The Wrestler

Il triste finale di carriera di un wrestler, che aveva raggiunto l'apice alla metà degli anni '80, accelerato dagli acciacchi fisici che l'età comporta. In questo momento difficile per la sua vita decide di raccontare i suoi cazzi alla sua spogliarellista preferita (che poi scopre essere una di quelle puttane "che-però-c'hanno-il-figlio") e di riavvicinarsi alla figlia che non ha mai visto crescere e di cui tutt'ora non sa se è dark/goth/barbie/lesbica. La sceneggiatura insomma c'è, ma forse è eccessivamente didascalica, si preoccupa troppo di essere stata compresa appieno. Il suo merito maggiore è soprattutto la scelta del personaggio protagonista, perfetta sintesi tra il lento declino dell'attore (il Limelight di Chaplin) e quello invece dello sportivo (scusate ma non mi viene un esempio). La regia invece è asciutta eppure accorata nella descrizione della storia. Finta freddezza quella di Aronofsky, dalla quale traspare il trasporto per una storia che gli è piaciuta parecchio, dimostrando di essere lui, proprio lui, il più grande tifoso di Randy "Ram" e a sognarne un clamoroso ritorno sulle scene. Ammetto con mio rammarico che è questo è il primo film di questo quarantenne newyorkese che ha debuttato nel '98, mica ora. Non penso di scoprire niente di nuovo quindi se affermo che questo è un regista che merita attenzione. Ah, una parola su Rourke è d'obbligo. Ne spendo due: sempre credibile.