alessio
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giovedì 26 marzo 2009
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il peso delle colpe
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“The Reader” – Il peso delle colpe
L’immane colpa di Hannah è di aver personalmente contributo alla morte di trecento civili in tempo di guerra. Più colpevoli di lei sono le sue assolte compagne: che quantomeno ne condividono lo smisurato delitto, che sono maggiormente istruite, più consapevoli di sé e del mondo che le circonda; che testimoniano il falso, si accordano tra di loro e addossano la totalità della colpa su Hannah; scrivono e rendono a firma di Hannah l’atto che documenta la tremenda loro decisione di allora. Su un piano differente, anzi su diversi piani differenti – seppur tutti “inferiori”, tutti analiticamente più interessanti – colpevole è Michael, che non svela ciò che avrebbe il dovere di svelare.
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“The Reader” – Il peso delle colpe
L’immane colpa di Hannah è di aver personalmente contributo alla morte di trecento civili in tempo di guerra. Più colpevoli di lei sono le sue assolte compagne: che quantomeno ne condividono lo smisurato delitto, che sono maggiormente istruite, più consapevoli di sé e del mondo che le circonda; che testimoniano il falso, si accordano tra di loro e addossano la totalità della colpa su Hannah; scrivono e rendono a firma di Hannah l’atto che documenta la tremenda loro decisione di allora. Su un piano differente, anzi su diversi piani differenti – seppur tutti “inferiori”, tutti analiticamente più interessanti – colpevole è Michael, che non svela ciò che avrebbe il dovere di svelare.
Forse Micheal non salverebbe Hannah, ma renderebbe maggior ragione all’equilibrio delle colpe; forse salverebbe Hannah, in termini odierni senz’altro non in grado di intendere e di volere.
(Ir)responsabile giuridicamente è Micheal perché non rende pubblico né l’analfabetismo di Hannah, né – non così secondario – la passione di Hannah per la cura a suo modo dei più deboli: come debole era il giovane Michael e le giovani donne cui lei offriva miglior riparo in cambio della magia della lettura; Micheal non è eroico perché interpreta le “volontà” di riserbo di Hannah, bensì più prosaicamente solo carrierista e socialmente integrato. E colpevole moralmente e nei confronti dell’Amore perché nulla rivela e a nessuno non per un impulso giustizialista nei confronti di un Tribunale post-nazista troppo lasco, bensì per non compromettere nulla della propria attuale immagine, della propria carriera, del proprio stato sociale rendendo nota una passata relazione con una nazista povera, ignorante, senza famiglia, analfabeta; viscerale, impulsiva e borderline; ora invecchiata e in disgrazia, paria: per puro egoismo, tant’è che alla ragionata scelta su Hannah segue la ragionata accettazione della relazione con la splendida collega studentessa, sperando con poca convinzione che ciò significhi superare e dimenticare il passato.
Marcato, crivellato, solamente in parte corazzato contro un intimo sentimento di represso vero amore, Micheal mantiene sempre un distacco da Hannah ancor più sociale che personale; e il viaggio finale negli Stati Uniti e il racconto alla figlia sono ben più tentativi di egoistiche catarsi che non insensati atti di amore postumo.
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olgadicom
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mercoledì 25 febbraio 2009
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un film che pone dei problemi e non è poco!
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THE READER di Stephen Daldry
con Kate Winslet, Ralph Fiennes, David Kross e Bruno Ganz
Film ambizioso e ricco che rischia di essere oggetto di un’analisi semplificatoria da parte di chi ritiene risolte tutte le domande legate all’Olocausto e veda con chiarezza assoluta colpe e responsabilità. Il lavoro di Daldry, invece, con pudore e anche con inevitabili smagliature (vedi parte finale) continua a porre domande, a cercare di capire, ad elaborare il senso di colpa senza giustificare ma anche senza sommarietà, perché tutti gli attori di quella storia tremenda giocarono ruoli diversi e i prezzi di colpa da pagare sono da commisurare alle responsabilità. Nucleo centrale del racconto è quindi il rapporto tra legge e morale, che continua a inquietare le coscienze di molti tedeschi d’oggi.
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THE READER di Stephen Daldry
con Kate Winslet, Ralph Fiennes, David Kross e Bruno Ganz
Film ambizioso e ricco che rischia di essere oggetto di un’analisi semplificatoria da parte di chi ritiene risolte tutte le domande legate all’Olocausto e veda con chiarezza assoluta colpe e responsabilità. Il lavoro di Daldry, invece, con pudore e anche con inevitabili smagliature (vedi parte finale) continua a porre domande, a cercare di capire, ad elaborare il senso di colpa senza giustificare ma anche senza sommarietà, perché tutti gli attori di quella storia tremenda giocarono ruoli diversi e i prezzi di colpa da pagare sono da commisurare alle responsabilità. Nucleo centrale del racconto è quindi il rapporto tra legge e morale, che continua a inquietare le coscienze di molti tedeschi d’oggi. Specie i giovani, non coinvolti in prima persona nello sterminio, sentono su di sé e sulle loro infanzie l’oppressione delle azioni criminali del nazismo. A questa riflessione è ispirato uno dei dialoghi più significativi del film (per altro parco nelle parole che non siano quelle della letteratura). Il dialogo si svolge tra il protagonista, studente in legge, e un suo insegnante di diritto. Quest’ultimo separa nettamente gli ambiti dell’etica da quelli della legge, cosa che il giovane, di una generazione diversa, non trova giusto fare. Per il professore è il diritto che tiene insieme un popolo, l’etica invece è un fatto privato. Ma il diritto e le leggi cambiano col tempo e da ciò scaturisce l’inquietante domanda: è possibile, alla luce dell’etica di oggi, giudicare un passato basato su leggi che costituivano il quadro legislativo allora vigente, pur se un allora nazista? Si tratta di una domanda cui molti hanno già risposto chiaramente ma altri no. D’altra parte il ragazzo che non rivela al processo quello che a norma di legge e non di coscienza può scagionare la colpevole, fa bene o fa male? Potremmo continuare a lungo, ma passiamo ad un altro tipo di osservazione: quella di chi ha ravvisato nello spazio dato all’erotismo (prima parte del film) quasi una distrazione voyeristica rispetto alla serietà dei principali nuclei narrativi. Da parte mia non condivido tale opinione, anzi vorrei dire che la relazione tra una donna matura e un ragazzo quindicenne e le sue modalità sono trattate con finezza e sensibilità e non disturbano per niente, risultando di raffinato valore estetico ed essenziali alla comprensione dei ruoli.
Una trama serrata, dura, coinvolgente, il cui significato, centrato sull’Olocausto, è trasferibile a tutti i momenti della storia passata e presente, ogni volta che il contrasto tra etica e leggi, forse insanabile se non con l’uso della violenza da parte dei fautori della legge e della contro-violenza da parte dei sostenitori dell’etica, è sfociato nel dramma.
Ottimi gli interpreti, tra gli altri Bruno Ganz in una parte minore e, per una volta, l’Oscar alla protagonista è pienamente meritato.
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andrea
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domenica 22 febbraio 2009
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coraggioso,lucido,angosciante
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Personalmente questo The Reader non è un film che mi ha "preso" subito. Da come era cominciato temevo fosse la solita storia strappalacrime di un amore impossibile -quanto forte,vero ed intenso- tra un giovane ragazzo e una donna molto più grande du lui. Temevo il solito svolgimento con il solito finale che si addice a quel tipo di film. Invece più andava avanti e più mi catturava,mi appassionava e mi incuriosiva soprattutto il fatto di lei che,analfabeta,si commuoveva sentendo leggere lui,giungendo alla grottesca situazione "prima leggi,poi te la dò",che detta così può anche far ridere ma che in quel contesto trasmette un senso di profonda tristezza e tenerezza. Tenera però non lo è per niente la protagonista Hannah Schmitz (straordinaria l'interpretazione di Kate Winslet,se non le danno l'oscar stavolta non glielo danno più),come si vede nella seconda parte del film,quella che a me è piaciuta molto e che mi ha fatto rivalutare l'intera pellicola.
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Personalmente questo The Reader non è un film che mi ha "preso" subito. Da come era cominciato temevo fosse la solita storia strappalacrime di un amore impossibile -quanto forte,vero ed intenso- tra un giovane ragazzo e una donna molto più grande du lui. Temevo il solito svolgimento con il solito finale che si addice a quel tipo di film. Invece più andava avanti e più mi catturava,mi appassionava e mi incuriosiva soprattutto il fatto di lei che,analfabeta,si commuoveva sentendo leggere lui,giungendo alla grottesca situazione "prima leggi,poi te la dò",che detta così può anche far ridere ma che in quel contesto trasmette un senso di profonda tristezza e tenerezza. Tenera però non lo è per niente la protagonista Hannah Schmitz (straordinaria l'interpretazione di Kate Winslet,se non le danno l'oscar stavolta non glielo danno più),come si vede nella seconda parte del film,quella che a me è piaciuta molto e che mi ha fatto rivalutare l'intera pellicola. Senza voler anticipare nulla a chi non l'ha visto,il film è in effetti diviso in due parti. Cambia radicalmente e all'improvviso,in un susseguirsi di colpi di scena e in un crescente clima di angoscia fino al tragico finale,magari un pò prevedibile. Che piaccia o no,credo si tratti di un film coraggioso e coinvolgente,con annessa una feroce critica alle generazioni passate per aver "accettato" passivamente il nazifascismo,con ottimi attori,anche quelli di contorno,e con uno svolgimento dei fatti che tiene lo spettatore sempre concentrato e fa rivalutare positivamente anche la prima parte del film a quelli,come me,che non l'avevano gradita.
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francesca meneghetti
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mercoledì 25 febbraio 2009
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analfabetismo morale, ieri e oggi
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Assolvere una kapo, dimostrando che la sua primitiva mancanza di senso etico si radica nell’ignoranza e in una certa dose di stupidità? Non pare che l’intento del regista Daldry sia di offrire una pezza giustificativa al negazionismo: la tragedia della Shoah è fuori discussione, come provano la visita al museo di Auschwitz e il colloquio finale con un’ebrea scampato al genocidio, che ribadisce le doverose proporzioni tra i drammi collettivi e quelli privati. E nemmeno quello di raccontare un amore impossibile tra un sedicenne e una trentenne.
La prospettiva inedita di Daldry mette a confronto non solo (come si è scritto) passato e presente, con le loro diverse espressioni generazionali, ma anche la grande Storia e le piccole storie; e, ancora, ragione e passione, esplorando con particolare senso tattile i confini incerti e di diversi domini della sensibilità (per cui una kapò può commuoversi per un libro e vergognarsi del suo analfabetismo) e dell’amore, che si espande tra eros e pietas.
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Assolvere una kapo, dimostrando che la sua primitiva mancanza di senso etico si radica nell’ignoranza e in una certa dose di stupidità? Non pare che l’intento del regista Daldry sia di offrire una pezza giustificativa al negazionismo: la tragedia della Shoah è fuori discussione, come provano la visita al museo di Auschwitz e il colloquio finale con un’ebrea scampato al genocidio, che ribadisce le doverose proporzioni tra i drammi collettivi e quelli privati. E nemmeno quello di raccontare un amore impossibile tra un sedicenne e una trentenne.
La prospettiva inedita di Daldry mette a confronto non solo (come si è scritto) passato e presente, con le loro diverse espressioni generazionali, ma anche la grande Storia e le piccole storie; e, ancora, ragione e passione, esplorando con particolare senso tattile i confini incerti e di diversi domini della sensibilità (per cui una kapò può commuoversi per un libro e vergognarsi del suo analfabetismo) e dell’amore, che si espande tra eros e pietas. Il quadro è complesso, come la realtà, difficilmente riconducibile a facili schemi. Un punto di forza del film consiste nelle molteplici le chiavi di lettura. Non ultima quella simbolica dell’acqua e delle continue immersioni, quasi rituali, a togliere forse un oscuro senso di colpa. Se ci fossero ancora i cineforum di un tempo, questo film provocherebbe belle discussioni. Magari potrebbe emergere un intrigante quesito: quello che è stato definito come analfabetismo morale di Anna, frutto della propaganda di un sistema totalitario (dove ordine e disciplina vengono al primo posto), è molto diverso da quello generato da una società consumistica e individualista, che controlla in modo molto più sofisticato e radicale tutti i mezzi di comunicazione?
La narrazione di “The reader” ha ritmo e coinvolge lo spettatore trascinandolo tra lo Scilla e Cariddi dell’emozione e della riflessione. Le scene sono suggestive, specie gli interni (con gli occhi innamorati di un ragazzo anche un poverissimo appartamento del dopoguerra diventa un’alcova favolosa). L’evoluzione della storia in due tempi molto diversi per atmosfera (sensualissima , privata, connotata da colori caldi, inclusi quelli dei corpi, e spazi chiusi e , la prima; drammatica, connotata dalla prevalenza del momento pubblico, la seconda) risponde in pieno ai codici del genere tragico. Può ricordare l’andamento di “Novecento” di Bertolucci.
Si è detto tutto della splendida interpretazione di Kate Winslet (Anna): si potrebbe generosamente estendere il giudizio a Ralph Finnes, David Kross, Bruno Ganz, Linda Bassett.
NB: per la redazione: ho corretto un refuso
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giovanna
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domenica 1 marzo 2009
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gran bel film!
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Magistrale interpretazione di Kate Winslet che interpreta un personaggio contraddittorio che ci viene presentato con le sue paure e fragilità di donna. Un personaggio che però resta da condannare con la sua ostinazione, il suo orgoglio, la sua cecità nei riguardi dell'orrore.....Le sfumature con le quali il personaggio è ritratto non ci consentono di assolverlo anche se in fondo credo che il regista abbia voluto solo rappresentare questa donna in tutta la sua complessità e ci è riuscito molto bene. Ma quando si tocca un tema come l'olocausto non si può rimanere esenti dall'esprimere un giudizio. Al termine della rappresentazione cinematografica bisognerebbe abbandonare il cinema con l'eco delle parole che lo studente universitario pronuncia durante il seminario: quanti milioni di campi son
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Magistrale interpretazione di Kate Winslet che interpreta un personaggio contraddittorio che ci viene presentato con le sue paure e fragilità di donna. Un personaggio che però resta da condannare con la sua ostinazione, il suo orgoglio, la sua cecità nei riguardi dell'orrore.....Le sfumature con le quali il personaggio è ritratto non ci consentono di assolverlo anche se in fondo credo che il regista abbia voluto solo rappresentare questa donna in tutta la sua complessità e ci è riuscito molto bene. Ma quando si tocca un tema come l'olocausto non si può rimanere esenti dall'esprimere un giudizio. Al termine della rappresentazione cinematografica bisognerebbe abbandonare il cinema con l'eco delle parole che lo studente universitario pronuncia durante il seminario: quanti milioni di campi sono esistiti in germania? quante sono state le persone che sono state effettivamente condannate? Perchè chi sapeva non ha impedito tutto questo?
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camillo triolo
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giovedì 26 febbraio 2009
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amore e morte nella berlino del dopoguerra
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Bernhard Schlink nel 1995 scrive Der Vorleser, un successo letterario tradotto in 25 lingue, in italia col titolo “Il lettore” in inglese “the reader”.
Il film è tratto quasi fedelmente dal romanzo con solo qualche piccola trascurabile ed ininfluente variazione.
Il film si sviluppa sulle ali del ricordo proprio a partire dal 1995, Michael Berg un avvocato berlinese, cerca di rivisitare il suo passato condividendolo con il suo “futuro” sua figlia, cercando di recuperare un rapporto con lei raccontandosi in una dolorosa sofferta rivisitazione della sua vita a partire dalla sua adolescenza e dalla conturbante forte storia d’amore avuta con una donna, una storia che ha segnato profondamente la sua vita.
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Bernhard Schlink nel 1995 scrive Der Vorleser, un successo letterario tradotto in 25 lingue, in italia col titolo “Il lettore” in inglese “the reader”.
Il film è tratto quasi fedelmente dal romanzo con solo qualche piccola trascurabile ed ininfluente variazione.
Il film si sviluppa sulle ali del ricordo proprio a partire dal 1995, Michael Berg un avvocato berlinese, cerca di rivisitare il suo passato condividendolo con il suo “futuro” sua figlia, cercando di recuperare un rapporto con lei raccontandosi in una dolorosa sofferta rivisitazione della sua vita a partire dalla sua adolescenza e dalla conturbante forte storia d’amore avuta con una donna, una storia che ha segnato profondamente la sua vita.
Nell’atmosfera pesante della Berlino della seconda metà degli anni cinquanta il giovane Michael, diciassettenne, ha un malore e rifugiatosi in un androne viene soccorso dalla bella Hanna bigliettaia di tram, inizia così per caso una frequentazione in cui il giovane si tuffa con tutto l’ardore dell’amore adolescenziale, prepotente, insaziabile, travolgente, romantico, egoistico ed assoluto.
Hanna, dapprima riluttante, finisce con l’accettarlo, assecondarlo, guidarlo e lasciarsi anch’essa travolgere. L’umile casa di Hanna si illumina di una luce insperata, il mondo resta fuori oppresso ed opprimente.
Con sottile scambio di ruoli, lei educa lui con amore all’amore come avrebbe forse voluto che qualcuno avesse fatto con lei nella sua adolescenza e nel contempo si aggrappa all’esuberante giovinezza di lui, obliterandosi in lui alla ricerca di una impossibile palingenesi, lui diventa il suo lettore la sua guida letteraria e l’amore e la passione si alternano a letture di classici della letteratura.
Poesia e passione chiuse in una stanza che rappresenta una Berlino che non c’è, una Berlino che dovrà ancora a lungo sopportare il peso di un passato ancora troppo recente, dolorante e doloroso, prima di poter faticosamente ritrovarsi.
Questa parte del film riesce coinvolgete, splendidamente narrata trasporta lo spettatore nella stanza in cui si svolge la storia e riesce quasi a compiere il raro miracolo dell’identificazione.
Poi tutto ha fine e svanisce con una vacanza in campagna, fuori dalle mura di quella stanza si dissolvono i sogni, il male genera altre vittime ed altro dolore e non sente ne amore ne poesia.
Si presenta senza nemmeno l’epica dell’ ordalia, ma banale e burocratizzato, freddo ed asettico in nome di una “giustizia” che deve essere fredda e distaccata che non è né etica ne morale ma solo “legalmente corretta”.
Ma quell’amore, passione, poesia, trova altre stanze, cantucci d’anima, in cui perpetuarsi col sapore del rimpianto col dolore del ricordo; ciascuno ha in sé l’altro e per sempre.
Così il lettore spedisce alla sua Hanna centinaia di cassette in cui riversa la lettura delle opere, l’amore e la passione sono nella sua voce vibrante. Hanna nella cella di un penitenziario si nutre di esse nella ricerca sempre più impossibile di una sua catarsi.
Dopo quasi vent’anni, quando ha finito di scontare la sua pena, Hanna rinuncia, per lei non c’è stata vita fuori di quella stanza illuminata da passione e poesia e non può essercene fuori da quella cella dove ha custodito teneramente quei ricordi.
Alla fine Michael conclude la sua confessione alla figlia presso la tomba di Hanna carezzandone la lapide, e ci piace credere che l’amore d‘un tempo si sublimi nel ritrovato rapporto d’amore con la figlia.
Un film, tra i migliori di questa stagione, che meritava qualche Oscar in più.
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[+] il film è diverso dal libro
(di luciana)
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paride86
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domenica 14 giugno 2009
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non è un capolavoro
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"The Reader" è un film studiato per colpire e commuovere lo spettatore. Il tema affrontato, le musiche, gli sguardi degli attori. Eppure non è un capolavoro come molti critici hanno cercato di far credere.
Innanzitutto c'è troppa differenza di stile tra la prima parte, quella dell'educazione sentimentale, e la seconda, quella del processo.
In secondo luogo non vengono indagate le vere motivazioni del personaggio della Winslet: tutto è lasciato alla bravura dell'attrice che (meritatamente) ha vinto l'Oscar.
Terzo: la storia è molto inverosimile, eppure una narrazione e dei dialoghi più espliciti avrebbero potuto renderla più credibile.
Poi ci sono i soliti insopportabili errori del cinema americano: se siamo in Germania e i protagonisti sono tedeschi perché gli attori scrivono in inglese? Perché i titoli dei libri sono in inglese? Per fortuna non tutti i registi fanno queste cadute di stile, come dimostra "Operazione Valchiria".
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"The Reader" è un film studiato per colpire e commuovere lo spettatore. Il tema affrontato, le musiche, gli sguardi degli attori. Eppure non è un capolavoro come molti critici hanno cercato di far credere.
Innanzitutto c'è troppa differenza di stile tra la prima parte, quella dell'educazione sentimentale, e la seconda, quella del processo.
In secondo luogo non vengono indagate le vere motivazioni del personaggio della Winslet: tutto è lasciato alla bravura dell'attrice che (meritatamente) ha vinto l'Oscar.
Terzo: la storia è molto inverosimile, eppure una narrazione e dei dialoghi più espliciti avrebbero potuto renderla più credibile.
Poi ci sono i soliti insopportabili errori del cinema americano: se siamo in Germania e i protagonisti sono tedeschi perché gli attori scrivono in inglese? Perché i titoli dei libri sono in inglese? Per fortuna non tutti i registi fanno queste cadute di stile, come dimostra "Operazione Valchiria".
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(di docphe)
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ilovekate
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venerdì 20 febbraio 2009
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l'amore tedesco parla e scrive in inglese
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Titolo attesissimo, "The reader" è uno struggente melodramma che tratta di un'amore impossibile, che rimane vivo per decenni nell'anima di entrambe le persone coinvolte. Kate Winslet non ha perso minimamente il suo fascino e le sue rotondità perfette, ora però con l'età aggiunge un indurimento nei tratti del volto e trasmette una malinconia più intensa, che sembra quasi far parte del suo carattere piuttosto che dei suoi personaggi. Sia in quest'opera che in "Revolutionary Road", diretto dal marito Sam Mendes (padre di "American Beauty" "Era mio padre" e "Jarhead"), ha dato una grandissima prova che le frutterà quasi certamente la vincità dell'Oscar, a cui è stata nominata varie volte senza successo.
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Titolo attesissimo, "The reader" è uno struggente melodramma che tratta di un'amore impossibile, che rimane vivo per decenni nell'anima di entrambe le persone coinvolte. Kate Winslet non ha perso minimamente il suo fascino e le sue rotondità perfette, ora però con l'età aggiunge un indurimento nei tratti del volto e trasmette una malinconia più intensa, che sembra quasi far parte del suo carattere piuttosto che dei suoi personaggi. Sia in quest'opera che in "Revolutionary Road", diretto dal marito Sam Mendes (padre di "American Beauty" "Era mio padre" e "Jarhead"), ha dato una grandissima prova che le frutterà quasi certamente la vincità dell'Oscar, a cui è stata nominata varie volte senza successo. La storia si svolge quasi interamente in Germania e i protagonisti sono tedeschi, tuttavia non si capisce proprio perchè si debba continuare a commettere l'errore di inserire la lingua inglese in un contesto dove l'inglese non c'entra proprio niente. Sembra una sciocchezza su cui poter sorvolare, ma non lo è. C'è da dire che il film è abbastanza bello e coinvolgente e alla fine si sorvola comunque... Ma rimane quella sbavatura. Senza andarvi a svelare niente di importante sulla trama del film, che si regge proprio su di una serie di sorprese e colpi di scena - magari non del tutto inaspettati -, posso dirvi che la storia ha una struttura altalenante fra passato (anni 50) e presente (anni 80-90), in cui veniamo a conoscere il Michael adulto, il bello ma un po' monocorde Ralph Fiennes, e il Michael giovane che si innamora di Hannah Schmitz, interpretata sempre da Kate Winslet, prima dell'età attuale e poi, nell'ultima fase del film, invecchiata di decenni con un trucco quasi del tutto convincente. Ogni volta che penso alla Germania o che parlo con un amico tedesco, penso al peso degli stermini di ebrei per mano dei tedeschi nazisti sulla coscienza di questo paese. Questo peso c'è ancora, ma si cerca di non farlo sentire e di non parlarne. Figuriamoci come ci potesse sentire negli immediati anni successivi alla seconda guerra mondiale. Il film si focalizza proprio su questo e il dramma d'amore dei due protagonisti insieme al peso di quella tragedia mondiale che è stata la Shoa si compenetrano come raramente vediamo accadere in film d'amore, dove il mondo, la società e la politica solitamente passano inosservati. Ho visto i precedenti film di Daldry, il film-maker inglese che ha diretto questa piccola, e fra "Billy Elliott" "The Hours" e "The reader", sicuramente il terzo è il più bello e più maturo. Ottime fra l'altro le apparizioni di attori internazionalmente famosi ma di origini squisitamente germaniche come Susanne Lothar (la madre di Michael), Bruno Ganz (il professore di legge) e Lena Olin (la superstite del campo di concentramento e sua figlia nel futuro). La fotografia è stata curata dal divino Roger Deakins, celebre per aver lavorato in tutti i film dei fratelli Coen e il film è tratto dall'omonimo romanzo di Bernhard Schlink.
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[+] film intenso con trama originale
(di roby)
[ - ] film intenso con trama originale
[+] in germania la lingua ufficiale è ancora il tedesc
(di giovanni volpe)
[ - ] in germania la lingua ufficiale è ancora il tedesc
[+] inglese/tedesco
(di kinolieber)
[ - ] inglese/tedesco
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brucemyhero
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lunedì 29 agosto 2011
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the rider (il lettore)
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Una storia, quella di Anna che fà riflettere, e che pone un altro punto oscuro sugli accadimenti indicibili sotto la Germania Nazista. Perchè che siano esistite altre Anna, ne sono certo. Così come i milioni di morti, anche tra loro probabilmente, c'erano persone che agivano per un senso di dovere. Se di dovere si può parlare, quando si uccide. Ma in guerra tutto diviene 'normale', anche i fatti più atroci si diluiscono, filtrati dalla realtà in cui accadono, atroce. E, provatemelo se sbaglio, non c'è popolo che in tempi come quelli, non abbia commesso 'crimini contro l'umanità'. Anche se Quella del 3° Reich, fù un'azione pianificata, fredda, spietata, oltre ogni immaginazione.
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Una storia, quella di Anna che fà riflettere, e che pone un altro punto oscuro sugli accadimenti indicibili sotto la Germania Nazista. Perchè che siano esistite altre Anna, ne sono certo. Così come i milioni di morti, anche tra loro probabilmente, c'erano persone che agivano per un senso di dovere. Se di dovere si può parlare, quando si uccide. Ma in guerra tutto diviene 'normale', anche i fatti più atroci si diluiscono, filtrati dalla realtà in cui accadono, atroce. E, provatemelo se sbaglio, non c'è popolo che in tempi come quelli, non abbia commesso 'crimini contro l'umanità'. Anche se Quella del 3° Reich, fù un'azione pianificata, fredda, spietata, oltre ogni immaginazione. Un capolavoro che scorre tra immagini che niente hanno a che fare con la guerra, ma che alla fine, riesce a ricordarla con grande forza, in pochi minuti. Il dialogo, breve, freddo, impietoso tra Fiennes e la figlia di una deportata (deportata anch'egli, ancora bambina), dice tutto. "Non si può perdonare", ma c'è qualcosa che alla fine sfugge, ed è qualcosa che somiglia tanto alla compassione. La Winslet non è la nuova Meryl Streep, è Kate Winslet. Non mi piacciono gli accostamenti, ma per dare un termine di paragone, dobbiamo tirare in ballo mostri sacri come la protagonista de: "I ponti di Madison County". A Finnies è affidato il finale, delicato, ma di importanza vitale. Un capolavoro.
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[+] the reader, non rider!
(di chris98)
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luigi chierico
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mercoledì 30 settembre 2015
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saper leggere e scrivere per amare
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Un vero capolavoro,completo in ogni sua componente: la trama nuova ed interessante è ricca di eventi, l’interpretazione di Kate Winslet, nella difficile parte di Hanna Schimtz, sublime,eccezionale, l’Oscar meritatissimo, la prestazione di David Kross e di Talph Foiennes nel ruolo di Michael Older giovane il primo,adulto il secondo, è lodevole,la musica ed i brani cantati perfetti nella scelta, la fotografia molto bella, anche se non eccezionale, scenografia e sceneggiatura impeccabili. Non una scena, non una parola si può perdere. Il film nella sua parabola d’amore è fresco, spensierato ed allegro, sebbene molto sensuale, poi diventa triste sino a diventare tragico. Pur lasciando l’amaro in bocca,non porta al pianto,non è sconvolgente perché non riesce a scalfire l’animo dello spettatore che attonito lascia la sala.
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Un vero capolavoro,completo in ogni sua componente: la trama nuova ed interessante è ricca di eventi, l’interpretazione di Kate Winslet, nella difficile parte di Hanna Schimtz, sublime,eccezionale, l’Oscar meritatissimo, la prestazione di David Kross e di Talph Foiennes nel ruolo di Michael Older giovane il primo,adulto il secondo, è lodevole,la musica ed i brani cantati perfetti nella scelta, la fotografia molto bella, anche se non eccezionale, scenografia e sceneggiatura impeccabili. Non una scena, non una parola si può perdere. Il film nella sua parabola d’amore è fresco, spensierato ed allegro, sebbene molto sensuale, poi diventa triste sino a diventare tragico. Pur lasciando l’amaro in bocca,non porta al pianto,non è sconvolgente perché non riesce a scalfire l’animo dello spettatore che attonito lascia la sala. Vi è chi legge ogni genere di scritto a chi non sa leggere; è il trionfo del libro ma soprattutto della tragedia che accompagna ogni analfabeta. Non saper leggere è un po’ morire. “Non saprei vivere se non avessi nulla da leggere" .
Il giovane Michael entra per la prima volta in casa di Hanna e resta sulla porta, la guarda mentre si infila le calze come se si accarezzasse sensualmente la gamba, e fugge, ed è così che fuggendo entra nella sua vita e saranno le sue mani ad accarezzare le sue gambe e tutto il suo corpo. Kate Winslet è generosa nel mostrare le sue grazie in un corpo statuario,ma lo fa con grazia,senza essere volgare,mai. Scene bellissime di una sensualità casta che forse è il preludio alla tragedia, che nella vita ci si aspetta quando si è troppo felici.
Durante le ore trascorse insieme Hanna chiede al giovane amante di leggerle qualcosa. Si sente leggere: “ Musa, quell'uom di multiforme ingegno dimmi,…. che del cor sofferse affanni”, è l’Odissea dell’antico poeta greco Omero! Ma viene a mente l’odissea dei tanti ebrei ed il film girato subito dopo la guerra nel 1948 “Odissea tragica” col grande Montgomery Clift,la storia di un bambino cecoslovacco sopravvissuto ai campi di sterminio.Un caso? Non resta che vedere il film.
Da una parte c’è l’appetito sessuale di Hanna che concupisce Michael, dall’altra la sete di sapere di Hanna che tramite the reader può apprendere quel che non sa leggere. Ancora l’analfabetismo sotto accusa. Una tale vergogna per la bellissima Hanna che le condiziona tutta la vita sino alla morte con tanti libri, che ha imparato a leggere, ma da mettere sotto i piedi..!
Dio solo sa quanto gli arroganti,i politici ed i furbi e tanti,ma proprio tanti, si servono proprio dell’altrui analfabetismo ed ignoranza per abusare del prossimo. Per la cronaca in Italia nel 2005 l’11% circa della popolazione era analfabeta, molto, più alta l’ignoranza in alcuni settori:leggi,informatica,lingue.
Il film si svolge in un arco di anni piuttosto lungo, tre periodi 1958 poi 1966 infine nel 1995, ogni fase ha il suo fascino, l’interesse alle evolversi dei fatti è incalzante,senza sbavature. Veramente eccezionale la regia di Stephen Daldry.
E’ molto bello assistere alle scene in cui si vedono Hanna e Michael sempre insieme: in una vasca da bagno,a letto,a bagnarsi in un fiume,in corsa in biciè anche il preludio a quel che la vita e l’analfabetismo li condurrà: separati per sempre,mai più insieme con tanto da rimproverarsi. Un film che è il trionfo della lettura, del dovere e dell’amore sublime tra una parola ed un bacio,nel silenzio che trafigge, un film quindi da vedere e da ascoltare.chibar22@libero.it
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