che si perde in mille dettagli, mostrando scarso carattere.
Il Profeta è uno di quei film che si rivede volentieri una seconda volta per il piacere di vederlo o per coglierne aspetti, sfumature non colte in una prima frettolosa visione. Il crudo realismo non si ferma al puro descrittivismo dell’ambiente carcerario, peraltro filmato fin nei minimi particolari con la pignoleria per i dettagli di un pittore fiammingo, ma si tracciano profili [...] Vai alla recensione »
Malik è un arabo della banlieue cresciuto on orfanotrofio: ha ferito un poiziotto assicurandosi 6 anni alla prigione centrale di Parigi: per uno come lui, ragazzetto senza conoscenze, significa finire sotto il giogo di chiunque: eseguendo un omicidio su commissione per conto del gruppo dei corsi, veterani del carcere, si assicura la protezione del loro boss, césar Luciani: impara il corso, [...] Vai alla recensione »
Ho avuto la fortuna di poter vedere il film ad un'anteprima stampa tenutasi a Roma alla fine di gennaio. Devo dire che è un film mozzafiato. Narra la storia di Malik El Djebena, detenuto in un carcere corso dove, più debole tra tutti, si troverà a combattere tutti i giorni per la propria sopravvivenza. Audiard ha dato prova che un grande film può nascere senza necessariamente grandi attori.
La visione del carcere che ci propina Audiard non è di certo la più rosea e forse neanche la più realistica: guardie carcerarie in balia di gang di carcerati, violenza a tutto spiano, omosessualità a gogò, omicidi impuniti, detenuti che in permesso per buona condotta (anch'esso pilotato dalle gang) compiono i crimini più disparati e pongono le basi per [...] Vai alla recensione »
A diciannove anni Malik entra in prigione. Non ha nulla e sembra una vittima ideale. Il clan corso che governa la prigione si interessa a lui e gli chiede di entrare in relazione con un altro prigioniero della sua stessa etnia e di ucciderlo. Da quel momento in poi la sua ascesa sarà inarrestabile. Malik El Djebena ha diciannove anni. E' quasi analfabeta ed è stato condannato [...] Vai alla recensione »
Che c'e da dire,ottimo film sulla criminalita'made in Europe.Anche se il protagonista e' un arabo ,che impara al volo la legge del carcere e della malavita,tutto il film e' impregnato di tinte ,di multietnicita' ,di cruda realta' all'interno di un carcere francese.Duro da digerire ma con un ottimo ritmo. Il film racconta che la realta' e' questa ,alla [...] Vai alla recensione »
Un giovane ragazzo semianalfabeta viene spedito nel carcere "dei grandi" dopo diverse esperienze in riformatorio. Per cercare di sopravvivere dovrà sottostare ai diktat della banda dei corsi e uccidere un pericoloso testimone. La sua vita non sarà più la stessa e anzi sarà lui a scalare le vette del crimine. Film senza dubbio tosto e che non risparmia scene di [...] Vai alla recensione »
Pochi sono i film al giorno d'oggi, che non hanno come scopo quello di "insegnarci" qualcosa. Il profeta è uno di questi! Crudo, reale, vero... questi sono gli aggettivi che meglio lo identificano. Facce vere, che incontri per strada, persone che praticano una violenza che non stenti a comprendere, come spesso invece capita in altre pellicole.
Film potente, una lettura in filigrana della realtà sociale dell'Europa del III millennio: le classi dirigenti arroccate nei loro centri di potere ( ad iniziare dalle guardie carcerarie) e le grandi migrazioni che diventano il braccio storico di una società cristallizzata: arabi, albanesi, marsigliesi (i terroni francesi) che si coalizzano in una sorta di globalizzazione [...] Vai alla recensione »
Osservare la realtà ristretta, il microcosmo del carcere, dove tutto appare squallidamente più chiaro, per descrivere la realtà di fuori. Vige e vigerà sempre la legge del più forte, potente e furbo. Sono poi le stesse le forze in campo, i sentimenti, gli odi e le violenze del carcere e quelli delle società umane.
L'oscar europeo EFA al protagonista, una canditatura agli Oscar, vari César, il Grad Prix della giuria a cannes - tutto meritato! Film secco e violento: Malik ha 19 anni, é debole, analfabeta, non ha niente e nessuno. Quando entra in carcere per scontare una condanna si pensa debba fare un'orribile fine, invece; con calma diventa amico e collaboratore del brutale capo di un clan di còrsi poi giuge [...] Vai alla recensione »
“ Il profeta “ trova l'equilibrio tra realismo e cinema di genere con occhio a quello americano, la trasfigurazione mitica della realtà ricorda un certo cinema e teatro della Repubblica di Weimar. Si potrebbe anche dire che è una metafora della società francese. E’un film molto rigoroso, preciso nelle descrizioni e privo di qualsiasi compiacimento ma forse [...] Vai alla recensione »
La tendenza (non di rado utilitaristica) del critico, del bravo spettatore, del cinefilo in generale, è di stupirsi delle piccole cose, ricercando e apprezzando i dettagli più della rappresentazione evidente, il particolare rispetto alla sequenza costruita e complessa. Un Profeta ne ha tanti, di dettagli e particolarità. Il volto inedito di Tahar Rahim, il dialetto corso di Neils Arestrup e il suo [...] Vai alla recensione »
''Epico come Il Padrino'', ''Merita un posto tra i migliori crime movies mai girati''..questi sono solo un paio dei numerosi commenti entusiastici che Il Profeta (Un Prophète) ha ricevuto dalla critica di tutto il mondo. Personalmente, mi trovo assolutamente d'accordo..lo considero un vero capolavoro. Jacques Audiard, rinomatissimo regista francese, con questa [...] Vai alla recensione »
La parabola del Franco-arabo Malik, che da nullità ascende fino a spodestare il potere autoctono, potrebbe essere una voluta metafora della Francia odierna (e dell'Europa del prossimo futuro). Una metafora sviluppata con indiscutibile qualità e potenza cinematografica. Dove il film convince a metà, e trovo strano che la critica giornalistica non abbia voluto scriverne, è in una sceneggiatura che [...] Vai alla recensione »
L'inizio del film è accativante tanto da presuppore che le 2 ore e 30 minuti potranno essere godute a pieno in un sol fiato. Mi son sbagliato soprattuto perchè influenzato dai commenti troppo entusiastici (ps. vi accontentate di poco). Il film si svolge a volte così lentamente che vorresti finarla in quell'istante, ma ogni tanto c'è un barlume di speranza, [...] Vai alla recensione »
Più di qualcuno lo spaccia per un gran film, io non sono afatto d'accordo. Lungo, lento, mancano situazioni realmente interessanti in grado di catturare l'attenzione e mantenerla a buoni livelli. E' il solito film ambientato prevalmente in una galera, in cui possono succedere giusto quelle quattro cose e infatti sempre e solo quelle accadono.
noioso...non si capisce niente!!!!
Finalmente un bel film, alla maniera classica: un personaggio, una storia, un racconto che cattura attraverso il suo sviluppo e che quindi ti inchioda davvero - al contrario dal falso cinema che cerca di farti passare il tempo con la finta velocità, in realtà noiosa perché superficiale e ripetitiva. Manca una vera coerenza di regia, certi flashback sono gratuiti e banali: Audiard non è un gran regista, [...] Vai alla recensione »
Ha suscitato in me una forte immedesimazione, mi è parso di vivere in carcere per tutto il tempo del film. Una incredibile fisiognomica dei personaggi me li ha resi come familiari, quasi ho la sensazione di poterli incontrare in una stazione ferroviaria o in autobus. Che bei blu grigiastri, ombre che quasi portano a sentire l'aria stantia e l'odore marcio dei galeotti.
Malik (il quasi esordiente Tahar Rahim), giovane arabo-francese, entra in carcere neppure ventenne, solo, senza un soldo, sprovveduto e disprezzato per le sue origini. Ne esce sei anni più tardi, ormai divenuto un boss temuto e rispettato, grazie alla protezione offertagli da un padrino della mafia corsa, Cesar Luciani (Niels Arestrup), ma soprattutto in virtù della straordinaria capacit&agrav [...] Vai alla recensione »
Mamma mia, mi sento piccolo davanti a tanta scienza che è stata attribuita al film, alla tanta grandezza che i critici gli hanno dato. Troppo complicato, mi perdevo nei meandri degli schieramenti in prigione, corsi o arabi, alla fine non sapevo chi stava con chi. Poi - come nelle migliori avventure di Indiana Jones - l'eroe prevale, esce di prigione "imparato" e forse colto e, giusto per acquietarmi [...] Vai alla recensione »
la storia è molto bella, e molto ben narrata. certo il film accusa ad un certo punto una certa stanchezza, la spirale di violenza e la ripetitività della vita carceraria appare inarrestabile. non mancano scene molto forti e raccapriccianti, ma la prigione non è certo un luogo per signorine. il progagonista è perfetto, ed è una fortuna perchè appare quasi in ogni fotogramma.
Nella versione in italiano purtroppo i dialoghi in arabo non sono tradotto... se vedete il film in linguas originale sottotitolato capite perchè si chiama il profeta...
Sono rimasto decisamente colpito da questo film, dal suo realismo asciutto, impietoso come raramete si può vedere oggi nel cinema dove la vicinanza alla realtà e alla verità è così rara. La storia di questo ragazzo magrebino appena maggiorenne che si deve adattare alla feroce legge del carcere diventandone poi all'interno uno dei leader, ha si il realismo di un documentario ma con un ritmo straordinario [...] Vai alla recensione »
Un film molto ricco, straordinario nel suo realismo disarmante ma mai scontato, recitato benissimo da ogni singolo personaggio, sceneggiato a tratti un po' lungo ma con superba maestria e stracolmo di significati e situazioni significanti da poterne parlare con gli amici per ore: innanzitutto la discutibile etica di fondo di una società dove si venga premiati per una catena di delitti e mai per il [...] Vai alla recensione »
"Il Profeta" è uno di quei film che restano negli anni e di cui riaffiora spesso il bisogno di una nuova visione. Un vero dramma carcerario che diventa thriller ed action movie in un bilanciamento perfetto dei vari generi, una magistrale gestione dei tempi di suspense e dell'azione e una scrittura dei personaggi davvero notevole.
Entri in carcera da "buono" e ne esci da malavitoso. Questo è il succo, ma tra l'inizio e la fine c'è la passione. Un film che ricorda lo Scarface di De Palma per l'escalation con la quale il giovanissimo Malik si fa strada nel mondo criminale, quasi trascinato dagli eventi, ma si vedrà che è lui a farli avverare, tanto da guadagnarsi il soprannome [...] Vai alla recensione »
Stupendo, sceneggiatura impressionante, non esiste noia in tutta la durata del film. Coinvolgente sin dall'inizio, crudo come la realtà della vita. Da vedere assolutamente. ciao Giorgio
Recitato, sceneggiato, girato e fotografato stupendamente, si può pretendere di più? Una sola cosa: non è comprensibile come mai il film(stupendo) "Shutter Insland" di Martin Scorsese sia stato vietato ai minori di 14 e invece questo, ben più crudo(giustamente), si sia sottrato al divieto...
Un film duro e registicamente solido ma senza guizzi, non intrigante.Non originale soprattutto, a tal punto da pensare quale, se ci sia, possa essere il suo messaggio portante. Ora capisco perchè Haneke col suo film inconcludente ma con una indubbia carica allusiva, si sia portato a casa la palma d'oro.
un grande film, un film di simboli, che va aldilà del realismo più o meno credibile, delle facili interpretazioni di genere. è in primo luogo un film sull'iniziazione, sulla forza dell'individuo per sopravvivere in un mondo che è ancora giungla, istinto di sopraffazione, guerra tra tribù. oltre la retorica dei nostri filmacci di mafia, malik non sceglie il [...] Vai alla recensione »
pensavo, leggendo le varie recensioni entusiaste, che fosse la vita in ascesa di un capo banda moderno ed invece tutta la storia si limita a descrivere la gavetta di un giovane carcerato durante il suo apprendistato violento e , a volte, morboso o scontato. Assolutamente triste e perverso, violento e poco divertente. Non consigliabile.
Un (per me) abbastanza nuovo e sorprendente regista, realizza un film senza via di scampo per gli spettatori, nel senso che riesce ad accalappiare con facilità la nostra attenzione e non ce la fa mollare più, anche perché (soprattutto in certi momenti) è veramente difficile riuscire a prevedere quale saranno gli sviluppi di una storia che incalza in modo crudo, duro, spietato e violento, lasciando [...] Vai alla recensione »
Ho visto il film questo pomeriggio, e devo ammettere che mi ha sorpreso la sala piena, poiché molti film in questo periodo hanno sempre meno popolarità. Per due motivi: 1- la gente, soprattutto i giovani, va meno al cinema e 2- questi film vengono definiti noiosi e , per la seconda volta, soprattutto dalle nuove generazioni. Motivo in più perché oggi al cinema l'età media degli spettatori era largamente [...] Vai alla recensione »
"... i compagni di galera prendono a definirlo un profeta, perché lui è quello che parla, con gli uni e con gli altri, quello che porta i messaggi dentro e fuori, che conosce la gente che può far comodo negli affari. Egli fa grandi cose, insomma; la sua via è tracciata come quella di chi ha una missione". Non è così. A chiedergli se per caso è un "profeta" è un arabo, che il protagonista incontra [...] Vai alla recensione »
Film interessante, con una gran bella sceneggiatura, ben recitato e sicuramente originale....unico neo? Un po' troppo lungo.... Bello e da vedere!!
Film duro, violento come prendere un pugno nello stomaco di sorpresa. Non è una denuncia della situazione carceraria transalpina, piuttosto una sorta di rivincita da parte di un pieds-noirs che dal sale da un livello bassissimo ad un livello medio-basso, ma sempre in basso resta. Triste e senza speranza per chi può solo raccattare le briciole del mondo occidentale.
Audiard si conferma, dopo "Tutti i battiti del mio cuore" e "Sulle mie labbra", il miglior regista francese aggiungendo con "Il profeta" un tassello fondamentale alla sua filmografia. Film che prende a piene mani dal genere carcerario-gangster, riuscendo trovare un miracoloso equilibrio per cui, nonostante ricordi tante opere precedenti, questo sia un film unico nella sua specie.
Opera convincente che racconta la formazione di un criminale e che riflette la metafora della condizione esistenziale all'interno di un carcere. L'intento è anche di sottolineare che in determinati ambienti non c'è molta differenza tra ciò che succede all'interno e ciò che si verifica all'esterno di un carcere.
Lo stato di salute di un cinema - e di un Paese - si valuta anche dalla forza delle auto-rappresentazioni che cinema e Paese danno di sé. Una cultura ha bisogno di affreschi, di metafore: sono gli specchi indispensabili per guardarsi, analizzarsi, capirsi. Se ci pensate un attimo, la metafora dell'Italia più forte che il cinema ci ha dato negli ultimi anni è quella di Gomorra.
Un giovane magrebino senza patria né famiglia, solo, analfabeta, inerme, finisce in prigione per una rapina e ne esce sei anni dopo profondamente trasformato. In meglio, qui sta il bello. Anche se questo meglio abbraccia tutte le forme del peggio, perché oltre che a leggere e scrivere Malik impara a essere (o fingersi) servo, ruffiano, confidente, assassino.
«Quanti denti ha il pescecane, e a ciascun li fa veder...». Così si canta nell' Opera da tre soldi di Bertolt Brecht, a proposito di Mackie Messer, criminale di successo. E così (ma in inglese) una voce fuori campo canta al termine di Il profeta (Un prophète, Francia e Italia, 2009, 150'). Ormai libero, il venticinquenne Malik Ei Djebena (Tahar Rahim) si gode il suo trionfo.
«Sarebbe una banalità dire che la vita è una prigione. Ma che la prigione sia metafora della vita è evidente: quello che impari dentro, lo utilizzi fuori». Sorride Jacques Audiard dopo aver passato l'esame di una Cannes finora sonnolenta in concorso. Il suo Un prophète (altro colpo della Bim, forse in sala in autunno) è un film ad orologeria, una bella prova di regia, fotografia e scrittura -per parole [...] Vai alla recensione »
Il genere è quello carcerario, ma grazie all'assoluto controllo di regia «Il profeta» («Un prophète») si staglia sulla terra di nessuno dove il cinema è solo e semplicemente cinema. Proprio come «Gomorra», che non si limitava come hanno recepito alcune categorie di spettatori a esporre fotocopie di realtà, il film di Jacques Audiard (figlio del dialoghista Michel, uno dei padri del cinema francese [...] Vai alla recensione »
Il profeta è un film raro perché niente, al suo interno, è facilmente interpretabile o ha una sola lettura. E questo non perché il film di Jacques Audiard che ha vinto valanghe di Cesar ed è stato il candidato francese agli Oscar si diverta a sguazzare nell'ambiguità, ma perché la maggior parte degli avvenimenti, nella vita come in questo film, rimangono imperscrutabili.
A l'ombre des murs, une épopée criminelle violente et exaltante En 2008, le grand film français présenté au Festival de Cannes s'appelait Entre les murs. Fin avril 2009, quand on a appris qu'un des candidats français à la Palme d'or se passait en prison, on s'est demandé si Un prophète de Jacques Audiard serait l'équivalent carcéral de la tranche de vie collégienne qu'avait proposée Laurent Cantet. La [...] Vai alla recensione »
Quasi un anno dopo Cannes, e dopo la bellezza di 9 César vinti, esce in Italia Il profeta di Jacques Audiard. In Francia è già disponibile in homevideo (è uscito il 17 febbraio in dvd e blu-ray).Un vero filmone, premiato sulla Croisette con il Gran Prix du Jury – solo l'amicizia fra la presidente della giuria Isabelle Huppert e il regista del Nastro bianco Michael Haneke gli ha negato la Palma d'oro [...] Vai alla recensione »
Bellissimo film, molto ammirato e premiato, sulla carriera in prigione di un carcerato, molto simile a tante carriere che avvengono fuori del carcere. Un ragazzo arabo di diciannove anni comincia la sua detenzione. Deve scontare sei anni: Il profeta di Jacques Audiard non dice perché, ma si crede di capire che abbia aggredito un poliziotto. È più giovane e più fragile di molto altri carcerati, ma anche [...] Vai alla recensione »
The hero of “A Prophet,” Malik El Djebena (Tahar Rahim), is nineteen at the outset, a blank slate of a boy, just starting a French prison sentence of six years. By the time he reëmerges, at the end, his features are filled out and his spirit is filled in—scrawled and blackened with the wisdom of the criminal code. Jail has educated him, as a liberal society would hope, and lent purpose to his life; [...] Vai alla recensione »
E' passato molto tempo da quando Il profeta ha vinto il gran premio della giuria a Cannes, e tutti ormai sanno che il film è ambientato in carcere e il protagonista è un giovane detenuto che deve scontare una condanna a sei anni. Ma se molti film non hanno da offrire molto di più di quello che viene svelato nei trailer, Il profeta sfugge a questa regola scoraggiante.
C'è una costante affascinante in tutto il cinema del cinquantottenne Jacques Audiard (cinque regie dal '92 ad oggi, ventuno sceneggiature dal '74 ad oggi). E' questa capacità dei protagonisti dei suoi film, maschi o femmine che siano, dall'Albert di Un heros tres discret al Thomas di Tutti i battiti del mio cuore , di ribaltare e far diventare un handicap fisico, psicologico, comportamentale, una leva [...] Vai alla recensione »
La prigione punisce, ma non migliora. Anzi peggiora. Una tesi nota che però si insinua solo alla lontana nel film di oggi scritto e diretto da Jacques Audiard, un occhio più al realismo dei fatti, mostrandoli alla Rossellini, senza scoperte intenzioni di dimostrarle, solo per seguire da vicino un itinerario umano molto più sul versante del male che non su quello del bene.
Dall'innocenza criminale alla cultura del crimine, è un romanzo di formazione avvitato su un avvincente thriller carcerario che oppone un pivello analfabeta a un boss còrso. A 19 anni l'arabo Malik entra in carcere. E' l'icona del delinquente ignaro delle regole, dei rischi, dei ricatti. L'anziano Luciani lo costringe a uccidere. E' la voglia di riscatto di Malik a spingerlo a imparare come funzionano [...] Vai alla recensione »
In un film di rara intelligenza e potenza, un carcere Francese e un detenuto come non s'erano mai visti. Il carcere è sonnolento, inerte, con la sua popolazione divisa in gruppi etnici (gli arabi, i corsi), senza le solite violenze e sopraffazioni, senza giovani sodomizzati alle docce né vecchi con la gola tagliata: a parte i secondini servili, una sorta di limbo addormentato.
Tutta la vita davanti e l'orizzonte chiuso da sbarre,cieli invisibili, guardie corrotte, brutalità. Malik (Tahar Rahim) è poco più che maggiorenne. E' stato arrestato e condannato a sei anni. Non ha amici, soldi, avvocati credibili, protezioni, coscienza di sé. Quando gli ordinano di delinquere per sopravvivere all'inferno, esita il giusto. Poi uccide un testimone scomodo per il capo corso che in carcere [...] Vai alla recensione »
Genre is powerful, especially in the hands of as gifted a filmmaker as France's Jacques Audiard. His new film, the masterful "A Prophet," is an answered prayer for those who believe that revitalizing classic forms with contemporary attitudes makes for the most compelling kind of cinema. Part prison film, part crime story, part intense personal drama, this all-consuming narrative with the power and [...] Vai alla recensione »
Oscar-nominated as Best Foreign Language Film from France, A Prophet is a prison film like The Godfather is a gangster film. Meaning this knockout punch of a thriller surpasses its trappings to speak in a universal language about the ways power corrupts the human condition. Newcomer Tahar Rahim is astounding as Malik, 19, an illiterate Arab who begins serving six years by bootlicking César (Niels Arestrup), [...] Vai alla recensione »
"Un prophète" : la prison, une école de la vie selon Jacques Audiard La scène se passe samedi 16 mai, à 11 heures du matin, dans le Grand Théâtre Lumière de Cannes, où s'achève la projection de presse du cinquième long métrage de Jacques Audiard, Un prophète. Cela tient en peu de mots : un volume d'applaudissements et un je-ne-sais-quoi qui fait trembler l'air, dont l'addition suggère que si le [...] Vai alla recensione »
I mogul yiddish di Hollywood nascosero con cura il passato, pochi i film Usa chassidici, fino al Violinista sul tetto. Anche gli italo-americani preferirono glissare sulla mafia, fino a Coppola. Dimenticare significa tentare il salto di civiltà, entrare nell'individualismo moderno, ma si entra nella modernità rielaborando le parti nobili della tradizione e non rimuovendo ciò che resterà, ignobile, [...] Vai alla recensione »
I mogul yiddish di Hollywood nascosero con cura il passato, pochi i film Usa chassidici, fino al Violinista sul tetto. Anche gli italo-americani preferirono glissare sulla mafia, fino a Coppola. Dimenticare significa tentare il salto di civiltà, entrare nell'individualismo moderno, ma si entra nella modernità rielaborando le parti nobili della tradizione e non rimuovendo ciò che resterà, ignobile, [...] Vai alla recensione »
Film di un regista francese con attori d’origine magrebina, salvo Niels Arestrup, Un prophète (Un profeta) di Jacques Audiard ha i requisiti per avere un premio al Festival di Cannes. Con maggiori ambizioni (riscrivere la storia!) e minori risultati artistici di Un prophète, l’analogo Indigènes ottenne nel 2006 il premio agli interpreti. Intanto il film di Audiard ha avuto gli applausi della stampa, [...] Vai alla recensione »
Davvero notevole Il profeta. Come Gomorra sconsigliato agli animi sensibili. Come il film di Garrone - spostata l' attenzione dalla camorra alla condizione carceraria e all' immigrazione araba - non risparmia sulle efferatezze. Ma il punto, il pregio, è nel come il film rappresenta questo universo perduto. Il suo sguardo, che è lo sguardo del suo protagonista.
Il Gran premio della giuria al Festival di Cannes 2009 a Il profeta parve poco a certa critica francese, così sul film di Jacques Audiard sono piovuti anche nove premi César, due dei quali-come interprete principale e come esordiente - per Tahar Rahim, che non interpreta Maometto (profeta dell'Islam), ma un delinquente che un episodio di precognizione salverà indirettamente da un regolamento di conti. [...] Vai alla recensione »