Agora |
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Un film di Alejandro Amenábar.
Con Rachel Weisz, Max Minghella, Oscar Isaac, Ashraf Barhom.
continua»
Avventura,
durata 128 min.
- Spagna 2009.
- Mikado Film
uscita venerdì 23 aprile 2010.
MYMONETRO
Agora
valutazione media:
3,30
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Audace manifesto contro l’oscurantismo religiosodi TetsuyaFeedback: 6405 | altri commenti e recensioni di Tetsuya |
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mercoledì 18 ottobre 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
“Agorà”, ambiziosa produzione storica del regista premio Oscar Alejandro Amenábar, è un’opera assai controversa che da un lato si fa carico di tematiche e messaggi importanti, forse anche troppo, ma dall’altro si lascia soffocare da alcuni evidenti difetti che ne tradiscono l’anima squisitamente spettacolarizzata. Procediamo con ordine. L’intera pellicola è sostanzialmente distinguibile in due scenari, due ordini di eventi che si susseguono incessantemente, quasi rincorrendosi, l’un l’altro: riflessioni filosofiche e matematico-esistenziali (ridotte, ahimè, a mero espediente narrativo), e volgari schermaglie su pubblica piazza (cui a mio avviso è concesso fin troppo spazio). In “Agorà” convivono dunque due realtà che, a ben vedere, altro non sono che viva e pulsante rappresentazione di due aspetti della natura stessa dell’uomo: nobile ricerca della verità (che spinge al perfezionamento mediante la confutazione d’ogni certezza), e violento oscurantismo (buio rifugio per menti ottenebrate dal più becero fanatismo). In questo modo Alessandria d’Egitto, teatro della vicenda, si trasfigura animo umano, nel quale si scontrano inevitabilmente le più disparate emozioni in tumulto. O meglio, questo è ciò che “Agorà” dovrebbe essere. La presa di posizione dell’Amenábar è però eccessivamente netta ed impietosa: se da un lato c’è la ragione, allora dall’altro deve necessariamente esserci l’irrazionalità. Un simile e categorico modo di vedere non può che trasporsi su schermo nella più elementare distinzione dei ruoli tra personaggi: ecco dunque che su due fronti opposti troviamo da un lato i “buoni”, Ipazia, la giovane astronoma protagonista della pellicola (interpretata in modo abbastanza soddisfacente dalla bella Rachel Weisz) ed i suoi studenti, e dall’altro i “cattivi”, vale a dire i fanatici cattolici. Come si può molto facilmente intendere una così categorica distinzione caratteriale non può che far male ad un film già di per sé in crisi, complice la delicatissima tematica della quale si fa portavoce. Si, perché “Agorà” in questo sconvolge per attualità e per audacia: probabilmente nessun peplum nella lunga storia del genere aveva mai narrato in un modo così aspro e sfacciato lo scontro, esistente da tempo immemore, tra scienza e religione, tra verità e misticismo. L’ambizione dell’Amenábar purtroppo naufraga abbastanza impietosamente, incagliandosi come sottolineato in alcuni evidenti difetti quali una caratterizzazione dei personaggi stereotipata e ben poco approfondita, cui si aggiunga una frequente ed immotivata spettacolarizzazione hollywoodiana, che frequentemente irrompe non richiesta, specialmente durante le scene di maggior pathos, contribuendo in tal modo a soffocare ulteriormente la credibilità del prodotto finale. Deve tuttavia spezzarsi una lancia in favore del comparto scenografico, davvero ben realizzato e sufficientemente sfruttato. In conclusione, a ben vedere il nemico più agguerrito di “Agorà” è quell’aura di finzione che accompagna l’intero svolgimento della vicenda, finzione che è conseguenza diretta di una ben poco ragionata ponderazione caratteriale dei personaggi, e che contribuisce a dare alla pellicola l’aspetto di una lezioncina accademica su di una pagina di storia dimenticata, condita da affascinanti lineamenti di antica astronomia.
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