Baarìa

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polpettone Valutazione 1 stelle su cinque

di angelo umana


Feedback: 110710 | altri commenti e recensioni di angelo umana
giovedì 23 settembre 2010

E’ consentito criticare negativamente l’ultimo film, Baarìa, del sicilianissimo registra, mostro sacro della cinematografia, Giuseppe Tornatore? Proviamoci. Se un film si potesse definire logorroico …, ebbene, Baarìa lo è. E’ certamente prolisso, un’ opera omnia di tutti i ricordi di Tornatore, enciclopedico nel volervi contenere tutti i suoi fatti, che sono per lui certamente importanti ma, lo immaginate voi uno che vi attacca un sermone di ricordi suoi lungo due ore e mezza? A un certo punto gli direste di smetterla, ma siete in un cinema, avete pagato il biglietto per l’ ultimo film del maestro e confidate di trovarci “un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l’ha” (da Vasco).

 

Insomma, il film si và a vedere perché la pubblicità, magari la sicilianità dello spettatore, le credenziali del regista, tante cose spingono a vederlo ma, appena immersi nella storia, anzi no, negli episodi, col religioso silenzio e la rispettosa attenzione dei cinefili (quelli che non sopportano rumori di popcorn sgranocchiati e lattine stappate), appena intravisti dei personaggi di cui ci si potrebbe innamorare, che potrebbero essere un po’ approfonditi, essi cambiano, lasciano la scena ad altre facce e fatti. La sicilianità dello spettatore può aver spinto a ritrovare un po’ della propria storia passata, di usanze ed avvenimenti siciliani ma, come detto, è il regista che si vuole raccontare, ne ha voce e autorevolezza, non è detto però che gli episodi rappresentati siano condivisi dallo spettatore, il quale resta fuori, a margine del caleidoscopio di immagini e suoni che si susseguono come “rolling stones”, pietre che rotolano e non si fermano, ubriacanti, come chi ama elucubrare senza verificare l’ interesse di chi ascolta.

 

C’ è nel film la polvere della Sicilia povera, le soperchierie dei potenti locali che l’ hanno ritardata e lasciata ancora più povera, ma si tratta di polvere e povertà in carta patinata, sa molto di fiction o telefilm, di saga artefatta, un bel prodotto preparato per venderlo bene, il produttore Medusa non ci stà certamente a perdere il denaro che vi ha speso; il tutto è impreziosito da attori noti nostrani che lo popolano, sprecati per un solo film, e dalla ricostruzione di Bagheria in Tunisia, elementi questi che giustificano la spesa di 25 milioni di euro, in ciò consiste la definizione di colossal.

 

Nel libro intervista che è cominciato a circolare con l’ uscita del film (“Baarìa, il film della mia vita”), Tornatore dice che avrebbe preferito girarlo a 60 anni, come riassunto di una vita, ma che gli uomini di Medusa ne sono stati attratti e così lui si è deciso ora: bello sarebbe pensare che gli artisti producessero le loro opere solo come e quando il loro “Estro” comanda! La volontà dei produttori è quella che ha spinto più il film dunque, mentre Tornatore stesso ammette che aveva pronti altri soggetti, che per fede attendiamo alla prova; sarà il marketing del produttore che lo ha portato ad essere candidato all’ Oscar 2010 come miglior film straniero, forte anche del precedente Oscar a Nuovo Cinema Paradiso, con buona pace di chi ha visto gli altri film italiani candidati allo stesso premio e che considera di maggior valore (notevolissimi Fortapasc, Vincere e Si può fare). Chissà, forse non è il marketing che fa vincere gli Oscar, o i Leoni, le Palme e gli Orsi.

 

Una parola circola nelle sale, a volte, riguardo ai film di Tornatore, irrispettosa ma, “vox populi …”, la parola è “polpettone”; il regista tende a dilagare, per il desiderio di dirci tutto e non farci immaginare niente, ma il cinema è anche sogno, immaginazione, il non detto che racconta. Pare che se l’ edizione originale di Nuovo Cinema Paradiso non fosse stata un po’ sfrondata gli americani non l’ avrebbero voluto. Non resta che apprezzare di più film con storie apparentemente minuscole, quasi personali, ma che si inseriscono in fatti storici ed epoche meglio descritti: “I cento passi” o “La meglio gioventù” di Giordana e “Nuovo Mondo” di Amelio.

 

 

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