Mauro Lanari e Orietta Anibaldi
Il motivato ed efficace uso d'un registro sommesso, discreto, privo di fronzoli e orpelli mette questo film a rischio d'incomprensione e sottovalutazione, mentre al contrario ci troviamo di fronte a una gemma cinematografica davvero rara. Temi, poetica e scavo psicologico sono incomparabilmente più profondi dell'Aronofsky che si cimenta col "Teorema del delirio" per i palati snob e Lynchdipendenti del Sundance. Inoltre il Coppola de "La conversazione" ne è un referente da cui è impossibile prescindere, almeno se s'ammette che l'ambizione di Coppola andava ben oltre il Watergate. E al confronto impallidiscono pure le ripetute incursioni sull'argomento da parte di Kieslowski. Ti muore la persona amata e il tempo si ferma assieme al cuore, niente più battiti e l'orologio rotto dell'Incidente/Accidente finisce in cassaforte come ciò che conservi di più prezioso. Trauma ideoaffettivo e la morte di Dio è bella che servita, crolli in preda al caso, a un caos neppure deterministico e statisticamente prevedibile, l'assurdo persevera nel suo Regno, la sua Dimora, la sua Chiesa blasfema e nefasta. Ti resta solo "Brain", l’immenso e sin qui inane tentativo di cercare una logica all'illogico, una legge all'anomia che governa il mondo immondo. Nessun complottismo né paranoia, soltanto sospetto e diffidenza assoluti verso le atroci sorprese della vita. Ma la ricerca d'una gestione esistenziale al riparo d'ogni ulteriore tragico evento fallisce, peggio: alimenta l’errore, lo ribadisce, lo trasmette. "Brain" vacilla ancor più dell'Alzheimer di "Uncle", il silenzio gronda piogge di frantumi omicidi su qualunque abbozzo di rapporto umano, non c'è modo di porre la sventura sotto commissariamento progettandola e architettandola, la nostra ingegnosità viene sbeffeggiata dall'impietoso decorso storico. Un'eclisse può rinsavirci dall'accecamento dovuto alla tormentata fissazione cognitiva e amorosa, ma appena per un attimo e anche tardivo. Gl'elementi stilistico-formali del regista sono al perfetto servizio di cotanto sfascio: dialoghi scarni e colmi di significato, fotografia neutra e indifferente al dramma in atto, scenografie anonime e disadorne quanto quel che rimane al protagonista sempre più vittima della disperazione. Siamo cerebralmente predisposti a non affrontare il reale senza una qualche regolarità. In ogni laboratorio d'etologia è ripetibile l'esperimento della piccola cavia che, già al terzo rinforzo stocastico e aleatorio, si convince d'aver individuato il comportamento da effettuare per ottenere di nuovo il rinforzo gratificante. Così nasce la superstizione, così forse nasce la religiosità come la scienza: andando a caccia del Rito Efficace.
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