niffy
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domenica 11 gennaio 2009
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tuffo nella memoria
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Un tuffo dall'immagine proiettata nel reale alla realtà proiettata nell'incubo,alla ricerca esasperante di ricordi persi e ingannevoli.Il regista Ari Folman attraverso l'uso della graphic novel crea una riflessione sulla guerra vissuta come soldato e su quell'enorme voragine di ricordi trascinanti l'essere umano nell'incertezza,risolvendosi semplicemente e amaramente nell'incubo delle urla e delle lacrime delle donne palestinesi,sopravissute all'eccidio delle falangi cristiane durante il massacro di Chabra e Chatila .In questo costante viaggio alla ricerca della "vera" verità,che coinvolge non solo lo spettatore ma perfino lo stesso protagonista e i suoi personaggi,il regista non manca a lasciarsi nella potenza onirica e poetica di certe immagini,alternandole e mescolandole a quelle che necessitano di una ben più forte carica espressiva.
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Un tuffo dall'immagine proiettata nel reale alla realtà proiettata nell'incubo,alla ricerca esasperante di ricordi persi e ingannevoli.Il regista Ari Folman attraverso l'uso della graphic novel crea una riflessione sulla guerra vissuta come soldato e su quell'enorme voragine di ricordi trascinanti l'essere umano nell'incertezza,risolvendosi semplicemente e amaramente nell'incubo delle urla e delle lacrime delle donne palestinesi,sopravissute all'eccidio delle falangi cristiane durante il massacro di Chabra e Chatila .In questo costante viaggio alla ricerca della "vera" verità,che coinvolge non solo lo spettatore ma perfino lo stesso protagonista e i suoi personaggi,il regista non manca a lasciarsi nella potenza onirica e poetica di certe immagini,alternandole e mescolandole a quelle che necessitano di una ben più forte carica espressiva.Grazie a questo e ad una dilatazione dei tempi che usa a proprio piacimento,riesce a colpire lo spettatore,tenendolo sospeso nel sogno,per poi ributtarlo violentemente nella realtà e in quel dolore che non è più contemplato ma che deve essere vissuto nella certezza e nella consapevolezza.Un piccolo gioiello assolutamente da vedere.
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[+] ottima recensione
(di matteo78)
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chesko
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mercoledì 21 ottobre 2009
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il massacro dei campi profughi di sabra e shatila
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Ari Folman regista, attore e scrittore israeliano crea un’opera suggestiva che parte direttamente dalla propria esperienza di soldato nella prima guerra civile libanese, ennesimo teatro di scontro dell’infinito conflitto arabo-cristiano.
L’idea di Folman è stata quella di creare un documentario animato che non appoggiandosi ad immagini di archivio (tranne una l'importante cruda sequenza finale) si sviluppa attraverso viaggi nella memoria di chi come lui ha rimosso i ricordi scomodi e duri della guerra.
I tragici eventi reali esplodono nel subconscio di ognuno degli intervistati (ex soldati, giornalisti, amici e responsabili militari), e Folman cerca parlando con i vecchi compagni di battaglia di ricostruire il proprio e il loro puzzle fatto di metafore ambigue che mescolano realtà ed immaginazione (7 delle 9 testimonianze sono reali).
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Ari Folman regista, attore e scrittore israeliano crea un’opera suggestiva che parte direttamente dalla propria esperienza di soldato nella prima guerra civile libanese, ennesimo teatro di scontro dell’infinito conflitto arabo-cristiano.
L’idea di Folman è stata quella di creare un documentario animato che non appoggiandosi ad immagini di archivio (tranne una l'importante cruda sequenza finale) si sviluppa attraverso viaggi nella memoria di chi come lui ha rimosso i ricordi scomodi e duri della guerra.
I tragici eventi reali esplodono nel subconscio di ognuno degli intervistati (ex soldati, giornalisti, amici e responsabili militari), e Folman cerca parlando con i vecchi compagni di battaglia di ricostruire il proprio e il loro puzzle fatto di metafore ambigue che mescolano realtà ed immaginazione (7 delle 9 testimonianze sono reali).
Non a caso i disordini da stress post-traumatico causano incubi ricorrenti che sono affidati in primis ad un amico analista.
Folman con alcune frequenze paradossali, bellissime le illustrazioni dell’art director David Polonsky, ci spiega come la guerra non porta né onore e né gloria ma lascia sensi di colpa in chi giovanissimo si trova lì coinvolto in un gioco crudele a sparare e a pregare nello stesso istante, rimuovendo poi dalla mente, come fosse stato solo un sogno, le proprie responsabilità.
Il film non è una noiosa ricostruzione politica dell’ennesima strage di guerra, ma è una riflessione sui soldati che sono le prime vittime assoggettate come burattini ad una volontà superiore quasi invisibile ed inesistente che non si sporca le mani direttamente ma usa e consuma l’anima e la dignità propria di ogni individuo.
Tutt’ora continua l’interminabile lotta ebraico-palestinese dove ogni fazione rivendica i propri territori attraverso il nome di un Dio, permettendo però l’uccisione giornaliera di vite umane e non di cristiani o musulmani.
Importante è come Folman non fa il solito documentario di parte “nazionalista“, ma mette in gioco addirittura se stesso interrogandosi su chi come lui era presente e impotente spettatore di una strage non eseguita direttamente dall’esercito israeliano ma che porta indirettamente la loro ombra.
Il valzer ballato da un soldato che spara all’impazzata sotto un poster di Bashir Gemayel è una sequenza onirica destinata a rimanere nella storia cinematografica, il film si prende il premio ai golden globes 2009 come miglior film straniero e la nomination all’oscar portando così al successo Ari Folman al suo vero e proprio esordio cinematografico come regista ed attore.
Lascia il segno emozionando Francesco Ciabatti.
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ivan mosca
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martedì 3 febbraio 2009
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cosa è vero e cosa è falso? forse non conta quello
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Sono andato a vedere Valzer con Bashir, il film di animazione sul massacro avvenuto a Beirut in Libano nel 1982, ad opera delle falangi cristiane Maronite contro la popolazione palestinese che non aveva evacuato la città. Dopo il film, estremamente poetico ed al contempo realistico, ci siamo soffermati a parlare, io ed i miei due amici con cui ho visto il film, ed abbiamo concluso che il lavoro di Folman rovescia la prospettiva classica dei film di guerra, non presentando praticamente mai il punto di vista dei “buoni” (combattenti o civili che siano), ma esclusivamente quello dei militari israeliani, osservatori privilegiati ed attori passivi del massacro, i quali non intervennero per fermarlo ma anzi stettero a guardare, increduli ma rispettosi degli ordini, in un modo simile a come fecero i gerarchi nazisti durante le persecuzioni ebraiche della seconda guerra mondiale.
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Sono andato a vedere Valzer con Bashir, il film di animazione sul massacro avvenuto a Beirut in Libano nel 1982, ad opera delle falangi cristiane Maronite contro la popolazione palestinese che non aveva evacuato la città. Dopo il film, estremamente poetico ed al contempo realistico, ci siamo soffermati a parlare, io ed i miei due amici con cui ho visto il film, ed abbiamo concluso che il lavoro di Folman rovescia la prospettiva classica dei film di guerra, non presentando praticamente mai il punto di vista dei “buoni” (combattenti o civili che siano), ma esclusivamente quello dei militari israeliani, osservatori privilegiati ed attori passivi del massacro, i quali non intervennero per fermarlo ma anzi stettero a guardare, increduli ma rispettosi degli ordini, in un modo simile a come fecero i gerarchi nazisti durante le persecuzioni ebraiche della seconda guerra mondiale.
Il giorno dopo uno dei due miei amici mi telefona e mi chiede secondo me quante persone furono massacrate durante l’eccidio. Io rifletto un attimo e faccio mente locale, cerco di dare una risposta verosimile, prendendo in considerazione i dati che avevo (ossia quasi nulli, esclusivamente quelli del film). Ho risposto che secondo me erano state uccise mille persone. Era vero. Il mio amico mi disse che lui se ne era immaginate molte di più. Ci siamo messi a discutere del perché, e mi sono reso conto che anche io se avessi letto il dato senza prima averci riflettuto mi sarei sorpreso. Eppure il film descrive certo un massacro, ma non mostra mai un gran numero di persone. Le uccisioni, crude come quelle di una guerra riproposta in modo molto realistico, sono poche. Eppure la sensazione che se ne ricava è che l’evento storico abbia riguardato decine di migliaia di palestinesi. Semplicemente le nostre menti hanno aggiunto dei particolari che il film non racconta, esattamente come fa il protagonista del film ricordando particolari inesistenti del massacro, dopo averlo rimosso per anni e averlo riportato alla memoria grazie ai racconti dei suoi ex-commilitoni, che nonostante tutto continuano a fumare marjuana per dimenticare.
Il pregio più grande del film è il tentativo di riportare alla coscienza collettiva la memoria di un evento storico che non si presenta come di per se stesso di enorme portata ma che è indubbiamente un genocidio a causa delle modalità con cui è avvenuto, protette, sorvegliate ed in un certo senso autorizzate. Un massacro di efferatezza molto intensa, ampliata dal tam tam mediatico dovuto al buon numero di giornalisti allora presente sulla scena. La cosa più interessante è che non è un film ideologico, non usa retorica esplicita, non presenta una condanna né un giudizio netto. Lo spettatore viene solo messo in guardia, spinto a farsi un’idea non tanto del passato ma del fatto che le decisioni politiche in materia di guerra hanno sempre delle conseguenze, che si deve scegliere se generare o meno.
Il punto quindi non è quante persone siano state effettivamente uccise durante il massacro, ma la relazione tra quell’episodio e chi lo ha solo osservato, sul campo come in televisione. Lo squilibrio di forze porta il più forte ad un carico morale maggiore del più debole, inevitabilmente e senza paternalismo. Che significa stare a guardare una guerra? Qual è il senso dell’essere spettatori di un grande e crudo spettacolo senza sentirsi spinti ad intervenire in un qualche modo?
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[+] non mi sembra un paragone azzeccato
(di l'osservatore)
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giacomo j.k.
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domenica 8 novembre 2009
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valzer con bashir, la danza macabra di ari folman
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Una sera, Boaz racconta al suo amico regista Ari Folman un sogno che lo perseguita da mesi, sempre uguale, nel quale è inseguito da ventisei cani neri. I due trovano un collegamento tra il sogno e un episodio della guerra in Libano di vent’anni prima, quando entrambi erano al fronte. Solo in quel momento Ari si rende conto di non aver più ripensato a quei mesi in guerra, che da quella notte in avanti lo perseguiteranno con un altro sogno: di notte, insieme a tre commilitoni, Ari, nudo, riemerge dal mare e si avventura sulla costa del Libano, illuminata dalle bombe al fosforo. Ari è sicuro di non aver mai vissuto quel ricordo e, su consiglio di un suo amico psicologo, decide di cercare i suoi vecchi compagni di leva perché lo aiutino a ricordare ciò che in quei mesi era accaduto veramente; avvenimenti che col tempo Ari aveva rimosso; il ricordo più reticente riguarda il particolare episodio della presa di Sabra e Chatila: che sia di quello che parla il sogno? E se così fosse, siamo davvero disposti a liberarlo in tutta la sua violenza? Perché esso non sarà un cartone…
Con una animazione scarna ma efficace, Ari Folman confeziona un’opera incredibilmente sfaccettata che si avventura nelle profondità dell’animo umano, molto più a fondo forse di quanto lo spettatore si possa aspettare; una spettacolare grafic-novel autobiografica in quanto cronaca di un viaggio nei meandri della memoria compiuto da Folman stesso, ma che riguarda tutti.
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Una sera, Boaz racconta al suo amico regista Ari Folman un sogno che lo perseguita da mesi, sempre uguale, nel quale è inseguito da ventisei cani neri. I due trovano un collegamento tra il sogno e un episodio della guerra in Libano di vent’anni prima, quando entrambi erano al fronte. Solo in quel momento Ari si rende conto di non aver più ripensato a quei mesi in guerra, che da quella notte in avanti lo perseguiteranno con un altro sogno: di notte, insieme a tre commilitoni, Ari, nudo, riemerge dal mare e si avventura sulla costa del Libano, illuminata dalle bombe al fosforo. Ari è sicuro di non aver mai vissuto quel ricordo e, su consiglio di un suo amico psicologo, decide di cercare i suoi vecchi compagni di leva perché lo aiutino a ricordare ciò che in quei mesi era accaduto veramente; avvenimenti che col tempo Ari aveva rimosso; il ricordo più reticente riguarda il particolare episodio della presa di Sabra e Chatila: che sia di quello che parla il sogno? E se così fosse, siamo davvero disposti a liberarlo in tutta la sua violenza? Perché esso non sarà un cartone…
Con una animazione scarna ma efficace, Ari Folman confeziona un’opera incredibilmente sfaccettata che si avventura nelle profondità dell’animo umano, molto più a fondo forse di quanto lo spettatore si possa aspettare; una spettacolare grafic-novel autobiografica in quanto cronaca di un viaggio nei meandri della memoria compiuto da Folman stesso, ma che riguarda tutti. Cosa ci fa dimenticare qualcosa che abbiamo vissuto? E soprattutto: cosa ci spinge ad andare alla ricerca di quei ricordi perduti? Il coraggio del protagonista sembra volerci dare la sua risposta: talvolta quei ricordi sono i più importanti di tutta la nostra memoria. Una fatale curiosità che ci spinge a voler conoscere ciò verso cui il nostro si è premunito, ciò che ci siamo autocensurati. Sono ricordi dolorosi e terribili, e allora perché basta un niente a scatenare in noi questa ricerca? Perché, in qualche modo, sentiamo impellente la necessità del ricordo. Riaffiora qui il tema del ricordo legato alle stragi del passato di un individuo (innanzitutto – Folman intraprende il suo viaggio per se stesso), di una famiglia o di un popolo. E se il popolo è quello ebraico, allora il pensiero va subito alla Shoah (e scopriremo che essa ha a che fare con il sogno di Ari più di quanto lui stesso immagini). Insieme al ricordo, l’altra grande necessità è porsi delle domande. E chi si pone le domande che si è posto Ari Folman, difficilmente avrà da temere un branco di cani neri.
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hanna
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martedì 6 luglio 2010
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la memoria danzante e l’oblio delle responsabilità
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Quando la memoria non vuole ricordare, comincia a danzare con l’oblio sulle musiche della negazione. “La parte più difficile: Sapere o no se fai del bene”. Ognuno fa ombra all’altro. Denti che ringhiano in una corsa nera, in un magma indistinto come di trepida angoscia. Com’è l’atmosfera di una guerra civile? E quella di un miscuglio di gente che iniziano a farsi la guerra o ne sono semplicemente vittime, o ancora devono eseguire semplicemente degli ordini, non riconoscendo più distintamente di chi, e in realtà perché. Identità scomparse, giravolte di alleanze, incoerenze di propositi, improvvisano con raziocinante allucinazione giri di valzer con partner rivali, come il civettare di donne mondane in un moulin rouge di desideri di potenza e sopraffazione.
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Quando la memoria non vuole ricordare, comincia a danzare con l’oblio sulle musiche della negazione. “La parte più difficile: Sapere o no se fai del bene”. Ognuno fa ombra all’altro. Denti che ringhiano in una corsa nera, in un magma indistinto come di trepida angoscia. Com’è l’atmosfera di una guerra civile? E quella di un miscuglio di gente che iniziano a farsi la guerra o ne sono semplicemente vittime, o ancora devono eseguire semplicemente degli ordini, non riconoscendo più distintamente di chi, e in realtà perché. Identità scomparse, giravolte di alleanze, incoerenze di propositi, improvvisano con raziocinante allucinazione giri di valzer con partner rivali, come il civettare di donne mondane in un moulin rouge di desideri di potenza e sopraffazione. La sabbia ricopre silenziosamente i fatti della memoria, rea della sua rinuncia alla responsabilità, la schiuma dell’oblio comincia a raschiare i ricordi di tutti gli interlocutori reduci della sanguinosa esperienza. Ciò che colpisce è l’immagine di tutte quelle persone carnefici e vittime che non ancora raggiunta la maturità delle proprie identità, si ritrovano coinvolte nelle piroette di lotta con un fucile troppo grande in mano ad improvvisare ritmi di piombo frenetici e senza una meta chiara e distinta. Mescolanza è una delle parole prncipi in tutta la trama narrativa non solo del film, ma dei fatti storici di allora. È quasi sempre l’inconscio che in differita ci racconta la storia della verità. La memoria è dinamica, essa inventa, fabbrica, finge. Nel film essa viene presentata solo come disegni, niente video, a quelli ci pensa l’immaginazione. Quali sono gli elementi che entrano in ballo in una guerra nelle persone che ne prendono parte? Per poter compiere ciò che compie, l’uomo deve dimenticare, in modo da perpetrare ciò che ha appena dimenticato. Ma ecco si insinua l’incertezza del ricordo che riaffiora come monito “Il massacro non l’ho registrato” asserisce uno dei compagni del regista israeliano. É l’unico modo per poter sopravvivere facendoci la guerra. Ed in mezzo a tutte queste rievocazioni, sprazzi di schizofrenica quotidianità a ricoprire il pavimento sporco di sangue. Come può essere sorprendente il modo in cui l’umano si ritaglia un pezzetto di sopravvivenza in mezzo l’infernale azione della morte che scorre lenta nel pianto delle immagini che ci si propongono alla fine. La percezione della coscienza dura un batter d’ali di colibrì, la presa d’atto la rappresenta solo la morte. I civili guardano con altri occhi. “Ripuliti i campi” è una delle affermazioni usate dai falangisti, un punto chiave per il senso del messaggio di Ari Folman. Si usano le parole che affermano il rovescio di ciò che è, ribaltando le storie e i destini sinanche di un popolo. È quasi se il popolo di Israele, oltre a tutti gli altri eserciti protagonisti, si macchiasse dello stesso peccato di cui è stato terribilmente vittima,senza una azione diretta, ma proprio nel senso di immobilità delle parole di Sharon ad un certo punto del film, mentre si sta consumando il massacro di Sabra e Chatila che colloca tutti, indistintamente nel cerchio infernale dell’inconsapevolezza dei propri doveri etici nei confronti dell’altro. “Il massacro non c’entra, non ne sei responsabile” dichiara un amico psicologo del regista, ma se fosse realmente così perché si insinua quel senso d’angoscia per le azioni commesse e di cui si è stati e si sarà per sempre vittime? Eterni prigionieri delle domande chi? Cosa? Perché?
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dandy
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giovedì 23 maggio 2013
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ballando tra i proiettili......
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Particolarissimo esempio di film d'animazione "fuori dagli schemi",non per tutti ma appassionante e capace di suscitare emozioni meglio di molti film bellici con attori in carne e ossa.Originariamente pensato come documentario misto a inserti di finzione,mediante il quale Folman intendeva scoprire le ragioni della propria amnesia.Attraverso le interviste a sette commilitoni autentici,ex-colleghi del regista(che ne ha inventati altri due),la libertà creativa del disegno a matita di David Polonski(non eccelso ma fluido ma efficace)consente di usare il percorso irregolare della memoria e del ricordo come tramite fra lo spettatore e la giovane recluta che fu Folman durante la prima guerra del Libano.
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Particolarissimo esempio di film d'animazione "fuori dagli schemi",non per tutti ma appassionante e capace di suscitare emozioni meglio di molti film bellici con attori in carne e ossa.Originariamente pensato come documentario misto a inserti di finzione,mediante il quale Folman intendeva scoprire le ragioni della propria amnesia.Attraverso le interviste a sette commilitoni autentici,ex-colleghi del regista(che ne ha inventati altri due),la libertà creativa del disegno a matita di David Polonski(non eccelso ma fluido ma efficace)consente di usare il percorso irregolare della memoria e del ricordo come tramite fra lo spettatore e la giovane recluta che fu Folman durante la prima guerra del Libano.Le fantasie erotiche,le angosce e i desideri,i ricordi che si intrecciano via via con quelli di altri testimoni,e la voglia di razionalità che cede il passo all'angoscia del dubbio compongono un percorso tra passato e presente alla ricerca della conoscenza di se stesso.E di una visione della guerra lucida ed efficace,in bilico tra orrore e retorica,quotidianità e grottesca pazzia(la parata di violenze perpetrate a casaccio,l'ufficiale israeliano che guarda un film porno[sequenza accorciata nella versione uscita da noi al cinema,poi reintegrata in DVD]).Se la scoperta di una verità sconvolgente è decisamente intuibile,la rivelazione finale riguardo a Folman e alla presa di coscienza per le sue rsponsabilità è messa in scena in modo spiazzante.E le immagini(autentiche)del massacro di Sabra e Chatila(cui l'esercito israeliano assistette senza far nulla)sono giustamente terrificanti.Suggestivo invece,l'inizio coi cani.Il titolo fa riferimento al soldato che spara"ballando" di fronte al manifesto di Gemayel Bashir,primo ministro libanese la cui uccisione da parte dei palestinesi scatenò la crudelissima vendetta da parte dei falangisti.
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shingotamai
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lunedì 10 aprile 2017
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meglio del 3d
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Folman parte dall'esperienza personale per raccontarci quanto sia drammatica la guerra anche anni dopo.
Alcuni tentano in tutti i modi di rimuoverla dalla propria memoria,negando quasi di averla vissuta,altri la ricordano in un modo completamente diverso,in comune c'è il desiderio di parlane il meno possibile.
Il buon Ari ,spinto dagli incubi ricorrenti di un ex compagno di battaglie,decide allora di rivivere ed "espiare" quanto vissuto.
Tanto è grande la crudeltà esposta che non sembra di assistere ad un film di animazione,con particolari raggelanti e scene di rara durezza.
La sceneggiatura è a mio avviso il punto forte della pellicola e la grafica accattivante un altro punto a favore per essere ricordata nel tempo.
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Folman parte dall'esperienza personale per raccontarci quanto sia drammatica la guerra anche anni dopo.
Alcuni tentano in tutti i modi di rimuoverla dalla propria memoria,negando quasi di averla vissuta,altri la ricordano in un modo completamente diverso,in comune c'è il desiderio di parlane il meno possibile.
Il buon Ari ,spinto dagli incubi ricorrenti di un ex compagno di battaglie,decide allora di rivivere ed "espiare" quanto vissuto.
Tanto è grande la crudeltà esposta che non sembra di assistere ad un film di animazione,con particolari raggelanti e scene di rara durezza.
La sceneggiatura è a mio avviso il punto forte della pellicola e la grafica accattivante un altro punto a favore per essere ricordata nel tempo.
Parlando di fil di animazione,personalmente non ho alcun dubbio che questo sia uno dei più belli che ho visto, e non ci sono effetti speciali in 3D che tengano,questo è Cinema con la C maiuscola.
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bizio
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domenica 15 marzo 2009
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tema difficile
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è sicuramente molto difficile il tema, e l'autore ,vista la sua origine ,è coraggioso a parlare di questi avvenimenti visto che spesso in questi casi prevale l'idea di evitare di raccontare queste storie,di difendere la propria patria evitando di dire queste verità così sconvenienti...il film lo trovo molto bello, ricostruisce la guerra dal punto di vista del protagonista che ha rimosso tutto ciò che è successo in quella guerra che l'ha visto protagonista, ma la verità riemerge nuovamente quando un suo amico gli parla del sogno che fa tutte le sere e che ha fatto riemergere il suo passato ,ciò che è accaduto in quella guerra, questo fatto riesumerà anche la sua storia e il suo ruolo...per il tema e il coraggio mostrato 4 stelle
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lisbeth
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venerdì 18 settembre 2009
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valzer di morte sulle note di bach
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Ari Folman aveva 18 anni quando nell''82 era volontario nell'esercito israeliano in Libano.La rimozione era d'obbligo per un ragazzo, bisognava pur riuscire a vivere. Il prezzo da pagare nei vent'anni a seguire erano stati gl'incubi notturni, cani urlanti che lo assediavano,i 26 cani (contabilità schizoide) che aveva dovuto uccidere nelle incursioni, perchè lui, che non era capace di sparare agli uomini, aveva l' incarico di far tacere gli animali. Ma si rimuove l'orrore solo guardandolo in faccia, ed è quello che Folman ha fatto, passando attraverso tutte le strade della psicoterapia,della riflessione storica, del confronto con le storie e le memorie altrui, e il massacro di Sabra e Shatila irrrompe allora in fondo al film con sequenze tragicamente reali dopo il magnifico sviluppo del film come graphic novel, allineate da una fotografia "sporca" e mossa che segna il recupero doloroso della memoria e, sul piano più strettamente linguistico, dà suggestioni di grande respiro epico al film.
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Ari Folman aveva 18 anni quando nell''82 era volontario nell'esercito israeliano in Libano.La rimozione era d'obbligo per un ragazzo, bisognava pur riuscire a vivere. Il prezzo da pagare nei vent'anni a seguire erano stati gl'incubi notturni, cani urlanti che lo assediavano,i 26 cani (contabilità schizoide) che aveva dovuto uccidere nelle incursioni, perchè lui, che non era capace di sparare agli uomini, aveva l' incarico di far tacere gli animali. Ma si rimuove l'orrore solo guardandolo in faccia, ed è quello che Folman ha fatto, passando attraverso tutte le strade della psicoterapia,della riflessione storica, del confronto con le storie e le memorie altrui, e il massacro di Sabra e Shatila irrrompe allora in fondo al film con sequenze tragicamente reali dopo il magnifico sviluppo del film come graphic novel, allineate da una fotografia "sporca" e mossa che segna il recupero doloroso della memoria e, sul piano più strettamente linguistico, dà suggestioni di grande respiro epico al film. Spicca fra tante, oltre naturalmente allo spettacolare valzer di morte con la mitraglietta impazzita (scena che da sola meriterebbe l'Oscar), la sequenza del terrorista bambino, solo contro un carro armato e, dopo,il corpicino straziato su cui scendono pietose le note di Bach. Ma tanti sarebbero i momenti del film su cui soffermarsi a riflettere, a coglierne rimandi di significato. Tanti e insostenibili, a volte. Intenso e doloroso, un'opera di grande poesia.
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movieman
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giovedì 29 luglio 2010
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il valzer degli orrori
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Innanzitutto. ecco i fatti : nel1982 un leader politico cristiano libanese, Bashir Ismayel venne ucciso dai terroristi palestinesi a Beirut, in Libano. La vendetta non si fa attendere : i falangisti cristiani "rispondono" a questo omicidio commettendo un atto atroce : uccidendo migliaia di civili Palestinesi ( inclusi i bambini ) nelle province di Sabra e Shatila. Il tutto avvenne sotto gli occhi dell'esercito israeliano che non potè fare nulla in quanto il governo israeliano ( e il film lo dice apertamente ) non intervenne. Su questa tragica tela storica si innesta il film di Forlman, un cartoon ( termine orribile, ma chiamiamolo così ) autobiografico che racconta l'orrore del massacro - e della guerra in generale - attraverso le esperienze di Forlman stesso, all'epoca soldato e diciannovenne, e di quelli che furono i suoi compagni di sventura.
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Innanzitutto. ecco i fatti : nel1982 un leader politico cristiano libanese, Bashir Ismayel venne ucciso dai terroristi palestinesi a Beirut, in Libano. La vendetta non si fa attendere : i falangisti cristiani "rispondono" a questo omicidio commettendo un atto atroce : uccidendo migliaia di civili Palestinesi ( inclusi i bambini ) nelle province di Sabra e Shatila. Il tutto avvenne sotto gli occhi dell'esercito israeliano che non potè fare nulla in quanto il governo israeliano ( e il film lo dice apertamente ) non intervenne. Su questa tragica tela storica si innesta il film di Forlman, un cartoon ( termine orribile, ma chiamiamolo così ) autobiografico che racconta l'orrore del massacro - e della guerra in generale - attraverso le esperienze di Forlman stesso, all'epoca soldato e diciannovenne, e di quelli che furono i suoi compagni di sventura. Il film è un potente e disturbante giro di vite in cui l'alter ego animato del regista ha rimosso dalla memoria l'orrore di quel massacro. Ad un certo punto, però, gli viene indirettamente insinuato il dubbio che lui, in quell'orrore, abbia avuto un ruolo. Per togliersi questo dubbio terrificante prende il coraggio a quattro mani e rintraccia i suoi ex-commiltoni. Fra sogni, visioni e ricordi sfuggenti alla fine le raccapriccianti immagini del massacro verranno fuori. E Ari scoprirà la sua innocenza. "Valzer con Bashir" è un film polimorfo perchè è tante cose messe insieme: film d'animazione, di guerra, dramma interiore, film sulla psicanalisi, film onirico, film storico. Ma è soprattutto una spietata discesa all'inferno ricca di metafore e, soprattutto, di dolore. Questo film non fa sconti, mostra la guerra e la violenza per quello che realmente sono: sporche e brutte. E non a caso, nello scioccante finale, quando finalmente entriamo con i personaggi nel luogo del massacro, l'animazione fa spazio alle immagini di repertorio, alla triste realtà : non ci sono più animazioni e visioni oniriche a proteggerci, ma solo il sangue e la morte, solo cadaveri ( reali, purtroppo ! ). Un pugno nello stomaco di noi occidentali anestetizzati dai Tg. Ma "Valzer con Bashir" è anche un film struggente sull'innocenza perduta, magnifico in tutto: nelle animazioni, nelle immagini e nella superba colonna sonora di Max Richter. Lo si può amare o rifiutare, ma è assolutamente da vedere. Ma non con i bambini.
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