Avatar |
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Un film di James Cameron.
Con Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Stephen Lang.
continua»
Fantascienza,
Ratings: Kids+13,
durata 162 min.
- USA, Gran Bretagna 2009.
- 20th Century Fox Italia
uscita giovedì 22 settembre 2022.
MYMONETRO
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valutazione media:
3,88
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il tempo della grande sofferenzadi GrumpyFeedback: 119 |
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giovedì 4 marzo 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
“Il tempo della grande sofferenza era finito”. E’ tra le ultime frasi della voce narrante, di “Avatar”, ma è anche il pensiero che attraversa la mente dell’esausto spettatore, sfinito da quasi tre ore di polpettone indigesto, impreziosito – è chiaro – da splendide immagini e mirabolanti invenzioni visive, ma di una stupidità superiore alle più pessimistiche previsioni. Ora: non è che ogni film debba addentrarsi in profonde riflessioni per essere giudicato un capolavoro, e per fortuna: non si contano i bei film che sono, quanto all’argomento e/o al tono, “leggeri”. L’arte vera prescinde dalla “serietà” del soggetto, e via dicendo. Ma perché mai se si punta – legittimamente, beninteso - così forte sulla tecnologia e sulla pura forza delle immagini, la storia deve essere così irrimediabilmente scema? Se spendi fantastiliardi a vagoni per fare un film, che sarà mai riservare due soldi per pagarti uno sceneggiatore degno di questo nome – Cameron non lo è manco per idea - che ti scriva dialoghi decenti e metta in scena personaggi meno ridicoli di questi pupazzi? Certo, l’impatto visivo è indiscutibile, gli scenari, le luci, i colori, i paesaggi, tutto testimonia una fantasia sbrigliata sostenuta da una tecnica mirabile, ma la storia è quanto di più risaputo e banale possa immaginarsi, i personaggi delineati – si fa per dire – con mortificante miseria inventiva e serviti da dialoghi che regalano gli unici veri brividi – involontari - in quasi tre ore di film. I buoni sono talmente perfettini e melensi che verrebbe istintivo “tifare” per i cattivi, se non fosse che i cattivi, oltre che razzisti e fascistoidi, sono pure fessi oltre ogni dire. Neppure i più abusati e stinti luoghi comuni ti vengono risparmiati (compresa la terrificante scena madre finale) e le continue, più o meno velate citazioni da cinefilo (da “Apocalypse now” a “Balla coi lupi”, capolavori lontani anni luce dalle pacchianate di Cameron) contribuiscono solo a sottolineare ancor di più la pochezza di fondo dietro lo sfavillio della confezione.Il problema è che Cameron – non per la prima e, temiamo, neppure per l’ultima volta – si prende troppo sul serio: il suo talento per il puro intrattenimento è fuori discussione, ed è altrettanto indubbio che padroneggi tempi e ritmi dell’azione, i guai cominciano quando si mette in testa di atteggiarsi a regista “impegnato” lanciandosi in analisi e denunce che richiederebbero ben altra finezza e profondità. Risibile, in questo senso, la pretesa di porre al centro del film – con intenti, appunto, “seri” – il tema della colonizzazione del “diverso” che degenera nella violenza e nell’intolleranza verso una cultura e una civiltà che ha la sola colpa di essere lontana e estranea alla nostra (tema trattato con ben altra, commovente arte, ad esempio, dal già citato “Balla coi lupi”). Senza contare l’obiezione di fondo che sorge spontanea ad ogni suo film: si vorrebbe, cioè, per una volta, vederlo cimentarsi con budget meno faraonici e vedere se, dove finiscono i denari, subentra il talento, quello vero. Viene in mente, per dire, un regista ventiquattrenne, una quarantina di anni fa, che all’esordio assoluto folgora il mondo trasformando con la sola forza del proprio genio in erba mezzi poverissimi, volti anonimi e una storia scarna fino all’osso in un tesissimo e magnifico capolavoro. L’anno era il ’71, il film “Duel” e il 24enne all’esordio si chiamava Steven Spielberg.
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