Gli amori folli

Il moderno Resnais colpisce lo spettatore

Uno spettatore comune di oggi, giovane e (sia detto senza la minima sfumatura moralistica) giocoforza abituato a una percezione delle immagini in movimento sideralmente lontana da chi come il regista Alain Resnais si è appassionato ai cinema più di settant'anni fa, come può disporsi alla nuova opera del maestro francese che da noi si intitola Gli amori folli? La verità, e di nuovo fuori da ogni retorica nostalgica, è che per modernità divisione Resnais batte lo spettatore-tipo odierno 1-0. Non solo ma anche perché il suo bagaglio culturale di 88enne, comprendente il fumetto e Stravinski, il surrealismo e Cocteau, Ionesco e Beckett senza disdegnare i serial tv americani, è ricchissimo e coltivato con immutata curiosità. Se avete letta l'intervista diAldo Tassone che abbiamo pubblicata ieri vi siete fatta un'idea. Il titolo italiano (italiano anche il coproduttore Valerio De Paolis, come il partner francese temerario nel credere in un cinema così) non traduce l'originale. Che è "Les herbes folles", più o meno "le male erbe": scelta unilaterale dell'autore che si è ispirato a un libro in realtà chiamato "L'incidente". Comunque sia, si tratta di uno di quei film che non estremo ardimento si fondano sul nulla. Sull'esilità estrema di una situazione che non è un vero intreccio. Eppure vedrete, se andrete a vederlo come caldamente si consiglia, che manifesto di libertà, di leggerezza penetrante, di freschezza inventiva riesce ad essere. Un tale Georges (André Dussollier, l'irresistibile padre di "Tanguy"), pensionato malmostoso con qualche serio scheletro nell'armadio che riguarda un rapporto malsano con l'altro sesso ma non viene spiegato, trova e raccoglie un portafogli e tramite la polizia lo restituisce alla donna (Sabine Azéma) cui era stato rubato. Ma non finisce così. Come potrebbe accadere in una novella di Cechov o di Gogol, il tipo prende a stare ossessivamente alle costole della donna, a pretendere un riscontro, un trasporto, una disponibilità a incontrarsi e conoscersi che la signora trova fuori luogo. Fino a spaventarsene, visto l'avanzare di modalità persecutorie. Salvo che a un certo punto, quasi un ribaltamento, è lei a sentirsi presa, ad avvertire il bisogno di quello sconosciuto un po' sgradevole. A cercarlo, a farsi respingere, a sfidare il ridicolo. Di che si parla? Del caso che cambia il corso delle cose; della forza dell'attrazione, oscura ma indomabile soprattutto se non corrisposta; di amore, di passione? O della resa all'irrazionalità inspiegabile, insensata, disordinata dei comportamenti umani? Non aspettatevi risposte (anche se un finale, più o meno interpretabile, c'è. Ha a che vedere con lo stravagante hobby di lei, dentista nella vita e pilota per diletto. Non "lieto" ma si fatica a definirlo tragico). Di certo si rinnova il mistero di un "anticinema" che non potrebbe essere più cinematografico perché so - lo sullo schermo è possibile immaginare e fantasticare così a briglia sciolta. Altro che Iron Man 2 e il suo statico fracasso.
Da La Repubblica, 01 maggio 2010


di Paolo D'Agostini, 01 maggio 2010