Baarìa |
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Un film di Giuseppe Tornatore.
Con Francesco Scianna, Margareth Madè, Nicole Grimaudo, Angela Molina, Lina Sastri.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 150 min.
- Italia, Francia 2009.
- Medusa
uscita venerdì 25 settembre 2009.
MYMONETRO
Baarìa
valutazione media:
3,03
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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nostalgìadi Andrea DFeedback: 435 | altri commenti e recensioni di Andrea D |
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giovedì 1 ottobre 2009 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un bambino corre per le strade e spicca il volo al di sopra di un paese: è l'intensa apertura di "Baarìa", il ragazzino dovrebbe essere Tornatore e quella che vediamo è Bagheria, la città natale del regista, il quale, da buon privilegiato con venticinque milioni di euro di budget, ha fatto ricostruire in Tunisia. E ha fatto benissimo, perché avere l'opportunità di far rivivere attraverso la storia l'evoluzione del posto in cui si è vissuti, e mostrare il risultato a un vastissimo pubblico in sala, è una fortuna difficile persino da concepire. E il film finisce così per inserirsi a metà tra un approccio alla "Novecento" - in cui la grande storia faceva da sfondo alla piccola, per così dire, storia di due amici - e uno alla "Amarcord", nel quale l'unica protagonista era una dimensione nostalgica più mentale che fattuale. Tornatore, però, a differenza di Fellini, che filtrava l'epoca storica attraverso il setaccio di una memoria "bugiarda" che distorce e inventa spesso e volentieri regalandoci risultati difficilmente raggiungibili, adotta un criterio prevalentemente filologico, esemplato da una monumentale e dettagliata ricostruzione scenografica, misto a una osservazione malinconica prorompente, affidata alle situazioni e al toccante tema musicale di Morricone. Questo compromesso funziona, ed è lo stesso di "Nuovo Cinema Paradiso", che viene da rimpiangere, essendo quello un film indimenticabile perché esente dal difetto che impedisce di far arrivare "Baarìa" allo statuto di capolavoro, e cioè un'eccessiva coralità (caricata da moltissime celebri partecipazioni) che più di una volta prevarica la soggettività dei personaggi principali, a differenza del film di vent'anni prima, durante la visione del quale non si riusciva a non affezionarsi sin dall'inizio al piccolo Totò e al proiezionista Alfredo. Mentre si assiste a quest'ultimo lavoro del cineasta, si ha l'impressione che lui stesso ci accompagni con piacere suo e nostro all'interno delle vie del suo passato e attraverso altre storie più o meno collettive, in un discorso forse troppo frammentario e senza un centro preciso (diversamente da quanto succedeva in "Novecento", i cui protagonisti erano sempre il perno dell'attenzione nonostante l'epicità circostante) - mentre, col succedersi delle epoche, la fotografia va schiarendosi dalla dominante cromatica gialla del sicilianissimo tufo, caratterizzante i tempi lontani, fino ad un attuale bianco per i giorni nostri - culminando su un non troppo riuscito simbolismo legato ad una mosca. Ciò che più è da lodare è che siamo di fronte ad un'opera partorita con sincerità, con dirompente amore per la memoria, in quanto Tornatore non ha dimenticato la Nostalgia, il sentimento che probabilmente più di tutti legittima un prodotto artistico come una creatura propria e personale, autoriale nel senso più autentico del termine. La Bagheria di Tornatore è solo la Bagheria di Tornatore, e questo film solo lui l'avrebbe potuto fare. Basta uscire da quella sala, nel cinema dove vi trovate, e andare a quella a fianco, e troverete con molta possibilità una pellicola che chiunque avrebbe potuto girare. Quindi, godiamoci questa rara occasione di vero cinema italiano, che sa sposarsi pure con la spettacolarità, senza dimenticare quei momenti in cui la macchina da presa, come la penna del poeta più malinconico, si chiede che senso abbia vivere, amare, conoscere, per poi morire, dimenticare, sparire. L'arte è e c'è fin quando non si smette di chiederselo.
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