Credevo di vedere un film su di un genio creativo, un monumento all’ego di un artefice, ho visto –più sommessamente, e allo stesso tempo grandiosamente- la storia di un sodalizio, di un legame, e –insieme- di una morte. Giammetti ha il ruolo più importante in questo legame -e nella morte simbolica che seguirà- senza per questo essere un’ombra, come la cronista suggerisce nella domanda, in extremis corretta –bontà sua- in un “…seppur determinante”. Direi piuttosto che Giammetti organizza e circonda di un’aura di tenera protezione il genio incerto e capriccioso di Garavani, che procede questo per fiammate, al di fuori di ogni sospetto di necessità, in un mondo ideale, dove vivono le star, e la notte si sogna tutta la bellezza del mondo: “Da piccolo mi ricordo benissimo facevo finta di dormire…”.
Non vorrei scomodare un’altra genialità –quella di Freud-, e tirare fuori la vecchia storia sempre nuova di Eros e Thanatos. La pulsione di morte nell’uomo è qualcosa che non si scarica mai, e sappiamo che per una azienda che riesce ce ne sono almeno cento che muoiono, che non sono riuscite a creare legame. Di uomini così, di eroi nel senso ellenico della parola, aristocratico, non avremo mai bisogno abbastanza per lo standard che fissano e per il modello a cui spingono per mimesi. Si impara per imitazione, come per il mestiere di sarto, fin quì può esser facile. Ma come imparare ad amministrare una azienda (ecco la professione da inventare) senza saperlo già? Come dare seguito nelle cose alla terribile evidenza che tre più tre fa sei?
Giancarlo Giammetti, braccio destro del Maestro, ex compagno di vita, ex amministratore delegato (ho detto bene?) del gruppo che porta il nome "Valentino" è un genio, ma della qualità -appunto geniale- del genius loci romano. Nel 2002 vende il marchio alla Marzotto con queste parole: "Cercavo qualcuno che mi aiutasse a gestire l'azienda con me. L'azienda era diventata enorme. Pensavo di non essere abbastanza bravo, o abbastanza ricco, o abbastanza intelligente". All'opposto di quello che comunemente si pensa, il genio (quello di Giammetti) opera attraverso una sottrazione di sè, crea legami, opera mediante il pensiero dell'altro, assume su di sè l’estenuante compito di simbolizzare un Reale che non si lascia dire dalle parole, ma sempre sfugge.
“Valentino torna a raccontarci una bella storia. È come leggere un romanzo capitolo dopo capitolo. Vogliamo che finisca bene” dice Giammetti. È finita bene come ogni cosa che finisce, cioè con la morte, ma una morte simbolica, tale da imprimere sulle sue carni il marchio dell’umano, appunto del simbolico. Il ritiro dalle scene nel 2007 in occasione delle celebrazioni all’Ara Pacis è un atto estremo di vitalità, e –aggiungo- sorprendentemente fuori moda, oggi che ogni essere è un essere di scena, e non si priva della scena questa stessa intesa come forma di necrofilo godimento, proprio nel rimanere aggrappato alla cima di una vita, all’ebbrezza di una passerella. Ancora Freud: godere è rinnegare il proprio desiderio, che in estremo è desiderio di morte, di ritorno all’inorganico.
Quei vestiti sospesi all’Ara Pacis come tanti corpi senza vita, non saranno più indossati da donne, divengono pure astrazioni. A guardare i volti dei manichini dorati a guardare in alto, sembra di assistere all’ascensione in cielo del corpo senza vita di un Cristo che ha finito la sua mission nel mondo, lasciando a Cesare quel che è di Cesare, ossia il fasciame del corpo, e facendo salire a dio la propria arresa ma trionfante volontà.
L’importante -scriveva Marcello Marchesi- è che la morte ci trovi vivi, quindi ancora parlanti, in grado di parlare proprio con ciò che non è possibile essere detto. Giammetti c’è riuscito. Ecco l’opera di Giammetti, solo sua, per sè e per Garavani: far morire una parte di sè, per dire con Dylan Thomas che la morte non avrà dominio; fargli trovare pace: ecco il desiderio, impossibile come ogni desiderio. La morte se mai arriverà, quando arriverà, troverà –Flaiano dixit- questi due uomini orgogliosamente in piedi perchè sè la morte non ha dominio, anche l’uomo, la vita, non ne ha.
[+] lascia un commento a vincenzo carboni »
[ - ] lascia un commento a vincenzo carboni »
|